E tu sei il numero:

mercoledì 21 marzo 2018

Il 21 a primavera.

All'università, quando avevo un esame di mercoledì, mi sentivo al sicuro.
Mia nonna Mela, devotissima di San Giuseppe, mi diceva puntualmente: 'a mamma, 'u merculi di San Gisippuzzu, stai contenta. Questo, negli anni, ha rafforzato la mia sicurezza nel successo degli eventi che cadono a metà settimana, potendo godere della protezione del papà di Gesù in persona.
Ogni volta, prima di un'ecografia, mi sento esattamente come prima di un esame universitario: la certezza di aver fatto il possibile per non ostacolare l'esito positivo, mista alla consapevolezza che, in ogni caso, è sempre una questione di culo. Un libretto come una cartella medica, diventare mamma come laurearsi: mi sento uguale.
La gravidanza è una corsa ad ostacoli: se l'affronti preparata salti senza problemi, se l'affronti senza l'adeguata preparazione t'accappotti., così mi ha detto l'altro giorno il mio medico curante Carmelo, provando a convincermi del fatto che, essendo tutto super monitorato, è difficile che qualcosa sfugga. Ma io, al fatto che qualcosa possa sfuggire, ci penso sempre, e anche se lui mi cataloga come mammifero e pertanto predisposta al parto per mia stessa natura, l'ansia non la posso far fuori stamattina.
Zenzero mi coccola, addormentato fra le mie gambe, come una ciambella bicolore. Ogni tanto strofina il muso morbido sulla mia pancia ogni giorno un poco più tonda, e mi pare di capire che ci sia una comunicazione in atto, uno scambio di informazioni tra fratelli. Sì, è così che li penso: fratelli.
Mi sento di confermare anche stavolta che Google è il peggior nemico delle mamme in attesa, e di aggiungere il dettaglio che, anche quando le nausee sembrano sparite del tutto, possono ripresentarsi quando meno te l'aspetti. Tipo mentre dormi, hai gli occhi chiusi e non fai in tempo ad arrivare al bagno.
Ho tutta la discografia di Lucio Dalla da dedicare a Fillino questa mattina, ad effetto camomilla per me; chissà che faccia hai, chissà che cosa sei. Una cosa è sicura: tu non mi basti mai.
Se nonna Mela fosse qui ancora, io la chiamerei e adesso, anziché scrivere, sarei al telefono con lei a farmi spiegare come si fanno sette figli, a farmi persuadere che i bambini lo sanno come sistemarsi comodi là dentro. Sanno come viaggiare. E come prima di ogni esame mi direbbe di chiudere i libri, farmi una doccia e uscire a prendere una boccata d'aria. A mangiare un gelato.
Nel frattempo è uscito il sole, aggressivo contro queste nuvole nere che accolgono male la primavera (ed è anche l'onomastico di mio papà!) perché si sa: a San Benedetto, la rondine è sul tetto.
Vorrei già averti tra le mie braccia, poter dire: ce l'abbiamo fatta. Ma è ancora tempo di guardarti da fuori e sognarti, lasciarti nuotare e pregare che nel tuo stile a ranocchia bambina te la cavi bene, che porti a casa almeno un bronzo.
Gli appuntamenti con te sono gli esami della vita mia, amore.

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