E tu sei il numero:

martedì 3 gennaio 2017

Malerba, storia di una rinascita.

Sono passati appena venti minuti da quando siamo venuti fuori dalla Sala Marylin del cinema Mezzano di Porto Empedocle. Venti minuti: il tempo di rientrare a casa nostra, accendere il pc, riempire un calice di buon rosso e mettermi a scrivere.
Siamo andati a vedere, finalmente, ERO MALERBA: docu-film di Toni Trupia, sulla vita di Giuseppe Grassonelli, sapientemente raccontato da Carmelo Sardo. Avevo letto il libro di Sardo nel 2014, in estate, a poche settimane dall'uscita nelle librerie. Immaginavo ciò che avrei visto e mi aspettavo ciò che poi effettivamente ho trovato durante la visione del film; anche se in misura sicuramente maggiore. La pellicola mi ha stupito, con un messaggio schietto e fortissimo, che mi sono sempre portata dentro e col quale ho avvolto timidamente i miei pensieri sulla mafia: i criminali sono, inevitabilmente e al contempo, vittime dei loro stessi crimini. O lo sono a monte, e agiscono di conseguenza per proteggersi, o lo sono alla fine, quando pagano debitamente per ciò che hanno commesso. Giuseppe Grassonelli lo è in entrambi in casi.
La storia dei Grassonelli non è diversa da quella di molte altre famiglie mafiose durante gli anni della guerra: stessi morti, stesso dolore, stessa faida, stessi obiettivi. L'elemento di rottura però, nella vita di Giuseppe è rappresentato dalla cultura (non mafiosa) acquisita nel tempo della reclusione, durante la quale, un ampio e positivo processo di consapevolezza, ha condotto quello che è a tutti gli effetti un ergastolano, a raccontarsi. Dalla penna e dagli occhi di Carmelo Sardo - nel film disegnato come un riflessivo e silenzioso Bob Dylan - è stato tracciato un ritratto carico di coscienza e dignità, seguito poi fedelmente dal regista di Ero Malerba, Toni Trupia.
Conoscendo Toni (non faccio mistero del mio affetto professionale e non solo, per lui e la moglie Angelisa Castronovo, responsabile della produzione del film) ho riconosciuto la sua firma di uomo, prima ancora che di regista: il suo entrare leggero, in punta di piedi, nelle vite che racconta. Una dolcezza del tutto umana, che troppo spesso cessa di esistere nei racconti crudeli e retorici che si fanno degli adepti alla criminalità organizzata. Trupia ha saputo tenersi al margine del foglio, proiettando - prima di tutto - il dramma di una famiglia, e la miseria infinita nel cuore di una madre che può stringere la mano al figlio solo tramite una cornetta del telefono, una volta a settimana. Le luci filtrate dalle grate, uno sguardo sereno a tradire una condizione di vita svuotata d'esistenza, una narrazione precisa - al limite del filosofico - in una sala del carcere, in sottofondo il vociare (immagino) di altri reclusi o dei funzionari della struttura. Grassonelli strappa l'ideale del condannato incazzato con lo Stato facendone coriandoli, e lo fa senza per questo poter essere considerato - passatemi il termine - un paraculo in cerca di redenzione o sconti: è schietto, e ci presenta una storia in cui la guerra non è dei buoni contro i cattivi, come nei libri di storia, ma di tutti contro tutti. Vince chi resta vivo, chi muore perde. Come chi prova a riportare in vita i morti, vendicandoli, con altri morti. Giuseppe Grassonelli, nel lavoro di Sardo - archeologo preciso - non fa cronaca, fa storia e ci trascina dentro il suo stesso sentire, nelle sue viscere. Toni Trupia, col supporto di una fotografia candida, a tratti romantica, urla con la forza delle immagini questo valore equivalente, di un'umanità dal passato crudele: non è meno uomo, un uomo che ha peccato. E non ho vergogna a dirvi che me lo sono chiesta, più di una volta: al posto suo, avrei fatto lo stesso? Se avessero sterminato la mia famiglia, il mio cuore cosa m'avrebbe detto di fare?
Il capovolgimento del punto di vista è la forza di Ero Malerba, il perdono del criminale, messo sullo stesso piano della gente comune e senziente, nel suo presente consapevole. Con grande onestà intellettuale e fedeltà storica, spogliata dal preconcetto e dall'ingiuria, Toni Trupia - che ci conferma, al suo secondo lavoro, un talento cinematografico indiscusso - ha acceso una luce sul lato della medaglia troppo svalutato negli anni, regalando un meraviglioso riscatto alle vittime: chi ha fatto e chi ha subito, hanno dentro lo stesso dolore. La condanna di una vita, senza vita.
Andate a vederlo, fatevi 'sto favore.

Nessun commento:

Posta un commento