E tu sei il numero:

mercoledì 11 giugno 2014

una poesia d'amore.

Ti penso e lo racconto al mondo,
perchè se uno c'ha un pensiero - un pensiero vero -
è opportuno che lo dica. Anzi lo urli.
Ti penso, che sei la vita,
l'unica vita possibile fra le tante che ho.
E sei una bella strada, per la felicità.
Quando uno ama, fa pace con l'umanità e in lei,
un pochino, ci vede riflessa la faccia di chi ama:
il parcheggiatore grasso, pensa, stamattina mi sembravi tu
e l'impiegato di banca serio, immagina, pure tu.
Il signore del bar di Piazza Cavour, poi, più di tutti
e nel caffè nero che versa afa sul mio lunedì, ancora tu.
Negli occhi degli uomini che incontro per caso nel mondo,
a dire il vero, ne vedo sempre e solo uno: il mio (ovvero tu)
Dunque scompaiono, nessuno di loro esiste più per davvero
E allora lo racconto al mondo, che da quando m'hai baciato,
- anche se sono anni -
mi gira la testa, e poi tutto il corpo continua a girare su un'asse
(che immagino la spina dorsale)
come ballerina di Carillon, come trottola su una punta.

Amore mio, afferrami mentre volo giù da un vagone chiuso male
del treno delle circostanze,
diretto verso un futuro distratto di donna per aria.
Hai la femmina che vola, col pensiero, e sogna
un futuro disegnato sulla schiuma di latte, la mattina, in un tavolo
di legno bianco
comprato e montato, solo da noi.
E delle miniature di te e di me insieme, che ci corrono
accanto sotto e strillano e ridono e scoppi di colore
di baci, ti prendo, ti mangio!, e amarsi da stanchi.
Hai la donna che ha legato il suo polso al tuo,
con un anello o un bracciale che qui chiameremo: amore
- perchè ti scrivo una poesia e in poesia funziona, si sa -
Ma oggi - non c'è ricorrenza, se non la vita -
non scrivo d'altri, non scrivo per altri, neppure per me
io scrivo per te.

Rimanimi fermo,
sul fianco sinistro, che guidi e ti bacio
una fetta di mare dalla finestra si butta sul piatto di un'auto nel sole,
- o di un possibile letto atteso -
 con un lenzuolo bianco coprimi per sempre
e - se ti va, se sei in orario, se ce la fai -
per sempre rimani con me.

giovedì 5 giugno 2014

La sogliola dei venticinque

Non so come iniziare. E in realtà non so neppure cosa scrivere. L'idea sarebbe quella di spostare il mouse sulla crocetta in alto a destra e non dare mai vita a questo post. Ma oggi, stranamente, è nato prima il titolo - senza alcun contenuto chiaro in mente - mi pare doveroso riempirgli la pancia.

Dopodomani è il mio compleanno, il mio venticinquesimo compleanno.
Ho sentito dire che è tipo un altro diciottesimo: venticinque, il quarto di secolo, per le rockstar l'anno in cui è consigliabile che comincino a strizzarsi le palle, e per me, per me niente, un compleanno. Però c'è di comodo l'arrotondamento della cifra; non ventiquattro, non ventiquattro e mezzo - che considerata la mia mezza zeppola è pure difficoltoso da pronunciare - ma un più musicale venticinque , primo gradino di una prematura scalata verso i trenta. Quando sono nata, la mia mamma aveva la mia età di ora e io so che anche la maggior parte delle vostre mamme, quando siete nati, avevano l'età che avete voi ora, e io so anche che la cosa vi manda in crisi perchè non vi siete ancora laureate, o se sì, non avete intenzione di prender marito e far bambini e dedicarvi all'hobby del rigurgito notturno, e che il copriocchiaie da venti euro vi va di consumarlo solo dopo una notte di hard sex, con svariatissime precauzioni e lattice e salti della quaglia che neppure sotto il tendone bicolore di Moira Orfei.
Invece io voglio un bambino. Piccolo, rosa, che vomiti fontane di latte peggio di un putto del Bernini, e mi tenga sveglia la notte fino a farmi desiderare di metterlo sotto chiave dentro una stanza insonorizzata con cartelle di uova consumate. Il mio desiderio per questo venticinquesimo è avere un figlio, ma lo scrivo qua, così non s'avvera.

L'altro giorno m'hanno chiesto: ma qualche pensiero alla soglia dei venticinque?
Ho risposto così di cuore: mille euro al mese, contratto a tempo indeterminato. Seguono ovvie risate e accuse di aver assunto droghe leggere (che stavolta, vi giuro, non c'entravano niente). Qualche secondo dopo la conversazione s'era spenta sul nascere ma io dentro di me continuavo lo scandaglio etilico, in silenzio, dei miei stessi pensieri a riguardo. L'unica cosa intelligente che sono riuscita a concludere è stata l'assonanza di soglia con sogliola. Me lo sono ripetuto un paio di volte - dev'essere stato uno di quei momenti in cui penso in silenzio e con la bocca aperta tipo Carlo Verdone in viaggio con la nonna - e rovinosamente sul mio sguardo bagnato di Charme bianco è calato un enorme velo di tristezza chiamato: DIETA.

La DIETA - scritta in maiuscolo per evidenziarne il potere terroristico - è stato un elemento fuorviante per la mia già discretamente fuorviata psiche, in quest'ultimo anno. Alla soglia dei miei ventiquattro anni, non ho alcun problema a svelare al popolo dell'internet, che ero un bel maritozzo di 98 chili. Novantotto chili di pappagorge. Così mia madre, stanca di dover pagare l'ICI per la mia panza (questa l'ho rubata), m'ha tagliato il cordone ombelicale che mi collegava alle sue padelle unte e bisunte, e mi ha nutrito di verdurine e sogliole in umido per un bell'anno pieno, m'ha incastonato il culo sul sellino di una cyclette, ed io - che la bicicletta ormai l'avevo voluta - ho pedalato. E' stato così che, ai venticinque ci arrivo con venticinque chili in meno, tondi tondi e pari all'età, per ironia della fame. Comunque adesso so perchè si utilizza in extremis il detto più brutta della fame, perchè la fame è proprio uno stato mentale, una tortura cinese che ti porta a pensare a panini, piadine con mortazza, gelati pistacchiella e panna cotta alle quattro di notte, solo ed esclusivamente quando sai di non poter mangiare. Di contro, appare totalmente naturale, che nel free day io riesca solo a ingurgitare gallette di riso, ovvero dischi di polistirolo con un packaging più accattivante. E comunque sì, quello che ci raccontano sul mangiare bene e fare movimento è tutto vero, fa dimagrire. La buttanata invece sono le pillole schifo ripiene di schifo che dei pop up automatici ci fanno partire sul display del cellulare o sul pc mentre stiamo navigando, proprio in prossimità della prova costume come il dio del marketing comanda: ma come vi convincete a dar fondo allo stipendio per acquistare cose prodotte in Papuasia e che per quanto ne sapete potrebbero pure contenere sterco compattato di animali? Secondo voi, basta un poco di zucchero e la pillola va giù a risucchiarvi il grasso prodotto dalla porchetta intera che avete mangiato a pranzo? Le ragazze che pubblicizzano il prodotto prima erano veramente le ciccione fotografate con didascalia before? Una pillola acquistata su internet, senza mangiare sano e senza muovere un alluce, vi regala un six pack strepitoso sugli addominali?

Non so come sono finita a parlare di questa roba.
Dopodomani è il mio compleanno e sto pensando anche che è il primo compleanno senza la mia migliore amica vicina. L'essere migliori amici prescinde dalle distanze spazio-temporali, e anche dai silenzi, e anche dalle incazzature; è una condizione che ti porti dentro e la proteggi dalle insidie esterne, e adesso che se n'è andata, adesso che non c'è, è ancora nel mio cuore, è ancora vicino a me. E quando comincio a citare De Gregori dev'esserci un compleanno o un capodanno di mezzo, qualcosa che tiri fuori la parte stucchevole del mio smisurato ego intinto in una vasca di glucosio. Quando ci siamo conosciute, e per il lungo tempo a venire, mi chiedeva di tanto in tanto un mano coi compiti di inglese. Adesso vive a Londra e l'altro giorno m'ha inviato un video su Whatsapp in cui un signore ubriaco ballava sul ciglio di una strada interagendo con loro spettatori, lei filmandolo ha detto: You're famous now. E l'ha detto proprio bene, da vera inglesina come la marca dei passeggini, e sono giorni che penso che adesso parla proprio un'altra lingua, vive proprio in un altro posto, e non mi basterà prendere un autobus per far festa con lei e poi tornare a casa e far festa coi miei. Due torte, due sbronze, due spumanti. Niente. Però mi resta una parete con una grande cornice che raccoglie anni di feste, e sotto una cornice più piccola, rossa, con una foto del mio quindicesimo compleanno: io pallida e con ricci ribelli, lei già nera col costume da bagno e i lineamenti morbidi da bimba.
E un tatuaggio come regalo di compleanno qualche anno più tardi, che m'ha sempre detto che c'eravamo ancora, che ci saremmo state sempre, nonostante tutto. You're famous now, e vorrei abbracciarti forte.

 Quello che ho fatto durante quest'anno ve l'ho raccontato, non tanto perchè credessi che qualcuno potesse realmente essere attratto dalla vita una blogger di paese con una vita medio-monotona, che non si laurea mai e lavora in parrucchieria. Impossibile fare un ringraziamento, tutti i miei amici sono stati splendidi e presenti in quest'ennesimo faticoso anno, senza mai rimproverare i miei silenzi o le mie grandi assenze, le mie mancanze facilmente scambiabili per una superficiale forma di affetto passeggero e conveniente. Loro sono rimasti, tutti, qualcuno è persino tornato perchè il bene vero non passa mai per davvero. Io, dal canto mio, ve lo dico che siete l'unica cosa da festeggiare: le persone che mi fanno sorridere. Davvero non c'è niente per essere felice, Vale? mi chiedo in solitaria, ai bilanci serali, e quando passo in rassegna le vostre facce e perfino gli occhi ignoti di chi legge questo blog, io mi sento già bene, non meglio, proprio bene. M'ero ripromessa di lasciare il miele fuori da questo barattolo, ma n'è uscito stracolmo, perchè son fatta così, il cinismo non m'appartiene anche se mi piacerebbe tanto.
In chiusura io voglio spendere due parole ad un signore che è mio amico, Gianni Di Matteo.
Un professionista e un gran papà, potrei dire molte cose su di lui, potrei farvi solamente vedere il suo sorriso intelligente coperto di barba bianca ironica e disincantata, potrei raccontarvi che va ai concerti rap e poi torna al suo lavoro di arch prof ing che fa tante di quelle cose che neanch'io riesco a stargli dietro. Ecco, caro Gianni, io non so se tu lo sai che lo so che loro lo sapevano ma io no, ma voglio dirti grazie. Grazie di cuore, per essere stato presidente, guida, capitano, padre, zio, amico per noi Funners, e poi grazie per aver fatto per me quello che io non ho potuto, grazie per avermi dato la possibilità di fare, col silenzio e la discrezione che solo ai grandi uomini è giusto tributare. Grazie, Gianni.

E così son quasi passati venticinque anni da quel giorno che alla mia mamma aprirono il pancione e venne fuori quel mezzo chilo di ossa che sarei poi io, e io di anni me ne sento qualcuno in più, perchè ognuno di voi m'ha dato qualcosa e grazie a voi son cresciuta - pure a chi m'ha voluto male, chè io pensavo fosse impossibile volermene, essere invidiosi ma di cosa poi e invece a farvi rodere il culo ci vuole il tempo ridicolo di un'eiaculazione di un trentenne vergine con calzino bianco al primo rapporto sessuale - sono diventata una quasi donna, con qualche chilo in meno, dei colleghi pazzeschi, un fidanzato speciale, un'amica lontana e molti vicini, e tanta, tanta voglia di stancarsi ancora, correre da una parte all'altra, rivedere la Spagna e un po' di Francia, finire la tesi, sentirsi bella anche se non è vero, godere con la mente e poi anche col corpo, prendere appuntamenti per pieghe e colori, e lottare per un papà molto buono e una mamma assai presente.
E poi, ma un compleanno cos'è oggi se non un compendio d'auguri da parte di sconosciuti su una bacheca, un conto alla rovescia fino alla mezza per una tirata d'orecchi, e un entusiasmo che si esaurisce su un calendario sempre più lungo, stretto di scadenze, largo d'entrate. Ma è ancora possibile sentire la magia che c'era da bambini, coi tavoli pieni di sandwich al formaggio fatti da mamma e gli inviti di Minnie disegnati da papà e il vestito verdazzurro di Barbie Sirena dentro uno scatolo, o la felicità posticcia di venti tequila in una notte di giugno di qualche anno fa? E' possibile credere che un giorno che ricorda quello che ci ha visti aprir la finestra su questo mondo balordo sia effettivamente da far festa?  A me oggi sembra così complicato. A me oggi viene in mente solo la sogliola in umido.

Ah, per chi se lo stesse ancora chiedendo, novantotto meno venticinque fa settantatre.