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mercoledì 5 febbraio 2014

Polifemo su MTV, la mia vita di un anno.

Ho appena visto la puntata di Polifemo andata ieri sera in onda su MTV.
L'ho vista in streaming perchè non ho mai tempo di guardare le cose che voglio in tv, per fortuna la rete ti garantisce di poter vedere quello che vuoi quando vuoi, anche se sei una studentessa lavoratrice che non può programmare un caffè al bar (ma è felice così).

In questa puntata s'è parlato di makers.
Sono sincera, mi sono commossa. Sono tornata indietro all'estate, quando per la prima volta ho stretto la mano a David, sulla spiaggia di Giallonardo. E' arrivato da Catania con la sua auto e l'ho ricevuto in Piazza, a Favara, poi l'ho portato al mare. Abbiamo pranzato coi fagottini del Bar Fantasy di Porto Empedocle (che non mi paga per questa pubblicità, anzi se mi stai leggendo signor proprietario del Bar Fantasy: complimenti e grazie per gli orgasmi multipli che mi regali coi prodotti delle tue cucine), e poi gli ho fatto vedere Farm.
David l'ho conosciuto grazie a Laura. David e Laura sono due ragazzi del WCAP Catania, sono dei makers, e quando abbiamo parlato e ho raccontato loro quello che facevo m'hanno detto che sono una maker pure io, e io non lo sapevo. Un maker è una persona che fa, qualsiasi cosa - non importa cosa - ma la fa portando innovazione, dal basso, al mondo.
David m'ha parlato di stampanti 3D e io non ne avevo mai sentito parlare neppure per sbaglio, mi sono sentita abbastanza scema ma è un tipo simpatico e paziente, e ha fugato presto ogni dubbio. Con le stampanti 3D si può creare tutto, e quando dico tutto, è veramente tutto.
Nella puntata di Polifemo che ho visto oggi ( http://ondemand.mtv.it/serie-tv/polifemo-quello-che-nessuno-ti-fa-vedere/s01/polifemo-quello-che-nessuno-ti-fa-vedere-s01e02-il-futuro-fatto-in-casa ) è chiaro come qualsiasi oggetto, o forma pensabile, possa essere realizzato tramite una macchina collegata ad un pc, anche mezzo scrauso come quello da cui vi scrivo. Questo tipo di produzione è applicabile ad ogni ambito: moda, musica, oggettistica varia, ma quello che m'ha attratto di più è il campo medico. Sono già state prodotte ed utilizzate protesi funzionanti e le prospettive, lontane ma reali, fanno pensare addirittura alla produzione di organi del corpo umano. Con una macchina e un pc.

Nella stessa puntata fra l'altro, tra i vari giovani intervistati a raccontare la loro esperienza, alla fine ho visto Francesco. Francesco è un mio amico, è un architetto e lavora a Roma. E' un bravo designer - un po' meno bravo a preparare la  pasta col tonno - e con il suo team di City Vision, crea elementi di design di altissima qualità, la cui creazione è resa semplice e veloce grazie alle nuove tecniche di stampa e messa in opera digitale.

Ho rivissuto il mio ultimo anno di lavoro e di vita a Favara.
Nell'ultimo anno il fenomeno delle startup è cresciuto e ci venuto a trovare spesso in Farm, sotto molte forme, con molti aspetti diversi. Anche il mio lavoro al salone è stato travolto dallo stesso sentimento. C'è un ragazzo con una nuova idea d'impresa da applicare all'azienda di famiglia: una parrucchieria. Mi assume come visual merchandiser, mi spiega cosa fare, di cosa necessita la sua attività (una maggiore comunicazione esterna) e io lo faccio. I make. 
L'altro giorno - non credo nelle casualità - esco fuori a prendere una boccata d'aria e trovo Peppe Sirchia - del quale trovate ampia documentazione carrieristica e affettiva in questo blog - intento a grattare grattini da parcheggio per la sua auto, ferma proprio davanti l'ingresso del salone.
Peppe, ma ti ricordi il Canciamula day? Il makers meet makers fatto alla Farm a Settembre?

Come faceva a non ricordarsi? Dodici ore in cui le startup siciliane, per volere di Andrea Bartoli, si sono fiondate a Favara e si sono raccontate. C'era anche una stampante 3D in azione che buttava fuori giochini e facce simpatiche in plastica calda e appena stampata.
Sono ritornata indietro perchè nell'ultimo anno ho imparato cosa sono i Fab Lab, cos'è la Maker Faire, chi è Riccardo Luna - che per chi se lo fosse scordato, siamo riusciti a farlo passare in questo sobborgo dimenticato da Dio ma che a qualcuno comincia a stare a cuore - e ho imparato che le cose sono possibili. Difficili sì, sempre, ma possibili. Ho imparato che i ventenni italiani non hanno la stessa facilità di Steve Jobs nel poter sviluppare un'idea, ma quello che conta è che quell'idea ce l'abbiano - e vi assicuro che ne ho sentite di pazzesche - e che anch'io, dalla mia stanza arancione e umida - sono ancora fermamente convinta che un giorno taglieremo i nastri del mio caffè-libreria nel centro di Favara. Quello che conta è anche che qualcuno ci dica semplicemente: coraggio. Io ce l'ho ed è grazie a lui se adesso posso raccontarvi tutto questo con lo stesso sorriso di un anno fa, quando scegliere di non fare nulla era l'opzione più quotata. Oggi ho un lavoro, quasi una laurea, tante donne che mi ronzano intorno per prendere appuntamenti, e un abbonamento a Wired - insolito per un salone di bellezza - ma attivo, che prenderà il posto dei rotocalchi e delle riviste religiose, tanto care alle clienti.

Voglio ringraziare dunque delle persone: Andrea Bartoli e Florinda  Saieva, Gianni Di Matteo, Peppe Sirchia, Antonio Perdichizzi, David Montenegro, Laura Ginex e tutti gli startuppers siciliani, Riccardo Luna (che non mi leggerà e dunque non saprà), Calogero Castellana, Francesco Lipari e chiunque abbia ancora il coraggio e il desiderio di sognare un'idea che cammina sui suoi piedi, un'idea che abbia forza, corpo, contatto col mondo.
E che lo salvi.