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giovedì 17 novembre 2016

Il test e le donne: tutto quello che pensiamo e nessuno dice mai

Mezz'ora.

Mezz'ora seduta sulla tazza del cesso in attesa che arrivasse quella goccia di pipì. Lo stick in mano, col coperchio serrato. Se ci finisce un granello di polvere può essere che il risultato cambia, penso. Allora lo tengo in mano stretto, e lo fisso, cercando di settare il cervello su un flusso modesto di urina, ma che esca presto, se no questo coso scade. Come se avesse scadenza in dieci minuti, logico. Ho bevuto due litri d'acqua. Di solito, durante la mattinata scappo in bagno ogni mezz'ora, sono così, per fisiologia: una pisciarella, una vescica debole. Ma oggi niente, perchè. Apro il rubinetto e lascio scorrere l'acqua, metodo certificato 100% since 1989, e aspetto, fino a ridurre a zero le riserve idriche condominiali. Ma ancora lei non arriva. Come il ciclo, che sarebbe dovuto arrivare una settimana fa, e invece eccoci qui: con un test di gravidanza in mano, la testa che scoppia e due reni che non sembrano voler collaborare.

Ma sarà negativo figurati. E' sempre così.
Lo stress emotivo, la vita frenetica, la dieta e le ovaie che vanno in letargo: tipico. Sarà negativo e anche stavolta avrò speso dieci euro così, per essere più sicura.
Entro in farmacia. Dalla strada vedo l'insegna verde lampeggiante: che faccio, mi fermo o no? Ma sì dai, scendo e lo compro. No cazzo, è pieno. Ma chi se ne frega, sto serena, vado e lo chiedo, ad alta voce, in mezzo alla gente, sono una donna no? Aspetta no, sono struccata, sembro una diciottenne quando non mi trucco - torno in macchina a mettermi il rossetto - no, dai avvicinati e chiedilo, anche le adolescenti hanno diritto a sapere se aspettano un bambino oppure no. Però imposta la voce, fai capire che sei grande, e comunque convivi col tuo compagno da un anno, ma che cazzo c'entra adesso, forza fai la persona seria e chiedi quel test. E lo faccio, a bassa voce, al farmacista che sta sistemando omogeneizzati nell'angolo, fa un caldo terribile qua dentro, sono dieci euro, pago con la carta, inserisca il PIN, arrivederci. Nessuno mi ha visto vero? No, perchè se mi hanno vista, domani tutta Agrigento saprà che...me ne fotto. Nel portaoggetti dell'auto, chiuso ermeticamente, avvolto nella carta e infilato nella plastica: il ventesimo test di gravidanza. Venti per dieci fa duecento, potevamo prendere due voli low cost per Parigi, con questi soldi. Coglioni.

La pipì sembra essere sul binario, e spinge un pochino più forte ad ogni secondo, fino a liberarsi del tutto. Ed è allora che piazzo lo stick sotto la fontana, avendo cura di non pisciarmi sulle mani che guarda oggi mi manca solo quello. Pochi secondi e inizia l'attesa dei tre minuti lunghi come tre ore.

Se è positivo, ok, ragioniamo.
Ho iniziato un nuovo lavoro, mi licenziano o entro in maternità? Perchè non leggo mai gli articoli che parlano di questi cazzo di diritti delle donne, perchè. Potrei mollare tutto e fare la mamma a tempo pieno. Eh no, però, ho studiato una vita per fermarmi così? Forse vorrei essere una mamma come la mia, sempre con me, presente. Dovremmo vivere con un solo stipendio, quello di Gabriele, non sarebbe facile. In pratica, non potrei più andare da Nadia a farmi le unghie ogni mese e non potrei ordinare lozioni per i capelli nei cataloghi Yves Rocher; neppure il colore da Andrea. Potrei comprare le tinture del supermercato, tanto adesso ci sono pure i kit per farsi lo shatush a casa. Però che schifo. E poi dovrei allattare, e con le tette che c'ho dovrei farlo sempre a casa, mica potrei uscirle in giro. Le baby sitter no, ma che sono pazza, le baby sitter seviziano i figli altrui. Sì, sono pazza. Perchè cazzo non spunta questa linea, aspetta guardiamo le istruzioni: una linea non incinta, due linee incinta. Cos'è quella una linea o un pelo? Sei miope, mettiti gli occhiali no?
Potrei chiedere un finanziamento in banca per giovani ragazze in attesa, col tasso fisso magari. Magari. Ho visto dei corredini orribili al centro commerciale, pieni di swarowski e merletti.
Sarò una madre di merda.
Non sono ancora riuscita a far capire a Zenzero che non si fa la pipì sui tappeti, come potrò essere credibile con un bambino umano? Come potrò convincerlo a non sbronzarsi di notte, e poi mettersi alla guida? Come potrò dirgli in maniera convincente che la cocaina non è così bella come dicono? E che le gonne corte, se è possibile, fra un paio di anni ancora.
Potrei riprendere a lavorare da casa, tutto sommato. E a Gabriele come lo dico? Aspetto che torna a casa o glielo scrivo su Whatsapp? Gli allego una foto del test?
E ai miei come lo dico? Facciamo una chiamata Skype con effetto sorpresa oppure anticipo per telefono e poi si festeggia su Skype?
E se non avessero alcuna voglia di festeggiare? Possono anche restarci male, in fondo.
Dovrei avere ancora tutti i miei vecchi jeans taglia 50 nell'armadio, potrei usare quelli.

Cinque minuti dopo, la linea è solo una. E' negativo.
Negativo e sì, anche per questo mese possiamo lavorare e produrre, e non riprenderò i dieci chili persi almeno per il momento. Cestiniamolo questo dubbio, rinunciamo a questo sogno che avrebbe potuto essere e non è stato. Purtroppo o per fortuna. Rimandiamolo a quando non sarebbe confusione ma gioia, sicurezza e non precarietà. Ma se solo fosse stato, se fosse stato positivo, avrei toccato il cielo, perchè la seconda linea è amore puro, amore immenso, amore che neanche immagino.
Non era il nostro momento, e forse è meglio così.

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