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domenica 16 giugno 2013

#fundiary - vi racconto Giardini in Campo al Castello

Qualche mese fa, il mio amico Emanuele - assessore al verde pubblico del comune di Favara - mi inviò una foto scattata col cellulare, in diretta dal Giardino del Castello. La foto raffigura un ammasso di erbe alte, stecchi di legno, rami secchi, vasi capovolti a testa in giù e vuoti, terra incolta e un degrado così disarmante da far venire voglia di prendere un piccone o andare a estirpare tutto a mani nude, armati solo di rabbia. Era una di quelle manifestazioni di lascivia umana e noia secolare, che fanno scuotere la testa in segno di un <mah.> rassegnato e triste, e totale sfiducia nei confronti di chi avrebbe potuto e non ha fatto nulla per farlo rivivere, a parte chiuderlo e coprire le macerie, come si fa con la polvere e le briciole in sala da pranzo, che le casalinghe meno attive buttano sotto bei tappeti persiani, quando ci sono ospiti in arrivo o qualcuno citofona inaspettatamente.
Poi è arrivata F.U.N., e qualcosa è cambiato.

Come i lettori più affezionati sapranno, ormai è più di un mese che lavoriamo alla riqualificazione artistica del Castello Chiaramonte, con un'azione immediata che tramite l'utilizzo di una grande fornitura di listoni di cartone ci ha permesso di costruire numerose sedute e strutture ricreative che adesso arredano le Sale del Castello.
Un altro importante intervento è stato portato avanti nel Giardino, con un Workshop in collaborazione con la facoltà di Architettura dell'Università di Agrigento e la prof. architetto Fausta Occhipinti.
I partecipanti sono numerosi e riempiono il castello con le loro magliette giallo sgargiante col logo di Giardini in Campo stampato sul petto. Ogni tanto abbandono i ragazzi di F.U.N, che al piano superiore progettano e creano, e scendo giù nella Sala del Collare che trovo piena di tavoli da lavoro, macchine da cucire, fogli da disegno e ragazzi iperattivi. Uno di loro è Giorgio Tollot, è alto, slanciato, ha un bel viso e dei ricci ordinati e chiari sulla testa. Lavora a delle borse di stoffa che diventeranno uno dei gadget in vendita per finanziare Favara Urban Network. E' di Belluno, il suo accento stona in modo netto col mio, con le mie cadenze che raddoppiano ogni consonante e aspirano ogni dentale. Però ci sorridiamo e mi racconta che lui a Belluno lavora nella moda, e che è un appassionato lo si capisce dallo stile e dal portamento elegante.
Il giorno dopo vado, con Fausta e un gruppo di suoi studenti, a visitare l'Azienda Agricola Vita, di proprietà della famiglia del mio amico Emanuele di cui sopra, che fra le altre cose è un bravo agronomo.
Siamo venuti a scegliere le erbe e le piante da coltivare nel Giardino del Castello.
Arriviamo che sono le quattro e mezzo del pomeriggio, fa caldo ma non tanto da soffrirlo. Scendiamo dalle auto e cominciamo l'escursione tra campi e vigne. Mi fermo, allontanandomi dal gruppo, nel punto più aperto e ventoso, quello da cui si padroneggia l'immensa estesa di grano giallo, che m'incanta e rilassa gli occhi.
In lontananza scorgo la figura del padre di Emanuele, il signor Vita, che lavora lui stesso la terra. Nei padri che lavorano leggo sempre i più alti picchi di poesia che un uomo possa sperimentare. E' sorridente suo padre, e viene a salutarci cordiale e grande, nella forma e nel cuore. E' uno di quei Favaresi che ha regalato innovazione e futuro a Favara, esportandola coi suoi prodotti e la qualità nel mondo. Vorrei ringraziarlo e dirgli che a dodici anni, quando l'ho sentito parlare del nostro paese a UnoMattina, ho seguito tutta la puntata e, insomma, è stato bello.
Entriamo nelle vigne calde, odoriamo l'uva, poi ci spostiamo e c'è la zucchina nostra con le foglie ampie e morbide che sembrano cotone, i pomodorini verdi e dolci, alcuni per terra sulla terra, gli umori delle radici che arrivano piacevolmente molesti alle nostre narici, l'aria estiva che si fa fresca al crepuscolo, un saluto collettivo, le tecniche innovative di coltivazione, le storie e la soddisfazione di Emanuele quando ci racconta la fatica e i mercati europei. Fra noi c'è Alfred il Californiano, non conosco il suo cognome ma è venuto direttamente dalla California per aiutarci, col workshop, con le sue conoscenze approfondite in tema di permacoltura. Alfred ed Emanuele conversano in spagnolo, poi parla con noi in inglese o francese. Che portento.
Al Castello intanto continuano i lavori. I ragazzi di Giardini in Campo picconano sotto il sole, piantano, inchiodano, disegnano, cuciono e alla chiusura si concedono una partita a calcio improvvisata con noi di F.U.N. o un aperitivo al Caffè Italia, che affollano rumorosi e stanchi.

Oggi è la giornata conclusiva del workshop Giardini in Campo.
Entrando al Castello questa mattina ho respirato frenesia e laboriosità. Filippo e Adriana hanno contribuito in maniera notevole ai lavori del Giardino oggi, io esco fuori a seguire i lavori e scendo giù nel Giardino. Adesso non è più coperto, il muro che lo separava dall'esterno è stato buttato giù questa settimana, così da garantire un accesso - anche solo visivo - esterno ai visitatori.
<Cavolo, sei proprio bello adesso.>, gli dico con affetto, butto per caso gli occhi in alto e la mia vista è presa per intero da un'immagine straordinariamente grande e bella: una delle facciate del Castello vista dal basso: quell'altissima visione mi si butta addosso come un sogno che mi spinge al suolo dei pensieri, e un pochettino più in basso. L'imponenza del Castello mi fa sentire piccola e grande a un tempo, mi  schiaccia per dimensioni e mi innalza per gratitudine. E' un momento nostro, del Castello e mio. Del Castello  e di qualunque altro membro di Favara Urban Network che abbia lavorato attivamente in quest'impresa. Risalgo sulla Corte e incontro una coppia di Roma, lei è venuta in vacanza a trovare lui che partecipa al workshop, si chiama Matteo. <Matteo - gli chiedo - come ci sei arrivato a Favara? Sapevi della sua esistenza?>
Risponde con un'espressione di genuina simpatia disegnata sul volto, dice che aveva sentito parlare di Favara come una piccola cittadina nei pressi di Agrigento ma che Boh, chissà cos'è. E invece adesso eccolo lì, appassionato di architettura di paesaggi e giardini, a prendere parte ad un corso di una settimana su come lavorare un giardino squallido e farlo diventare bellissimo, a Favara, ridente cittadina collinare nei pressi di Agrigento. E adesso non vedo l'ora che vediate coi vostri occhi cos'è il Giardino, come sono state sistemate le piante e le erbe scelte all'azienda Vita, come è stata raccolta la terra e quale linea artistica si è utilizzata per questo nuovo coloratissimo vestito che gli abbiamo regalato con amore.

A Favara non avevo mai visto altro che Favaresi, al massimo qualche Agrigentino passato per caso o perchè ha sbagliato strada per andare a Canicattì, e in questo mese ho visto turisti biondi coi calzoni corti in Piazza, ho conosciuto un Californiano, un Bellunese, un Romano e tanti del Nord.
Voi che dite, cosa ci possiamo aspettare dal 29 in poi? Io dico: tanta roba.

Ah, dimenticavo, per vedere le foto che il mio amico Emanuele adesso m'invia su Whatsapp, diventate fan della pagina Facebook Favara Urban Network. Saranno tutte pubblicate nella sezione #fundiary.
A presto.

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