E tu sei il numero:

giovedì 27 giugno 2013

#fundiary - Se tu vieni per esempio tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò a essere felice.

 Adriana ogni mattina si sveglia e va a lavoro, il suo vero lavoro. E' un'euro progettista, e cioè una di quelli che ti fanno pensare bene dell'Europa e non solo che ci hanno fregato dandoci un euro in cambio di diecimila lire. Quando penso alle diecimila lire, la banconota blu, penso ancora al senso di soggezione di tenerle dentro il mio portafoglio di bambina della scuola elementare, e quante cose potevo farci, e quante belle prospettive settimanali di pizze e gelati a grande incremento del mio precoce sovrappeso, che ha sempre fatto di me una bimba rotondetta. Comunque, Adriana ogni mattina va a lavoro al Distretto Turistico, perchè ci tiene a far passare gente da queste parti tramite le sue idee, e di idee vi assicuro che ne ha tante, ed è bello pensarla lavorare, parlare con le persone, organizzare. Ogni mattina si sveglia e ci manda il buongiorno via Whatsapp, nella nostra conversazione di gruppo, ci carica con una frase positiva perchè ci vede stanchi - anche se secondo me lei lo è più di tutti noi - e ci dice che farà di corsa, dopo il lavoro, pranzerà di fretta e alle tre sarà già al Castello.

Cercavo un titolo per raccontarvi questi due giorni che ci separano dalla data che ormai il lettore conosce a memoria come fosse il suo compleanno, e ho tirato in ballo Lui - sapevo che prima o poi l'avrei fatto - il mio affezionato Piccolo Principe, nel passo che parla dei riti e delle emozioni causate dall'attesa di qualcuno o qualcosa:

[...]  Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità.
Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti".
" Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe.
" Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe.
" E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. [...]


Un rito è ormai quello che si è stabilito col lavoro di FUN all'interno del Castello, con gli appuntamenti che ci diamo, i 'passa a prendermi tu...', i 'porta il caffè...', le nostre corse in campagna alla ricerca di fresco e relax a fine giornata. Il lettore sarà ormai avvezzo alle mie smancerie e alle punte di lirismo che mi permetto di toccare parlando della Squadra, e oggi - che il giorno è vicinissimo - mi concederà quest'ulteriore picco d'affetto, meritato, verso i miei compagni. E poi c'è l'attesa della vostra venuta, il 29 giugno alle ore 18, quando apriremo i battenti. E quando Farm Cultural Park - come vi avevo annunciato già - spegnerà la terza colorata candelina. Tutto questo attendere date ed orari, mi fa felice. In ansia, ma assai felice. La cosa bella di tutto questo sono i tempi ristretti. Da un lato potrebbe sembrare un elemento a nostro sfavore, doverci sbrigare. Dall'altro, quello umano, il tempo ci ha fatto un enorme favore. In genere per affezionarsi o prendere confidenza con qualcuno, ci si deve conoscere, poi frequentare, scambiarsi i numeri di telefono, chattare su Facebook ,trovare delle cose in comune se per caso ci sono, superare l'imbarazzo e poi, solo alla fine e non in tutti i casi, si stabilisce un rapporto. Qua invece è tutt'altro: in un giorno ti trovi a conoscere qualcuno e chiamarlo per nome indipendentemente dal ruolo professionale che svolge nella sua vita, ci lavori insieme, ci prendi un caffè, ci scherzi, gli racconti le tue cose e a fine giornata ti dispiace salutarlo, perchè avete sudato insieme per costruire qualcosa e già un po' gli vuoi bene. Non c'è tempo di cercare un'intesa, di esplorarsi, di capire. Sei lì e concentri tutto lo scambio e la cooperazione in quel momento, senza alternative. In 24 ore tutto questo è possibile. Moltiplicate tutte queste sensazioni per due mesi circa, solo così potrete capire cosa intendo dire.  


L'altroieri sera è arrivato a Favara Manfredi Leone, professore architetto di Palermo, insieme a due suoi collaboratori, Gaetano e Pietro. Adriana, Filippo ed io, abbiamo bevuto una birra con loro al Caffè Italia e poi li abbiamo accompagnati al Belmonte Hotel. La mattina successiva alle otto e mezzo - io col mio margine di mezz'ora di ritardo - eravamo operativi al Castello per tirare su le installazioni della Sala di Manfredi: la mostra Be Greener. Non voglio anticiparvi le coccole che faremo al vostro olfatto e alla vostra vista, in quella sala, mi limiterò a dire che è piena di natura, profumi e colori, ed è un piacere abitarla anche se solo per pochi minuti. Manfredi Leone è un architetto simpatico, molto più alto di me anche se non ci vuole molto ad esserlo, e ha una forte cadenza palermitana, quella che nella mia memoria e nei miei pensieri sulla terra e le radici, incarna perfettamente la Sicilia e ogni sua componente solare e viva. Gaetano e Pietro sono veloci, sorridenti e si è creato subito un gran clima di simpatia e collaborazione. Sono felice della giornata di ieri, dei giri al vivaio, dei vasetti in ceramica, delle mille telefonate pianificatrici con Filippo.

Adesso questo mio spazio è sbarcato su Facebook, con una pagina tutta sua ( 
https://www.facebook.com/SeMiLasciNonValeIlBlog?fref=ts ), a scopo divulgativo/conoscitivo su quello che racconto e non con la pretesa di avere dei fan o degli ammiratori segreti di quelli che ti spediscono le rose a casa, con un invito a cena superlusso (comunque se qualcuno volesse farlo, dico, mi accontento di un McDonald's esagerato, con Sundae al caramello alla fine, e alle rose preferisco la lavanda. Così per avvisare.) Ringrazio sempre, con le stesse guanciotte rosse di Heidi che resta sola sul cocuzzolo della montagna con Peter, chi mi segue e tramite i miei racconti segue Favara e la sua nuova storia rossa a pois bianchi.
Il countdown di oggi è da brivido: - 2. Vi aspetto.

lunedì 24 giugno 2013

#fundiary - meno quattro: una nascita e un terzo compleanno.

Adesso proverò a raccontarvi come ci si sente a poco meno di una settimana dall'inaugurazione del Castello.
Come ci si sente, in realtà, a poco meno di una settimana dall'esposizione al mondo di un progetto lavorato e di cui nel tempo ci si è innamorati. Da tempo penso al momento in cui avrei dovuto scrivere questo post, parlare di sabato 29 giugno, come di un giorno che è proprio dietro l'angolo. Bene, quel momento è arrivato e comincerò il mio racconto di questo particolare momento del #fundiary, esattamente da ieri notte, chè un gruppo di noi è andato a trovare il mare di notte, in cerca di fresco relax.

Sono una di quelli - e siamo in tanti, quasi tutti - che davanti ad un falò, rimangono ipnotizzati dal fuoco, fonte di calore e di un'infinità di pensieri irrisolti, accantonati durante la giornata o durante i giorni, i mesi, che vengono fuori in superficie, scorrendo rapidi e inarrestabili. Da una parte, ieri notte, c'era il fuoco. Dall'altra il mare, quello che siamo costretti a vedere poco di giorno in questi torridi giorni siciliani, per noi farciti solo di colla e vernice. Eppure siamo contenti così.
Dicevo - il lettore mi perdonerà se ogni tanto sento la necessità di divagare dall'argomentazione principale, in questo caso il fuoco - guardavo il fuoco e ci vedevo noi. Mi sono girata verso Vincenzo, e lui aveva già capito cosa mi frullava per la testa e anche che quel fuoco sarebbe finito in questo post oggi, e potrei azzardare che avesse anche capito che in quel fuoco io ci vedevo noi, il nostro muoverci così rapido e immateriale. Il nostro essere così incisivi senza margine di reversibilità o di correzione, per il tempo che scarseggia. Una concentrazione di energie, qualche passo falso, tutta una speranza circolare puntata sul 29. E che sia rosso.
Anche le onde nere, mica male, dico nel rappresentarci. E' bello concentrasi sulla Natura intorno e specchiarsi in lei. Constatare come tutte le forme presenti siano capaci di riprodursi in maniera costante, nelle persone e nelle loro caratteristiche. Ogni onda del mare mi ha parlato di chi ci sta guidando nel progetto, dei miei compagni di lavoro, di chi ha molta pazienza e di chi un po' la perde, com'è fisiologico che sia.
Mancano cinque giorni, le sale sono quasi pronte e noi passiamo sempre più tempo insieme. L'altra sera abbiamo ottenuto d'avere il Castello aperto in notturna, fino alla mezzanotte, abbiamo lavorato alla costruzione delle tre casette progettate dall'architetto Marco Navarra con gli altri dello studio NOWA, una su tutte un dolce architetto di nome Claudia Cosentino. Claudia ha una figura sottile, l'espressione buona e sempre sorridente, ci chiede con gentilezza di aiutarla. Mi spiega che in una delle tre casette saranno proiettati dei video di Buster Keaton, me lo spiega con l'attenzione di uno studente preciso.
Ieri pomeriggio, Andrea m'ha chiamato dall'altra stanza a venire a vedere cosa stava facendo Graziano Mossuto: la scena era una di quelle che mi fanno diventare la pelle d'oca e non capisco mai se sono esagerata io, o esageratamente bella lei. Graziano teneva gli occhi fissi su un display di pc appoggiato sul pianoforte, sul quale scorrevano le immagini dei film muti di Keaton, e nel frattempo suonava, e le immagini scorrevano mute, e lui continuava a suonare, così come gli veniva, e gli veniva benissimo, ve l'assicuro. E' un compositore favarese, ed era stupendo vedere le immagini diventare nota, le mani trasferire sui tasti le movenze degli attori sullo schermo. Una magia fatta di gran talento, manifestato in quel momento là, in estemporanea, inaspettatamente, coi trapani in sottofondo, e i gomiti ad aiutare le mani sulla tastiera.

In questi giorni sono a Favara a collaborare con Farm Cultural Park, e anche con FUN, i tre ragazzi vincitori di Critical City (per chi volesse saperne di più: http://progettokublai.net/diari/2008/09/23/criticalcity-si-ma-cose/), una di loro è Francesca, ha i capelli blu e m'ha fatto subito simpatia. Ci siamo seduti tutti insieme su un gradone di tufo al Castello e m'ha raccontato del suo pane fatto con la pasta madre, una pallina di lievito fatta col metodo delle nostre bis e trisnonne, che fa durare il pane un sacco di giorni, fino a dieci dice lei, e non fa mai la muffa, e ha un sapore buonissimo, molto più buono. Dice che in questi giorni le arriva una pallina di quel lievito qua da noi, a Favara, e ci insegna a fare il pane delle nonne. Non vedo l'ora.

E in tutto questo, mancano sempre pochissimi giorni, che sono cinque ma dato che è passata da poco la mezzanotte adesso sono quattro. Quattro giorni per terminare tutto, continuare a dipingere, incollare, telefonare, cercare sponsor e farci coraggio a vicenda, chè l'esame è vicino e non dimentichiamo mai d'avervi promesso un WOW!
Voglio ringraziare i lettori, come sempre numerosi, sopratutto quelli lontani che stanno conoscendo adesso a Favara o l'hanno conosciuta tramite Farm Cultural Park, una bella bimba che il 29 giugno compirà tre anni. Il terzo compleanno della realtà che ha aperto le finestre su Favara, cambiando l'aria, lasciando arieggiare e facendo arrivare un vento colorato, magnetico.

Per ancora qualche giorno non vedremo il mare, osserveremo Filippo perfezionare la sua casetta in legno per i piccioni, che vanno e si spera tornino, aspetteremo la maturità di Marco, gli esiti dell'esame d'avvocato di Vincenzo e Filippo grande, seguiremo col cuore le spole tra Favara e Palermo dei ragazzi che salgono per chiudere la sessione estiva e ci congratuleremo. Mancano quattro giorni e io sono felice. E non vedo l'ora di conoscervi, voi che ci volete così bene, di conoscervi di persona.

A sabato, ma vi scriverò anche prima.

mercoledì 19 giugno 2013

Ad un mese dal colore, un video ci racconta.

Ieri sera, dopo settimane di piacevole reclusione favarese, ho scelto di fare un giro a San Leone, per i lettori lontani e che non conoscono la zona, parlo del litorale marittimo di Agrigento, a una decina di chilometri da Favara. Ho scelto di andare a cercare gli amici che per ora, per l'impegno che sto mettendo qua, ho trascurato in termini geografici e affettivi. Li ho ritrovati alcuni, e m'hanno subito chiesto come va qui, come procedono i lavori al Castello. Qualcuno m'ha chiesto di raccontagli dello sparti traffico che abbiamo ridipinto, evento del quale vi parlai in un mio precedente intervento in questo blog, circa un mese fa.

Ecco, stamattina - la tempistica del caso è sempre perfetta - Salvatore Giglia, regista e creatore di un video-testimonianza di quella serata, mi ha comunicato di aver caricato il video su Youtube.
Nell'arco di poche ore la Home si è riempita del video in questione, intitolato "ColoriAMO Favara", esattamente come l'iniziativa che ritrae nel susseguirsi dei suoi fotogrammi.
Il clip si apre con un'immagine indicativa del grigiore urbano che sovrasta i nostri spazi. Un'auto percorre tutta la lunghezza dello sparti traffico. Rivedendolo in quelle immagini scarne di colore e vita, risalenti a solo un mese fa, mi pare di non ricordarlo in quelle condizioni. Mi pare di non averlo mai vissuto così brutto, eppure lo è stato, e anche a lungo.
L'immagine in bianco e nero è immediatamente tagliata e uccisa da quella di un pennello, che si inserisce a gamba tesa nel contesto, accompagnata da una musica attiva e il verde acceso d'una maglia da lavoro.
Il ColoriAMO Favara ha così inizio, e da lì è un tripudio di pennelli, rulli, latte di vernice, sorrisi giovani e sorrisi meno giovani, una comunità intensamente coesa per un unico obiettivo: portare nuova vita ad un luogo, tramite il colore. Le immagini scorrono, la musica è travolgente e scelta in maniera sapiente e oculata dal mio amico Totò (il regista di cui sopra) ed eccoli, li riconosco tutti i protagonisti di questo nuovo, nuovissimo vento positivo: ci sono i ragazzi di Favara Urban Network coi berretti di carta da pittore già posizionati sulla testa, il mix multi-etnico dei ragazzi della Tenda di Abramo di Frà Giuseppe Maggiore sempre presenti con la loro straordinaria operosità, il sindaco Rosario Manganella, Leonardo Pitruzzella ed Emanuele Vita, rispettivamente il presidente del Consiglio Comunale e l'Assessore al Verde Pubblico, nonchè rappresentanti di questo giovane e innovativo modo d'amministrare la cosa pubblica, i dinamici di Dinamicamente sorridenti e belli coi rulli in mano, e tutti gli gli altri delle associazioni Nicodemo, Beddra Favara, Comitato Beni Comuni, i singoli Favaresi e le famiglie. Li conosco tutti ormai, ed è una bella sensazione.
Poi c'è lui, Lillo, l'architetto Lillo Giglia che ha progettato e ci spiega come fare, da dove partire coi colori e dove andranno, per creare quel bellissimo arcobaleno ch'è visibile adesso, e Florinda Saieva che ha diretto i lavori con la verve sempre accesa che la caratterizza. Arte, caro lettore, il momento che ti racconto è un'altissima dimostrazione d'arte umana: la rivoluzione d'un paese.
Abbiamo riversato, chinandoci a tinteggiare la cinta di cemento di quella lunga aiuola, un fiume di colore e vitalità per le strade di Favara, ed è passato un mese da quella sera - stancante e sudatissima sera - di cui ancora si parla e tornata gloriosamente in auge quest'oggi, col video di Giglia.
Sai cosa succede quando cresci in provincia, in una grande cittadina di provincia, divenuta manifestazione del decadimento culturale negli anni e soggetta a crolli d'interesse e prospettiva futura da parte degli stessi cittadini? Succede che un bel giorno ti stanchi. E colori tutto. E lo fai bello. E desideri esattamente che la Bellezza divenga imperatrice di questo territorio allargato nei confini e nella conoscenza, che Favara ambisce ad essere.
ColoriAMO Favara è solo il primo sostanzioso e cromatico passo di quell'avanzamento culturale - come ama definirlo Lillo Giglia - ch'è in corso, e che parte da Farm Cultural Park. 
L'arcobaleno in una strada, l'arcobaleno di questa rinascita, l'arcobaleno di questo anno concepito dalla mente e dal grande cuore di Andrea Bartoli, il notaio sorridente, il papà adottivo dei Sette Cortili, il diffusore di energia artistica e coraggio per la nuova Favara che si sta facendo bella e grande, il direttore artistico del Castello Chiaramonte e primo motore di idee di Favara Urban Network.
Con lo sparti traffico vestito a nuovo, non abbiamo fatto qualcosa: l'abbiamo appena iniziata.

Il video in questione è visibile qui: https://www.youtube.com/watch?v=7Om2qzT5M8A

lunedì 17 giugno 2013

#fundiary - dipingere una pedana, render bella la Corte.

Non è sempre facile e allegro, fare quello che facciamo. E oggi è stata una giornata dura.
La stanchezza e l'ansia cominciano a farsi sentire, e la tensione interna cresce in maniera esponenziale. Il gruppo è coeso, Andrea ci carica e per fortuna resistiamo.
La vita di un volontario è fatta di tante cose, e tutte fatte - come dice la parola stessa - per volontà.
La nostra volontà è comune ed è ciò che ci tiene legati. Penso a quanti eravamo all'inizio, a quanti si erano avvicinati al nostro progetto dicendo di voler collaborare, dare una mano, e penso alla fisiologica scrematura che il tempo ha dettato al nostro gruppo.
Passiamo molte ore della giornata insieme, e quando non siamo insieme comunichiamo costantemente, organizzando il lavoro della giornata, le cose che restano da fare, comprendendo le inclinazioni delle nostre personalità deformate dalla stanchezza dello studio e del lavoro, del caldo che comincia a farsi sentire ritardatario ma forte a Favara, e il tempo che ci separa dall'apertura del Castello.

Oggi abbiamo dipinto la pedana di legno della Corte, progettata dal prof. Guerrera.
I primi visitatori incuriositi dalle notizie e dai rumori entrano a guardare cosa è stato fatto e cosa si sta facendo. Alcuni si fermano a guardarci, commentano, consigliano.
Fra una pennellata e l'altra s'è avviata una tragicomica diatriba fra l'artista del gruppo Laura, e uno dei signori che lavora al Castello, quello con cui abbiamo più scambi comunicativi e, in fin dei conti, anche umani. Dicevo, una tragicomica diatriba sull'utilizzo della vernice, sulle percentuali del diluente e sui metodi di stesura del colore. Credo che ci sia una stanchezza generale che amplifichi le nostre sensazioni, così come il nostro impegno, ma teniamo sempre a mente quella data e nessuno di noi sa cosa proverà effettivamente. Sappiamo solo come saremo vestiti, ma questa è tutta un'altra storia e preferisco dedicarle un capitolo glamour a parte.
Lillo Giglia, il nostro amico architetto che dirige questo lavoro, ottiene uno spostamento d'orario di chiusura del Castello per terminare la prima mano di colore sull'installazione di legno, dobbiamo terminare entro oggi perchè il risultato sia ottimale, ci mettiamo di buona lena e in poche ore il lavoro è terminato.
Abbiamo le fronti imperlate di sudore, gli occhiali mi scivolano dal naso ogni due secondi e nell'afferrarli con la mani sporche di vernice li chiazzo di grigio. Non importa, l'importante è aver fatto un buon lavoro.

Quando torno a casa ripenso alla giornata e odoro di vernice, è un odore piacevole, agrodolce, come le sensazioni che stasera si stratificano diverse in me. Se il lettore avesse potuto vederci: con le tute di carta bianca per preservarci i vestiti e il cappuccio tirato su, e i pennelli grondanti liquido colorato in mano a gocciolarci di qua e di là sui piedi e sulla pedana.
Come in un resoconto filmico mi scorrono chiare le diapositive delle ore trascorse al Castello, ed è tutto chiaro, tutto cromaticamente bilanciato nelle emozioni e nelle cose. Siamo un gruppo di studenti, qualcuno di voi ha visto il mondo, qualcuno ha visto solo casa sua, qualcuno lavora, qualcuno ha fatto ogni tipo di lavoro, qualcuno è permaloso, qualcuno è buono, qualcuno non ha un soldo, quasi tutti non abbiamo un soldo, ma abbiamo un unico interesse, pulito, limpido, quello di rendere bella Favara.

Se mi avessero detto  un anno fa che sarebbe successo quello che sta accadendo, io non ci avrei affatto creduto - e vorrei adesso rispondere a tutti voi che mi scrivete e-mail affettuose e in cerca di chiarimenti: Favara Urban Network è un'associazione no profit che agisce sul territorio per portare - materialmente - la bellezza nelle zone disagiate e non curate esteticamente. Ci auto-finanziamo tassandoci con una quota associativa annuale e degli sponsor che ci appoggiano da tutta la Sicilia; grazie a loro possiamo acquistare i materiali che ci servono per migliorare la qualità di un sito. La nostra manualità è totalmente volontaria e caricata dall'amore per i nostri spazi e la voglia di lanciarli nel mondo, e la carica costante che ci dà il nostro direttore artistico, il notaio Andrea Bartoli. E' di Andrea il merito della seconda vita che il centro storico sta avendo negli ultimi anni, che ha incoraggiato moltissimi giovani all'apertura di locali e servizi per la cittadinanza, nonchè la spinta turistica prima del tutto inesistente. Studi architettonici da parte dei professionisti e attenzione altissima, stanno dando finalmente giustizia al Centro Storico malato. Noi, la sua Squadra, prendiamo con entusiasmo le sue idee e gli diamo una mano a realizzarle, come possiamo.
E' di Andrea il merito di una nuova informazione su Favara, una nuova coscienza esterna che poi è quella che vi arriva e vi porta a volerci bene, a seguirci numerosi, e ad affezionarvi al nostro progetto.
Continuate a farlo, abbiamo bisogno della vostra carica.

Vale.

domenica 16 giugno 2013

#fundiary - vi racconto Giardini in Campo al Castello

Qualche mese fa, il mio amico Emanuele - assessore al verde pubblico del comune di Favara - mi inviò una foto scattata col cellulare, in diretta dal Giardino del Castello. La foto raffigura un ammasso di erbe alte, stecchi di legno, rami secchi, vasi capovolti a testa in giù e vuoti, terra incolta e un degrado così disarmante da far venire voglia di prendere un piccone o andare a estirpare tutto a mani nude, armati solo di rabbia. Era una di quelle manifestazioni di lascivia umana e noia secolare, che fanno scuotere la testa in segno di un <mah.> rassegnato e triste, e totale sfiducia nei confronti di chi avrebbe potuto e non ha fatto nulla per farlo rivivere, a parte chiuderlo e coprire le macerie, come si fa con la polvere e le briciole in sala da pranzo, che le casalinghe meno attive buttano sotto bei tappeti persiani, quando ci sono ospiti in arrivo o qualcuno citofona inaspettatamente.
Poi è arrivata F.U.N., e qualcosa è cambiato.

Come i lettori più affezionati sapranno, ormai è più di un mese che lavoriamo alla riqualificazione artistica del Castello Chiaramonte, con un'azione immediata che tramite l'utilizzo di una grande fornitura di listoni di cartone ci ha permesso di costruire numerose sedute e strutture ricreative che adesso arredano le Sale del Castello.
Un altro importante intervento è stato portato avanti nel Giardino, con un Workshop in collaborazione con la facoltà di Architettura dell'Università di Agrigento e la prof. architetto Fausta Occhipinti.
I partecipanti sono numerosi e riempiono il castello con le loro magliette giallo sgargiante col logo di Giardini in Campo stampato sul petto. Ogni tanto abbandono i ragazzi di F.U.N, che al piano superiore progettano e creano, e scendo giù nella Sala del Collare che trovo piena di tavoli da lavoro, macchine da cucire, fogli da disegno e ragazzi iperattivi. Uno di loro è Giorgio Tollot, è alto, slanciato, ha un bel viso e dei ricci ordinati e chiari sulla testa. Lavora a delle borse di stoffa che diventeranno uno dei gadget in vendita per finanziare Favara Urban Network. E' di Belluno, il suo accento stona in modo netto col mio, con le mie cadenze che raddoppiano ogni consonante e aspirano ogni dentale. Però ci sorridiamo e mi racconta che lui a Belluno lavora nella moda, e che è un appassionato lo si capisce dallo stile e dal portamento elegante.
Il giorno dopo vado, con Fausta e un gruppo di suoi studenti, a visitare l'Azienda Agricola Vita, di proprietà della famiglia del mio amico Emanuele di cui sopra, che fra le altre cose è un bravo agronomo.
Siamo venuti a scegliere le erbe e le piante da coltivare nel Giardino del Castello.
Arriviamo che sono le quattro e mezzo del pomeriggio, fa caldo ma non tanto da soffrirlo. Scendiamo dalle auto e cominciamo l'escursione tra campi e vigne. Mi fermo, allontanandomi dal gruppo, nel punto più aperto e ventoso, quello da cui si padroneggia l'immensa estesa di grano giallo, che m'incanta e rilassa gli occhi.
In lontananza scorgo la figura del padre di Emanuele, il signor Vita, che lavora lui stesso la terra. Nei padri che lavorano leggo sempre i più alti picchi di poesia che un uomo possa sperimentare. E' sorridente suo padre, e viene a salutarci cordiale e grande, nella forma e nel cuore. E' uno di quei Favaresi che ha regalato innovazione e futuro a Favara, esportandola coi suoi prodotti e la qualità nel mondo. Vorrei ringraziarlo e dirgli che a dodici anni, quando l'ho sentito parlare del nostro paese a UnoMattina, ho seguito tutta la puntata e, insomma, è stato bello.
Entriamo nelle vigne calde, odoriamo l'uva, poi ci spostiamo e c'è la zucchina nostra con le foglie ampie e morbide che sembrano cotone, i pomodorini verdi e dolci, alcuni per terra sulla terra, gli umori delle radici che arrivano piacevolmente molesti alle nostre narici, l'aria estiva che si fa fresca al crepuscolo, un saluto collettivo, le tecniche innovative di coltivazione, le storie e la soddisfazione di Emanuele quando ci racconta la fatica e i mercati europei. Fra noi c'è Alfred il Californiano, non conosco il suo cognome ma è venuto direttamente dalla California per aiutarci, col workshop, con le sue conoscenze approfondite in tema di permacoltura. Alfred ed Emanuele conversano in spagnolo, poi parla con noi in inglese o francese. Che portento.
Al Castello intanto continuano i lavori. I ragazzi di Giardini in Campo picconano sotto il sole, piantano, inchiodano, disegnano, cuciono e alla chiusura si concedono una partita a calcio improvvisata con noi di F.U.N. o un aperitivo al Caffè Italia, che affollano rumorosi e stanchi.

Oggi è la giornata conclusiva del workshop Giardini in Campo.
Entrando al Castello questa mattina ho respirato frenesia e laboriosità. Filippo e Adriana hanno contribuito in maniera notevole ai lavori del Giardino oggi, io esco fuori a seguire i lavori e scendo giù nel Giardino. Adesso non è più coperto, il muro che lo separava dall'esterno è stato buttato giù questa settimana, così da garantire un accesso - anche solo visivo - esterno ai visitatori.
<Cavolo, sei proprio bello adesso.>, gli dico con affetto, butto per caso gli occhi in alto e la mia vista è presa per intero da un'immagine straordinariamente grande e bella: una delle facciate del Castello vista dal basso: quell'altissima visione mi si butta addosso come un sogno che mi spinge al suolo dei pensieri, e un pochettino più in basso. L'imponenza del Castello mi fa sentire piccola e grande a un tempo, mi  schiaccia per dimensioni e mi innalza per gratitudine. E' un momento nostro, del Castello e mio. Del Castello  e di qualunque altro membro di Favara Urban Network che abbia lavorato attivamente in quest'impresa. Risalgo sulla Corte e incontro una coppia di Roma, lei è venuta in vacanza a trovare lui che partecipa al workshop, si chiama Matteo. <Matteo - gli chiedo - come ci sei arrivato a Favara? Sapevi della sua esistenza?>
Risponde con un'espressione di genuina simpatia disegnata sul volto, dice che aveva sentito parlare di Favara come una piccola cittadina nei pressi di Agrigento ma che Boh, chissà cos'è. E invece adesso eccolo lì, appassionato di architettura di paesaggi e giardini, a prendere parte ad un corso di una settimana su come lavorare un giardino squallido e farlo diventare bellissimo, a Favara, ridente cittadina collinare nei pressi di Agrigento. E adesso non vedo l'ora che vediate coi vostri occhi cos'è il Giardino, come sono state sistemate le piante e le erbe scelte all'azienda Vita, come è stata raccolta la terra e quale linea artistica si è utilizzata per questo nuovo coloratissimo vestito che gli abbiamo regalato con amore.

A Favara non avevo mai visto altro che Favaresi, al massimo qualche Agrigentino passato per caso o perchè ha sbagliato strada per andare a Canicattì, e in questo mese ho visto turisti biondi coi calzoni corti in Piazza, ho conosciuto un Californiano, un Bellunese, un Romano e tanti del Nord.
Voi che dite, cosa ci possiamo aspettare dal 29 in poi? Io dico: tanta roba.

Ah, dimenticavo, per vedere le foto che il mio amico Emanuele adesso m'invia su Whatsapp, diventate fan della pagina Facebook Favara Urban Network. Saranno tutte pubblicate nella sezione #fundiary.
A presto.

lunedì 10 giugno 2013

Caro Castello, stasera ti scrivo.

Caro Castello, sì, stasera ti scrivo.
Non mi piace iniziare le lettere - specie se d'amore - in modo così abusato e filmico, ma stasera mi va, mi va d'essere banale e lirica, e dedicarti due parole.
Ormai è circa un mese e mezzo che traffichiamo le tue stanze e tu davvero non hai idea - o magari sì, ci sentirai - di come tu sia diventato la nostra seconda casa.
Stasera ti penso, un po' più forte delle altre sere, perchè ho rivisto lo spot di presentazione del progetto FUN, e se mi avessero detto quello che avremmo combinato in quest'arco di tempo io - credimi - non ci avrei creduto.
Ti parlerò del gruppo FUN e voglio sentirmi libera di confessarti di cosa sei complice, solo essendoci e lasciandoti abitare da noi. Comincerò da oggi, una scena precisa, te la descrivo, guarda qua.

Siamo nella grande Sala dove c'è il pianoforte, è quasi il tramonto, il sole filtra sottile dalle finestre ampie e legnose, fuori Favara nella sua alternanza di mattoni e cisterne d'acqua blu sul tetto. La scena che mi si proietta davanti è ampia, scelgo di sezionarla con gli occhi un angolo per volta. Alla mia destra su due sedie di plastica rossa, stanno seduti vicini Fabio e Monica. Fino ad un paio di mesi fa non si conoscevano neppure e adesso li guardo tenersi stretti con questa complice dolcezza di chi ha condiviso la vita - senza saperlo, da lontano. Lei sottile, seduta con le grambe incrociate tirate su e strette da un ulteriore croce di braccia, i capelli lunghi lunghissimi e mossi buttati da un lato, a lasciare scoperta l'altra metà del collo. E' molto bella, e lui la guarda con un desiderio così pulito e casto da instillare una dose massiccia di dolcezza nel cuore di chi li guarda. In questo caso, io.
Alla mia sinistra invece c'è Giada, l'energica, iperattiva e riflessiva Giada. Parla con una sua amica che è passata a trovarla. Ha i capelli corti, l'ho sempre trovato il simbolo del suo essere così profondamente donna gagliarda - è forte. Giada è una di quelle persone di cui ho sempre pensato sarei diventata amica. L'ascolto parlare in spagnolo dei suoi esami di spagnolo in Spagna, ha i denti bianchissimi e quando sorride...il suo è uno di quei sorrisi che fa sorridere, che ti strappa il buonumore a ogni costo. Traduce, installa, condivide e poi studia. Quanto mi piace Giada.
Di fronte a me, proprio dritto, c'è Davide che lavora col cartone e la colla vinilica per costruire una sedia con la base a x, che lui - a buona ragione - ha chiamato X- Throne. Caro Castello, sai quando senti parlare tanto? Hai presente quando le tue antichissime pareti tremano di stanchezza auricolare? Ecco, quello è Davide. C'è da dire però che racchiude in se un grumo d'affettuosità e operosità esemplare. Ed è il pr del gruppo. In questo mese e mezzo ho imparato a volergli così bene, che voglio bene ai suoi prototipi di sedia in cartone, voglio bene all' X- Throne, e perfino alle infinite perelise che si diletta a suonare al pianoforte.

Sono le 19.30 ed è il momento di chiudere i tuoi pesanti battenti. Ci saluti dall'alto del tuo orologio che comunicandoci l'ora che s'è fatta, ci spinge dritti al consueto birrozzo al Caffè Italia. Ci sediamo sul tavolo esterno, che son due tavoli che abbiamo unito a diventare uno solo, ci raggiunge il nostro presidente, Gianni.
Si siede con noi, chiacchieriamo. L'aria è fresca perchè è già sera e questo Giugno non sembra un vero Giugno. Chissà il 29 che tempo farà. Dici bello, vero?
Mi distraggo un attimo, saluto i miei amici del tavolo accanto, e noto Laura e Filippo correre verso la piazza. E' successo qualcosa, m'allarmo e penso, e invece non è successo nient'altro che una partita di calcio improvvisata sull'immenso suolo della Piazza sulla quale comandi con la tua imponenza, bel Castello, li guardo sgambettare dopo l'ennesima stancante giornata di costruzioni e pulizie di pavimenti, contro la squadra con le maglie gialle dei ragazzi di Giardini in Campo.
Io sto ferma sul bordo della Piazza, e li guardo. Loro non sanno che mentre lavorano e io mi prendo dei momenti di stasi, di fermo, in realtà li sto solo ascoltando. Sto guardando le loro movenze, la precisione e la cura che mettono nel tirare su strati su strati di sedie e poltroncine e tavoli, tutto il giorno. Ascolto le loro stanchezze, con affetto. Guardo Adriana sempre intenta a cercare una soluzione a tutto e Sabrina coi suoi occhi grandi e la voglia di fare.
Caro Castello, quando ti scrivo, in realtà scrivo al mondo, perchè vorrei solo che il mondo sapesse di questo microcosmo familiare che abbiamo creato lavorando per riportarti alla luce e farti diventare il centro internazionale che Andrea sogna. E che noi sogniamo con lui. Vorrei solo che il mondo sapesse che la mattina ci svegliamo prima della sveglia solo col pensiero che manca davvero poco, e cerchiamo sempre degli sponsor tecnici che ci aiutino nel sogno, perchè i soldini son pochi e il materiale da solo non si compra.

Ma guarda un po', se m'avessero detto un anno fa che avrei pensato con una tale preoccupazione all'acquisto dei materiali per arredare il Castello Chiaramonte - cioè arredarti - io non avrei neanche valutato l'ipotesi di validità, e invece guardami, sono così stanca e felice che ti personifico con quella mia solita malsana affettività che trasforma in persone tutte le cose in cui credo. Non sapevo avessi una terrazza così bella e ariosa e larga, fino a quando non siamo andati a girare lo spot di presentazione con Totò Giglia, chè io una volta gli ho chiesto se gli piaceva di più Salvo o Totò e lui m'ha risposto: a sintimentu, come vuoi tu, e io ho scelto Totò, che fa più famiglia.
Ho camminato come ogni sera per tornare a casa lungo la Strada Nuova, che ormai è vecchia, e ho riflettuto su tutta questa dichiarazione d'amore che avrei potuto farti mezzo stampa. Devo dire che quella nuova pedana di legno sulla Corte ti dona, pensa a quando ti vestiremo di viola acceso come sarai bello e in quanti ti moriranno dietro, per la bellezza. E quando alzo gli occhi e guardo la balconata di legno marrone, e magari c'è Lillo che passa coi suoi fogli e i progetti e quello stress positivo di chi fa tanto, io mi sento parte di una piccola storia, fatta di mattoncini di cartone e amore.
Fatta di noi.

Buonanotte Castello, a domattina.



#fundiary - Meno venti e tanto colore.

Nell'ultima settimana il mio blog ha sofferto di una trascuratezza non indifferente, e dunque eccomi qui a portargli una medicina: un aggiornamento.
Sono giorni pieni, che vorrei raccontarvi istante per istante, vorrei - in realtà - avere un cavetto USB che colleghi il mio cervello con una tastiera, in modo da non dovermi mai fermare per scrivere.
Sapete, per ora passeggio molto - anche per buttare giù le tre torte di compleanno di cui vi dirò poi, fra un po' - passeggio molto, e in genere percorro la strada che collega casa mia col Castello Chiaramonte.
La strada in questione è il punto nevralgico di Favara, conduce al centro storico e negli anni passati ha rappresentato, con la sua formazione e l'apertura di numerose attività commerciali, un modo del tutto nuovo di vivere le strade del paese. Si chiama via IV Novembre e per questa sua veste di novità è meglio nota come a Strata Nova. (la strada nuova, ndr)

Ecco, quando cammino lungo la Strada Nuova, i miei occhi e la mia mente sono stimolati in maniera attivissima; i bambini che giocano a pallone su una piazzola laterale, rumorosi e spavaldi, i ragazzini più grandi seduti sui motorini fermi che si vivono il primo amore con l'ansia che passi la madre con la macchina, le madri con le macchine che passano a prendere le figlie, quelle che parcheggiano e scendono a comprare qualcosa, come faceva la mia durante gli anni della mia pre-adolescenza fatta di lunghe passeggiate pomeridiane chè di sera non si poteva far tardi, la cartolibreria, la creperia, la pizzeria, la sala giochi. Tutto perfettamente noto, tutti volti familiari, rassicuranti non tanto per l'espressione quanto per l'essere appunto noti,
i bar che conosciamo e che ci conoscono bene, con le sedie di plastica colorata davanti l'entrata, il sole che di questi tempi picchia coraggioso su tutta la piazzetta sulla quale troneggia poco sovrana una creazione statuaria che - sono sincera e politically scorrect - raffigura in maniera piuttosto impietosa una Venere di sabbia gialla, malamente tirata su e che incarna - secondo la mia irrazionale opinione - il pienissimo concetto di scempio. Qualcuno, anni fa, mi pare di ricordare l'avesse anche deturpata; in genere sono strenua difensora del bene pubblico e delle manifestazioni d'arte, che vanno rispettate e amate in quanto patrimonio collettivo, in questo caso però stimo il fautore dello stupro a quella statua. Orrenda.

Bene, dopo quest'excursus che probabilmente mi costerà qualche comunicato stampa di denuncia da parte del creatore, che verosimilmente potrebbe svelarsi un qualche mio parente - dato che da queste parti, per vie dirette o trasversali, siamo tutti cugini - direi che posso anche procedere raccontandovi di ciò che stiamo facendo al Castello, noi di Favara Urban Network.
Come vi avevo già largamente anticipato e descritto, lavoriamo il cartone, dalla mattina alla sera. Stiamo costruendo, in vista della cerimonia d'apertura del 29 giugno, dei pouf, grandi tavoli da poker, un cinema, sedie e poltroncine, una camera giochi per bambini, tutto con grandi listoni o mattoncini di cartone, e tanta tanta colla vinilica. La settimana scorsa gli studenti di Architettura sono stati invitati a proporre dei progetti di riqualificazione della Piazza Cavour e del Castello. Il progetto vincitore prevede la realizzazione di una serie - una serie piuttosto sostanziosa - di mattoncini colorati che saranno sparsi per Favara. Qualcuno è già stato realizzato, dipinto di un adorabile rosa shocking, e appeso agli alberi che costeggiano il perimetro della Piazza. L'effetto è notevole e potete vederlo nelle foto della sezione #fundiary della pagina Facebook Favara Urban Network. (https://www.facebook.com/Favaraurbannetwork?fref=ts)

L'altra mattina mi trovavo a scambiare delle visioni col professore Guerrera, che ricordo essere colui il quale sta progettando la Corte del Castello, e un suo studente: Ivan Tirolo. Ivan è poco più piccolo di me, indossa un paio d'occhiali tondi e vintage, mi parla delle sue idee. Ci sediamo al Caffè Italia a prendere un caffè. E' di Casteltermini, gli chiedo cos'ha provato entrando a Favara, cosa ne pensa e cosa ne farebbe, dal punto di vista architettonico s'intende. Si ferma a riflettere, serio ma con un mezzo sorriso ottimista disegnato sull'espressione giovane. Mi risponde che Favara è potenzialmente bella, che è triste vedere certe brutali manifestazioni come il centro abbandonato e vuoto, il manto stradale divelto in molti punti - tematiche che ci stanno particolarmente a cuore e che ce lo strappano - e poi dice una cosa, una cosa che mi rattrista ma che devo constatare vera, dice: Favara è grigia.Favara è grigia. Annuisco, consapevole e un po' angosciata. Quest'affermazione però all'improvviso appare assolutamente utile e motivante, illuminante. Traduco <Favara è grigia> nel nostro linguaggio, che è quello della produttività e della creazione, in <Favara ha bisogno di colore.>
Colore, precisamente quello che stiamo portando noi col nostro lavoro. E mi scorrono davanti felici lo spartitraffico arcobaleno, le pareti e gli interni della Farm, il drappo viola di Guerrera, i mattoncini rosa shocking, l'Anno dell'Arcobaleno, lo Strisciart in via Zanella, e tanti altri segnali colorati sparsi per il centro.
<Siamo sulla strada giusta>, dico tra me e me, sommessamente felice. Ivan non m'ha sentito e se l'ha fatto avrà concordato.

Ieri il Castello era trafficato e vissuto, anche s'era domenica pomeriggio e la gente ha voglia di mare.
La Corte costellata di magliette gialle dei partecipanti al workshop Giardini in Campo, cominciato ieri e che si concluderà il 16 giugno. Il workshop prevede un intervento significativo nell'arioso giardino del Castello, sul quale vi aggiornerò nella sezione, di cui sopra, #fundiary della fan page di FUN.

Concludo questa pagina di diario di bordo con un ringraziamento.
Il 7 Giugno ho compiuto 24 anni. Alla mezza s'è stappato tutti insieme alla Caffetteria Bottone. Gli amici di una vita, i nuovissimi affetti cresciuti rapidamente. Molti abbracci e telefonate. Una colazione con super-torta millefoglie alla crema chantilly e fragoline, dolcissimo regalo dei Dinamici.
Venerdì sera però è successo qualcosa di veramente bello e importante, cose che per un <romantico rottame> come direbbe Guccini, quale io sono, rappresenta un tuffo al cuore di proporzioni notevoli: una festa a sorpresa nel giardino di Farm Cultural Park. Un grande collage fotografico con tutto il mio percorso FUN mi ha accolto all'ingresso e poi fuori - tra luci bianche, fiori rossi e specchi incantati - ad aspettarmi loro, tutti loro con la mia mamma e il mio papà. E' facile raccontarvi cosa facciamo, ma le parole stavolta non possono bastarmi nè venirmi in aiuto per spiegare l'emozione provata alla vista di un gruppo così  raccolto di gente felice per me. Ringrazio Andrea e Florinda Bartoli che hanno reso possibile questa festa magnifica nella loro casa Farm, la mia mamma - che vi ha assillato tutti di telefonate - gli amici di sempre, quelli che resistono nonostante la mia distrazione e la trascuratezza di cui qualche volta sono colpevole, i fratelli di AccaMedia che regalandomi una stilografica hanno carburato la mia voglia di scrivere, e infine i FUN, quelli che tra una passata di colla e un'altra rendono i miei giorni pieni e felici, quelli che condividono quest'ansia per l'apertura del Castello perchè, ricordate, abbiamo un grande WOW! da tirarvi fuori, quelli che mi odiano amorevolmente per i miei scatti inaspettati e subitaneamente caricati sul #fundiary, rendendoli visibili in mondovisione nelle loro vesti da lavoro e con i capelli malmessi, quelli che sono belli, belli sempre soprattutto nel cuore. Grazie grazie grazie, vi voglio sinceramente bene.

Adesso direi che è arrivato il momento di chiudere questo diario, e andare a costruire qualche sedia e nuovo ricordo da raccontarvi.
Seguiteci.





mercoledì 5 giugno 2013

#fundiary - un sostanzioso post sul meno 24.

ore 17.30

Sono al Castello, nella grande sala al piano superiore, con la tavolata ovale intorno alla quale ci sediamo ogni lunedì pomeriggio noi del F.U.N., per ragionare sulla gestione del lavoro.
Torno da un bel giro al mare, ho preso un caffè calmissimo e ho analizzato con lo sguardo ogni singola duna, o manifestazione della Natura perchè è a lei che vogliamo tornare, ogni filo d'erba; un bagno nel Creato.
Tengo sempre un'agenda in borsa, quando non c'è lei, c'è il cellulare. Ho appuntato due o tre visioni:

<<Dovrei essere già al Castello, ma avevo bisogno di sentire il Capo da qualche parte oggi.
Così mi sono messa in macchina e sono andata a prendere un buon caffè da Totò, perchè -a parte che è davvero buono- la famiglia è sempre la prima cosa. Sono risalita in macchina e giù le curve, curve verdissime, una dopo l'altra, belle da non vedere le strade divelte, così belle da non vedere nient'altro. Guido piano, alzo gli occhi e una collina verde carico mi si apre davanti, puntellata d'alberi e sole, raggi infiniti fra gli aghi di pino, auto in corsa come frecce nel vento di Giugno. Dopodomani è il mio compleanno. Uccelli s'inseguono neri e sorridenti - me l'immagino sorridere - vanno al mare. Sono al mare adesso e il muretto non c'è più, i pescatori sempre però. Non demordono, sanno che per questa pazienza di tenere la canna saranno ripagati, dal fondo qualcosa sale sempre. L'azzurro è una tavola, sia sotto che sopra, una sinfonia di tranquille onde stupra delicatamente questo silenzio perfetto. Immobile. La sabbia è bianchissima, compatta, invidiabile. Fiori, fichidindia, grano mi afferrano per i capelli, m'implorano di restare e lottare. Il muretto del mio primo bacio anche lui crollato come biscotto. Sono a casa, al sicuro, Cannatello, i suoi profumi maleodoranti, la sua sporchissima poesia. 
Ok, Capo, ho capito cosa vuoi dirmi: la felicità è un processo naturale. Come l'Amore.
Grazie, torno a Favara.>>

Da quando lavoriamo al Castello, la mia visione del mondo - inteso come aspetto squisitamente materiale - è del tutto cambiata: è clinica, seziona la matrice estetica di ogni creazione architettonica presente sul territorio sul quale viaggio. Un continuo scandaglio delle forme, delle simmetrie e delle armonie mancanti. Fino ad ora, mi sono risposta che sì, solo in Natura tutto trova una collocazione perfettamente intonata col resto, è per questo che si dovrebbe prestarle più attenzione. Seguire la sua impronta.
Dicevo, sono nella grande sala e butto gli occhi in alto, su una finestra piccola ma carica di luce bianca tardo-pomeridiana; le pareti chiare del Castello salgono alte e sicure, ci guardano lavorare silenziose. Il Medioevo delle forme mi risucchia per qualche minuto, poi torno al presente.
Fra un'ora circa gli studenti della Facoltà di Architettura dell'Università di Agrigento vengono a presentare i loro progetti per F.U.N., seguiti dal professore Giuseppe Guerrera e dall'architetto Lillo Giglia - che ormai è il nostro amico Lillo, compagno di fatiche.

ore 18.30

La Squadra molla cartone e colla, ci raduniamo tutti serissimi nella Sala del Collare.
C'è un grande tavolo sul quale sono posizionati i plastici dei progetti. Passo a salutare i ragazzi, scambiamo quattro chiacchiere, li conosco un po' prima della presentazione ufficiale. Sono tesi, motivati, energici. Gli chiedo di raccontarmi come hanno agito, a cosa hanno pensato per buttare giù le idee. Hanno elaborato tutto in tempi ristretti, dico che per me i tempi ristretti stimolano al massimo la creatività - ripenso, in verità a quel laboratorio di scrittura creativa fatto all'Università che ci obbligava a scrivere un pezzo guardando una foto in dieci miseri minuti, risultato: la storia migliore mai scritta in vita mia - dicevo, parlo coi ragazzi, mi piacciono.
Comincia la presentazione vera, davanti la commissione composta da Andrea Bartoli, Leonardo Pitruzzella, l'architetto Gianni Di Matteo e il professore architetto Michele Sbacchi.
Il primo, il secondo progetto e così via fino all'ultimo. Una carrellata di vibrazioni e colore. Non invidio la commissione che dovrà sceglierne solo uno: sono tutti molto d'impatto, ma realizzarli tutti non si può.
Nessuno degli studenti - o quasi - è Favarese, mi sorprende la passione e il coinvolgimento con cui parlano di Favara e F.U.N. Ne parlano con la serietà e il rispetto di chi sta analizzando scientificamente un fenomeno storico, di cui noi da dentro - penso - non riusciamo a quantificare la portata, non riusciamo a percepirla.
Oggi ho preso consapevolezza del fatto che il nostro lavoro è oggetto di studi, idee, notti insonni di studenti come me: io perdo le notti sui manoscritti di Leopardi (oltre che su tutto questo) , loro su F.U.N.  e il Castello, vedendo nel singolo progetto la proiezione futura della loro sfera professionale. In loro, mentre espongono e parlano di materiali e disegni, rivedo la mia ansia di far bene e arrivare all'obiettivo.
Tutto questo mi riempie di motivazione e stima, vorrei ringraziarli e spero che qualcuno di loro leggerà questo: ragazzi grazie. Mentre la Commissione si riunisce per deliberare, sto sulla Corte con alcuni di loro e Adriana Bacchi, vice-presidente di Favara Urban Network. Parlo con Morena e Isabella, mi complimento per le loro idee, sono stanche ma sorridono, così come noi. 

La Commissione ha deciso; Andrea ci comunica il responso: il progetto scelto è Playing with art di Luigi Vinciguerra, Bernardo Rogato e Pietro Verdina. La proposta consiste nella realizzazione di un mega-puzzle di tasselli cartonati sparsi per Piazza Cavour e in altri angoli di Favara nella giornata del 29 Giugno, giorno dell'apertura del Castello. Saranno realizzati dei mattoncini - utilizzando il cartone col quale stiamo già lavorando da settimane - e sui quali verranno scritti dei pensieri, frasi, slogan, che facciano venir voglia di prenderli e metterli sul comodino una volta tornati a casa, la sera. I ragazzi sono soddisfatti, e anche noi lo siamo. Ore 19.30 - chiusura del Castello Mi fermo sull'uscio, l'aria è fresca, il tramonto arriva silenzioso e pudico; non vuole disturbare. Qualche auto costeggia Piazza Cavour, un alito di vento mi sposta i capelli senza scombinarli. Aspetto il professore Guerrera e l'architetto Giglia, il primo per conoscerlo e capire, il secondo per capire e una birra insieme al Caffè Italia. Il professore architetto Giuseppe Guerrera sta progettando la Corte del Castello. Adesso, se scegliessi di descrivervi per filo e per segno ciò che vedrete il 29 Giugno entrando al Castello, bè, il gusto ve lo toglierei. Un po' come i film, presentati mesi prima in forma sincopata in mini-clip di pochi minuti di trailer, stando bene attenti a non spoilerare il finale; loro della cinematografia lo fanno per marketing, noi lo facciamo per non rovinarvi l'effetto sorpresa, che è ciò su cui puntiamo tutto per l'inaugurazione che ci aspetta. Il professore è un uomo composto, compiuto, pragmatico. Mi spiega come sarà adoperato il legno giallo che vi posto da giorni sulla pagina Facebook di Favara Urban Network. Alterna momenti di serena discorsività tecnica, a momenti di commossa coscienza storica. Mi sento di sorridergli in segno di condivisione, accompagnando il mio sorriso con un cenno della testa affermativo. Mi spiega che per dare vita alla progettazione del Castello dei Chiaramonte di Favara, ha tenuto conto dell'impiego passato delle Sale, dell'uso originario al fine della prigionia, e tutta la sua breve lectio architettonica mi appare incredibilmente umana, viva, sincera, attraversata da un senso di estrema Bellezza che non si manifesta in tutta libertà, frenato da quella coscienza storica che solo l'uomo in quanto uomo può compartecipare. Un'intensa risonanza di cromatismi, simboli, materiali, materia traduce il suo sentire in progetto, idea, creazione. Mentre mi parla penso che è una grande fortuna averlo tra di noi, a Favara. Un doppio ritorno alle radici, è poi il secondo binario del nostro breve viaggio: la terra come fonte primordiale di sostentamento e creazione. <Ma chi sa coltivarla adesso la terra?>, dice conclusivo ma non disfattista, anzi velatamente positivo nel coniugare questa necessità di ritorno alle radici col nostro concetto di agricoltura all'interno del maniero. <Chi l'aveva mai fatto? Agricoltura dentro un Castello?>, sorride compiaciuto. <E' vero.>, gli faccio io riflettendo sulla plausibilità totale della sua affermazione. A questo punto penso non sia affatto un caso ch'io abbia proprio riflettuto su questo nel mio caffè ante-pomeridiano, ma non posso dirglielo, è solo l'ennesima vacanza del mio pensiero di cui non posso renderlo partecipe se non con la lettura - che spero farà - di tutto questo. Saluto il professore Guerrera stringendogli la mano, non con una stretta di circostanza, ma una stretta di gratitudine, positiva, convinta. Lillo si ferma, mi chiede, parliamo. Mi complimento per la grinta dei suoi studenti e gli chiedo cosa pensa del progetto vincitore. Mi sorride amichevole, come sempre fa, e tira fuori una metafora felice e coinvolgente. Dice che quei mattoncini - quelli che faranno in cartone con le frasi sopra, sì - sono un po' come noi, gente di qua che si sta muovendo. Quei mattoncini presi singolarmente avranno un senso parziale, ma solo aggregati costituiscono una grande e bella immagine. Così i Favaresi devono riconoscersi in un'unica grande comunità in crescita verso quello che lui ama definire avanzamento culturale. Lillo Giglia è un architetto multi-tasking, il tempo che intercorre tra un progetto pensato e un progetto creato con lui è inesistente. L'ho visto più volte in azione, con quella sua maniera brillante, pensata, accesa, di credere in quel che fa. Oggi, quando parlavamo degli studenti di Architettura, leggevo nei suoi occhi quell'ottimismo e quella fiducia di un padre ch'è fiero dei figli e di come vanno bene a scuola. E noi di F.U.N. siamo fieri di lui.

Ore 23.42

La mia giornata volge al termine. Voglio lasciarvi con una bella dedica di Fabio Bruccoleri, 

quasi avvocato impegnato nel rilancio del Castello e di Favara. Colgo l'occasione per ringraziarlo d'essere tornato nella sua casa, nei suoi luoghi, e per amarli con la stessa forza di tutti noi, il nostro collante. Ho rubato le parole che seguono dalla sua timeline di Facebook e ve le consegno quì, così, lasciandole intatte:

Su questo colle sorge una città. L'abbandonai tanti anni fa per svariate ragioni, forse alcune veramente futili, ma l'abbandonai! Non sentivo più senso appartenenza. (Anche se al <di dove sei?> , quesito fattomi da persone proveniente anche da molto lontano, ho sempre risposto sinceramente) Qualche tempo fa lasciai la città dove frequentavo l'università, Palermo, per tornare nella mia provincia di appartenenza. Abito a San Leone, ho amici, anche Fraterni, ad Agrigento ma nonostante tutto ció che di bello Akragas mi abbia potuto dare e mi darà (ed è veramente tanto, tantissimo) qualcosa non andava. Sentivo la mancanza di un nonsocchè. Poco più di un mese fa fui contagiato dalla passione per il cambiamento che stava avvenendo nella città "abbandonata" di una -ai tempi conoscente, ma ora- cara amica. Le cose più belle, è risaputo, accadono sempre per caso. Annoiato dallo studio, prendo l'iPad, apro Facebook e leggo il primo post in ordine cronologico. Era proprio di quest'amica, me cumpari Valentina, e trattava di un'iniziativa per adottare delle aiuole. Noto qualcosa di strano: è un bellissimo progetto proprio nella città che abbandonai , quella che se ne parlava sempre male ai TG, anche nazionali. Mi interesso ai post di Vale, appena vedo il suo nome nella Timeline divoro le sue parole condivise nel mondo virtuale (gna pó, cosi giusti, scrive divinamente). Tempo dopo, sempre per caso, trovo come primo un suo post in cui si fa riferimento a riunione-giovani-cambiamento-progetto, guardo la lista contatti nella chat e trovo il pallino verde accanto al suo nome. Senza pensarci due volte, pur non avendo avuto mai tanta confidenza, le scrivo che trovo magnifico tutto quello che sta facendo e le chiedo se alla prossima riunione avessi potuto partecipare anche io. Mi risponde immediatamente ringraziandomi per le belle parole e dopo un "Certo che puoi venire", grande come il mondo, chiudiamo la conversazione con la sua promessa di indicarmi luogo,data e ora della prossima riunione. Qualche giorno dopo mi fa sapere che avverrà il 2 Maggio alla FARM alle ore 16... Arriva il fatidico giorno, prendo la moto, ed all'orario stabilito arrivo al FARM CULTURAL PARK. (Primo positivo shock...non c'ero mai stato) Entro nella Sala Nera e vedo tanti ragazzi attorno ad un fantastico tavolo imbandito da PCs e fogli di carta. Saluto qualche conoscente e subito dopo poggio me stesso ed il casco su di uno scalino. Osservo i presenti senza proferire parola ed ascolto con attenzione cosa e come lo dicono. Arriva sempre più gente, tanta gente, devo spostare il casco per far passare e sedere i nuovi arrivati  . La situazione è veramente piacevole e stimolante.
Oggi,04/06/2013, ho un pensiero fisso nella mente, ed è il seguente:<< macuminchiamilaviaddiri che con queste persone avrei trascorso tutte le mie giornate (anche tramite chat di FB "a tempesta"), che avrei trovato Vita, che mi sarei ritrovato a fare l'imbianchino, ad essere socio fondatore dell'associazione nata qualche tempo dopo, FUN, a scaricare un tir carico di cartone, a fare spot, video, foto, regolamenti, cercare idee artistiche, incollare, tagliare, organizzare serate, condividere eventi, vendere ticket, stare giornate sane in piazza tra castello e caffè Italia, incazzarmi per chi non arriva a capire il significato di innovazione e cambiamento, girare di notte alla ricerca di una location per un video, portare cari amici da altre città, e tanto, ma tanto tanto tanto altro ancora...>>
Ecco, ora ho capito cosa mancava, cosa non andava. Sono stato troppo tempo lontano da quella che oggi posso considerare a pieno titolo la MIA Città. Lei mi appartiene ed io a Lei. Adoro Favara, adoro FUN!
Sono Tornato a Casa! Ho trovato "Casa"!





Dunque bentornato. Buonanotte.