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sabato 19 novembre 2016

Granofino: work in progress e qualche curiosità

Cos'è Granofino?

O meglio cosa sarà. Un nuovo ristorante, che aprirà al pubblico a Dicembre. Si trova al Villaggio Mosè, frazione della Città dei Templi, a pochissimi metri dalla Valle (quasi abbracciato dalla Valle, in realtà) e situato in un punto di snodo commerciale di incredibile movimento.
Per il momento è scenario di operosità da parte dello staff che sta creando, letteralmente, il ristorante da zero: dal design all'esposizione del cibo, dal menù al singolo tavolo, ogni cosa vuole essere innovazione, qualità, colore e soprattutto ricerca di bellezza.

Cosa si mangerà?

Il nome stesso rivela già qualcosa rispetto agli elementi culinari che sono stati inseriti nel menù. Alla base di tutto c'è il grano (o per essere più precisi, i grani) dunque la pasta fresca, il pane prodotto in casa e la pizza a lunga lievitazione naturale sono sicuramente i punti fermi di Granofino. Ogni accompagnamento dei piatti sarà rigorosamente a km0, bio e realizzato pezzo per pezzo, uno ad uno, con infinito amore per il cliente. No al surgelato, no ai banchi del supermercato. I salumi, le carni e ogni condimento - comprese le salse - saranno risultato del lavoro dello chef e della sua crew di cucina, armata di coltello, padelle, friggitrici, forni e fornelli.

Oltre il cibo, cosa offre?

Un lounge bar che regalerà momenti di squisito relax prima di cena, con un aperitivo, e dopo cena con una vasta scelta di cocktail e amari. Una fornita cantina e una selezione di birre artigianali, andranno a nozze con i ricercati taglieri di Granofino. In qualsiasi momento della giornata, il personale di sala, di cucina e del bar, saranno pronti ad accogliervi per un pranzo succulento, un break veloce o un drink con gli amici dopo il lavoro. Per le cene poi, potrete fare le vostre richieste se avete un'occasione speciale o una serata da festeggiare: sapranno creare per voi un'esperienza che non resterà solo un ricordo, ma un momento da ripetere.

La pizza Granofino è frutto di una ricerca tesa a migliorare la qualità dell'impasto e dei condimenti, sempre. Quante volte vi è capitato di mangiare una pizza per poi digerirla il giorno dopo? Ecco. La lunga lievitazione, il naturale riposo dell'impasto, garantiranno come risultato una pizza soffice, friabile e da godere fino in fondo.
E poi la pasta prodotta live, la panificazione, l'hamburgeria gourmet e la produzione casearia siciliana, e non solo.

Ne vedrete delle belle. Anzi, ne assaggerete delle buone.

giovedì 17 novembre 2016

Il test e le donne: tutto quello che pensiamo e nessuno dice mai

Mezz'ora.

Mezz'ora seduta sulla tazza del cesso in attesa che arrivasse quella goccia di pipì. Lo stick in mano, col coperchio serrato. Se ci finisce un granello di polvere può essere che il risultato cambia, penso. Allora lo tengo in mano stretto, e lo fisso, cercando di settare il cervello su un flusso modesto di urina, ma che esca presto, se no questo coso scade. Come se avesse scadenza in dieci minuti, logico. Ho bevuto due litri d'acqua. Di solito, durante la mattinata scappo in bagno ogni mezz'ora, sono così, per fisiologia: una pisciarella, una vescica debole. Ma oggi niente, perchè. Apro il rubinetto e lascio scorrere l'acqua, metodo certificato 100% since 1989, e aspetto, fino a ridurre a zero le riserve idriche condominiali. Ma ancora lei non arriva. Come il ciclo, che sarebbe dovuto arrivare una settimana fa, e invece eccoci qui: con un test di gravidanza in mano, la testa che scoppia e due reni che non sembrano voler collaborare.

Ma sarà negativo figurati. E' sempre così.
Lo stress emotivo, la vita frenetica, la dieta e le ovaie che vanno in letargo: tipico. Sarà negativo e anche stavolta avrò speso dieci euro così, per essere più sicura.
Entro in farmacia. Dalla strada vedo l'insegna verde lampeggiante: che faccio, mi fermo o no? Ma sì dai, scendo e lo compro. No cazzo, è pieno. Ma chi se ne frega, sto serena, vado e lo chiedo, ad alta voce, in mezzo alla gente, sono una donna no? Aspetta no, sono struccata, sembro una diciottenne quando non mi trucco - torno in macchina a mettermi il rossetto - no, dai avvicinati e chiedilo, anche le adolescenti hanno diritto a sapere se aspettano un bambino oppure no. Però imposta la voce, fai capire che sei grande, e comunque convivi col tuo compagno da un anno, ma che cazzo c'entra adesso, forza fai la persona seria e chiedi quel test. E lo faccio, a bassa voce, al farmacista che sta sistemando omogeneizzati nell'angolo, fa un caldo terribile qua dentro, sono dieci euro, pago con la carta, inserisca il PIN, arrivederci. Nessuno mi ha visto vero? No, perchè se mi hanno vista, domani tutta Agrigento saprà che...me ne fotto. Nel portaoggetti dell'auto, chiuso ermeticamente, avvolto nella carta e infilato nella plastica: il ventesimo test di gravidanza. Venti per dieci fa duecento, potevamo prendere due voli low cost per Parigi, con questi soldi. Coglioni.

La pipì sembra essere sul binario, e spinge un pochino più forte ad ogni secondo, fino a liberarsi del tutto. Ed è allora che piazzo lo stick sotto la fontana, avendo cura di non pisciarmi sulle mani che guarda oggi mi manca solo quello. Pochi secondi e inizia l'attesa dei tre minuti lunghi come tre ore.

Se è positivo, ok, ragioniamo.
Ho iniziato un nuovo lavoro, mi licenziano o entro in maternità? Perchè non leggo mai gli articoli che parlano di questi cazzo di diritti delle donne, perchè. Potrei mollare tutto e fare la mamma a tempo pieno. Eh no, però, ho studiato una vita per fermarmi così? Forse vorrei essere una mamma come la mia, sempre con me, presente. Dovremmo vivere con un solo stipendio, quello di Gabriele, non sarebbe facile. In pratica, non potrei più andare da Nadia a farmi le unghie ogni mese e non potrei ordinare lozioni per i capelli nei cataloghi Yves Rocher; neppure il colore da Andrea. Potrei comprare le tinture del supermercato, tanto adesso ci sono pure i kit per farsi lo shatush a casa. Però che schifo. E poi dovrei allattare, e con le tette che c'ho dovrei farlo sempre a casa, mica potrei uscirle in giro. Le baby sitter no, ma che sono pazza, le baby sitter seviziano i figli altrui. Sì, sono pazza. Perchè cazzo non spunta questa linea, aspetta guardiamo le istruzioni: una linea non incinta, due linee incinta. Cos'è quella una linea o un pelo? Sei miope, mettiti gli occhiali no?
Potrei chiedere un finanziamento in banca per giovani ragazze in attesa, col tasso fisso magari. Magari. Ho visto dei corredini orribili al centro commerciale, pieni di swarowski e merletti.
Sarò una madre di merda.
Non sono ancora riuscita a far capire a Zenzero che non si fa la pipì sui tappeti, come potrò essere credibile con un bambino umano? Come potrò convincerlo a non sbronzarsi di notte, e poi mettersi alla guida? Come potrò dirgli in maniera convincente che la cocaina non è così bella come dicono? E che le gonne corte, se è possibile, fra un paio di anni ancora.
Potrei riprendere a lavorare da casa, tutto sommato. E a Gabriele come lo dico? Aspetto che torna a casa o glielo scrivo su Whatsapp? Gli allego una foto del test?
E ai miei come lo dico? Facciamo una chiamata Skype con effetto sorpresa oppure anticipo per telefono e poi si festeggia su Skype?
E se non avessero alcuna voglia di festeggiare? Possono anche restarci male, in fondo.
Dovrei avere ancora tutti i miei vecchi jeans taglia 50 nell'armadio, potrei usare quelli.

Cinque minuti dopo, la linea è solo una. E' negativo.
Negativo e sì, anche per questo mese possiamo lavorare e produrre, e non riprenderò i dieci chili persi almeno per il momento. Cestiniamolo questo dubbio, rinunciamo a questo sogno che avrebbe potuto essere e non è stato. Purtroppo o per fortuna. Rimandiamolo a quando non sarebbe confusione ma gioia, sicurezza e non precarietà. Ma se solo fosse stato, se fosse stato positivo, avrei toccato il cielo, perchè la seconda linea è amore puro, amore immenso, amore che neanche immagino.
Non era il nostro momento, e forse è meglio così.

sabato 5 novembre 2016

Tre mesi dopo.

Molti di voi sono arrivati in questo blog per leggere di cibo.

Dopo una stagione alla Valle dei Templi, con i turisti tedeschi coi calzettoni di spugna bianca e le cinesi coi golfini di lana ad Agosto, ho concluso il 31 ottobre un progetto turistico che mi ha arricchito - ora parlo inglese livello Elton John - e impegnato per tutta l'estate. Non mi sono abbronzata; se non contiamo naturalmente quel contrasto visibilissimo sulle braccia, che quelli non proletari come me definiscono: abbronzatura da muratore.
Ma il compagno muratore non si offenderà, riderà di me.

Torniamo a noi.
Sono passati dei mesi dall'ultima volta che ho aperto questa pagina per scriverci qualcosa. Credo che nessuno debba scrivere per scrivere. Bisogna scrivere quando è utile, positivo: quando c'è un motivo. Cosa avrei potuto raccontarvi dei miei lunghi pomeriggi di ottobre alla Valle, in attesa degli ultimi scampoli di turismo, tra una pioggia e una folata di vento da mettersi le pietre in tasca? Niente. E allora non ho scritto. Fino ad oggi, che ho pensato a Luisa.

Luisa è una mia amica talmente bella (non solo fuori) e grintosa, che quando penso a lei, in automatico, mi attivo: devo fare qualcosa, non mi posso fermare. Perchè lei, con la sua passione per la moda, ha tirato su delle cose veramente fighe ad Agrigento: ve le racconterò.
Qualche giorno fa, Luisa m'ha detto: mi manca leggere il tuo blog. E adesso che mi è ritornata la voglia (e il tempo) posso raccontarvi delle cose, delle novità.

Nel frattempo, mi sono iscritta alla specialistica (la matricola Oliveri, again) e il mio invio pazzo di curriculum e i colloqui fatti durante tutta l'estate, mi hanno condotto ad un nuovo lavoro: sono manager di un ristorante.
Aprirà a dicembre e naturalmente ve ne parlerò fino allo sfinimento, dato che lo sfinimento s'impossesserà di me, una volta aperti.
Il cibo è tornato ad essere il mio lavoro e, davvero, mi sembra un miracolo.
In ogni caso, rieccoci: sono tornata e questo blog - fatta eccezione che per un attacco alieno o una guerra mondiale - non si autodistruggerà fra cinque secondi.

Spero.