E tu sei il numero:

martedì 24 ottobre 2017

Per la costa agrigentina: un'opportunità da 70 milioni di euro


Venerdì 27 ottobre, alle 16.30, all'Hotel Villa Romana a Porto Empedocle (Ag), avrà luogo un convegno sui Contratti di Sviluppo e Bandi Regionali 2014/20 per la COSTA AGRIGENTINA: finanziamenti a fondo perduto per lo sviluppo del turismo nel territorio Agrigentino. 
Da oltre un anno, un gruppo di imprenditori coadiuvati dallo studio Cusumano, lavorano a questo progetto, credendoci.
Date un'occhiata alla locandina e, se potete, non perdetevi quest'interessante opportunità.

Io ci sarò.

martedì 12 settembre 2017

Addimura: l'arte di perdersi nel tempo e nel gusto, ad Agrigento

E' settembre e l'aria frizza come un calice di metodo classico, e io sto bene.
Il golfino leggero istituzionale dell'inizio di autunno è già sulle mie spalle e il Viale della Vittoria al tramonto è da film. Riprendetelo, ora.
L'Addimura è illuminato, caldo, e c'è della buona musica in diffusione. Non c'è alcuna fretta.


Qualcuno ancora va al mare la mattina, e prolunga un'estate piena di onde e ondate roventi di Luciferi sparsi qua e là, che ci hanno cotto fino al midollo. Ma quel tempo è finito: ora è solo freschezza.



Addimurare, ritardare. Questo è l'imperativo romantico del siciliano, fare le cose con estrema calma, spostare a dopo i pensieri, le preoccupazioni, dilatando il suo tempo in mille altri tempi da riempire con una visione totalmente rilassata, libera, sciolta. Addimura, ritarda, scordati le ore e gli orologi, e siediti, facciamo un altro giro, uno spritz lo vuoi? Dai, altri cinque minuti, e che sarà mai. Quel diritto inalienabile al bel vivere e alla dolce mollezza della Sicilia, in pieno centro ad Agrigento, trova espressione da Addimura: un luogo dove la cultura del buon mangiare incontra quella del saper bere, in armonia.


Così decido di addimurare anche io, e mi siedo. Sono in compagnia.



 E' presto per cenare, beviamo qualcosa. Anche i nostri orari, da queste parti, sembrano essere slegati dalle logiche conviviali del resto d'Italia: alle sette facciamo l'aperitivo rinforzato (mica l'happy hour), e può durare una due quattro ore, fino alla cena, che può pure compiersi alla mezzanotte, come un festeggiamento: la celebrazione del cibo. 

L'Addimura è uno dei pochi posti in città in cui ci si può sedere a bere un calice di buon vino da una cantina fornitissima e ricercata, stuzzicare l'appetito con un buffet ricco e saporito, siculissimo in verità, allestito puntualmente dallo staff: preciso, puntuale, sorridente.
Il barman prepara uno spritz fatto per bene, glielo riconosco, sorride.
Probabilmente aspettare che arrivi la fame, quella vera, è complice del nostro continuare a degustare profumate bruschette al pomodoro o pane fresco su cui adagiare una cucchiaiata abbondante di caponata ancora calda e fragrante, tramezzini farciti con formaggi freschi e verdure miste, morbidi triangoli di frittate e paste sfoglie ripiene con salumi crudi e cotti da far gola al più convinto dei vegani. Continuiamo a bere e mangiare pane cunzato con acciughe, melone col prosciutto e cocktail di gamberi, e come se non avessimo bevuto e mangiato e non stessimo affatto rotolando, chiediamo al cameriere il menù: voglio il burger.
Scelgo l'Ercole: hambuger di chianina, bacon croccante, svizzero filante e iceberg a julienne.
Mi viene servito con una porzione abbondante di patatine fritte, croccanti e salate ad arte, e tre salse aromatiche di accompagnamento. Addento il mio panino e lo scopro soffice, ricco, succoso. Circa 300 grammi di carne bovina cotta a puntino, con uno strato di formaggio fuso e filante che racchiude, come in un abbraccio, il bacon croccante. Tre consistenze di sapore, rinfrescate dalla lattughina iceberg. Le chips sono leggere, per niente unte; le intingo nelle salse e sento le erbette che insaporiscono la maionese; arricchiscono il loro sapore, non coprendolo. Mi pare di star vivendo una ritualità persa: mangiare piano, addimurando, assaporando ogni boccone ed esserne grati. Anche un hamburger sa essere un vero lusso del palato, mi dico nella testa, e so che se l'avessi detto ad alta voce nessuno dei miei amici avrebbe potuto contraddirmi, a giudicare dalle loro facce in adorazione mistica. It's a food porn moment, in piena regola.


I miei commensali optano per un'insalatona Ciauru (insalata verde, cipolla, acciughe, fiordilatte, 

capperi di Pantelleria, olive nere), e 
una tagliata di scottona con rucola e scaglie di grana, anche lì patatine in accompagnamento. Cotture sapienti e maestria vera ci arrivano al tavolo, direttamente dalla cucina.

Siamo felici, innaffiamo tutto con birra alla spina (loro) e ancora un altro calice di Passione e Sentimento (io). A vederla così bella ghiacciata  mi viene voglia anche di birra, ma domani si lavora presto, e abbandono il pensiero.

E' tutto incredibilmente buono e di qualità, e di questo viene a sincerarsi la cuoca con una visita al tavolo. Porta anche  il consiglio di un dessert, e dessert sia: tiramisù in coppa e cheesecake ai frutti rossi. Cucchiaini che affondano in nuvole di sapore, dove non c'è nessun peccato: solo meritato piacere.
Ripenso al panino che ho appena mangiato, ne ordino un altro da portare via per Gabriele, gli faccio una sorpresa. I contenitori del take away sono fighi pure loro, oh.


Chiedo il conto con la consapevolezza che non potrò più fare a meno di queste cene nel week-end (ma anche di settimana, chi me lo vieta?) e so che tornerò venerdì 15 settembre per il live degli Svitols , e stavolta inizierò la serata con una 0.50 bionda fresca di spillatore, chè la mattina seguente tanto non lavoriamo. Ho ancora altri burger da provare e denti da affondare nella carne ben cotta, nei taglieri selezionati di salumi e formaggi: un intero menù da testare da cima a fondo.



Per la bella serata trascorsa, la mia pancia ed io vogliamo ringraziare Daniele e l'intero staff del ristorante e wine bar Addimura, che mi ha concesso di perdermi nel gusto senza perder tempo, ma investendolo in un qualche ora di felicità in più.


Valentina Oliveri



mercoledì 21 giugno 2017

Touch of pink: il rosa come non l'avete mai visto, domani a Villa Catalisano

Un rosa leggero ma non troppo.
Un nuovo concept, che riscatta il colore dalla visione lolitesca che le culture e il marketing gli hanno affibbiato - a ragione o no - nel corso degli anni.

Nel 2016 il rosa quarzo (in coppia con l'azzurro serenity) ha preso il posto del sedicente marsala (principe del 2015), sbancando sulle passerelle, in vetrina e - inevitabilmente - nel design. Ed anche un po', se vogliamo, in un modus vivendi più light, che ne ha tratto il massimo beneficio in termini di umore e joie de vivre.
Pantone, l'azienda statunitense che si occupa di catalogare i colori e le tecnologie per la grafica, ha eletto il quartz pink colore dello scorso anno, rendendolo di fatto un vero protagonista e portatore di benessere e relax visivo.

"Credo molto nella cromoterapia, e credo che nessun colore riesca a donare benessere sensoriale ed armonia, quanto il rosa. Guarda ad esempio il prospetto di questo palazzo, quant'è elegante!" (di Villa Catalisano, ndr)"
Così Elsa Sanfilippo, architetto ed ingegnere edile, mi parla del motivo che l'ha spinta ad organizzare Touch of pink: aperitivo nello storico giardino di Villa Catalisano , nel pieno centro di Agrigento. Un salotto verde che si vestirà di rosa per l'happy hour organizzato in collaborazione con la celebre azienda vinicola Firriato e il suo Charme Rosè (e quale, se no?), vino frizzante che perfettamente si abbina ai sapori glam-pop della serata.

Elsa, che ha scelto la Villa come sede del suo studio ES Architettura, ha pensato di sposare la bellezza di un giardino rigoglioso con la serenità del colore, reinventandolo grazie allo strumento che meglio conosce per sua stessa passione professionale: il design.
L'evento sdogana i connotati eccessivamente girly (ditelo che il rosa vi fa pensare a Hello Kitty, e daje), presentandolo in una nuova veste produttiva e in una chiave di lettura più soft e verosimile: da vedere, toccare, bere.
Dove e quando?
Il 22 giugno, a partire dalle ore 19, in Via Francesco Crispi 34, nel luogo che fu residenza estiva di Luigi Pirandello e adesso sede di importanti realtà ricettive e della ristorazione agrigentina, quali Aguglia Persa e i B&B Villa Pirandello e King Arthur's Houses.

"Uno showroom a cielo aperto per mostrare il rosa nelle sue vesti di ‘colore’, in grado di sprigionare armonia, serenità e benessere, contro gli stereotipi legati all’infanzia o al mondo femminile.", per usare le parole di Elsa, mia amica , bon vivant e giovane talento già ampiamente affermato dell'architettura siciliana.

Molti i marchi e i partner che esporranno in giardino le loro punte di diamante rosa: Milia Shop, Verlan, Ceramiche La Russa, SP Marmi, Legnoarreda, OUI, Glam Up, Indaco Store, Scianna Ceramiche, Globatek, Cast Hairstyle, Noemi's Cake, TRJ, Cassina, Kartell.


Il food sarà curato dal Aguglia Persa - già noto per la sua innovativa cucina di pesce e non solo - e pronto a servire una profumata sicilianità che ben si sposa col con il buon vivere en rose, e con grande qualità, che è il tema portante di Touch of pink.
Per l'intera organizzazione dell'aperitivo si ringrazia il prezioso supporto dell'avvocato Armando Corsini e il suo studio legale, lo studio legale Baio Rizzo, l'Inter Club El Principe, Liccunarìa, B&B King Arthur's Houses, Firriato, Aguglia Persa.



Io ci sarò per raccontarvi la serata e, per l'occasione - dato che è anche il mio colore preferito - avrò il piacere di indossare una creazione tutta rosa, realizzata apposta per me, dalle mani di Bottega Orto del Re.





martedì 20 giugno 2017

Dimagrire con Naturhouse Agrigento2: vi spiego come e vi presento il menù estate 2017

Con  l'arrivo dell'estate, ritornare in forma è il primo pensiero di molti di noi, ed è un obiettivo che può raggiungersi anche senza dover necessariamente soffrire la fame. Basta semplicemente  mangiare meglio e fare del sano movimento, eliminando tutto ciò che nel tempo ci ha portato ad accumulare peso in eccesso.

L'educazione alimentare, dunque, è l'unica chiave efficace e permanente per contrastare il sovrappeso, e Naturhouse è leader nel settore a livello mondiale, proponendo una linea esclusiva di prodotti di origine naturale, associati ad un percorso di educazione alimentare che ne rende efficace l'assunzione.


Presso il centro Naturhouse Agrigento2, al Villaggio Mosè, attraverso l’educazione alimentare , si compie un percorso teso ad innalzare il benessere della persona, sia a livello funzionale che a livello psicologico, il cui primo obiettivo è il raggiungimento del proprio Peso Benessere (il peso con cui ci si sente bene) ma la cui finalità ultima è quella di migliorare lo stile di vita della persona. Il primo passo di questo percorso è pianificare un colloquio conoscitivo, durante il quale la Consulente Naturhouse supporta gratuitamente il Cliente fornendogli i concetti alla base di un’alimentazione equilibrata. Imparerà così le proprietà nutritive degli alimenti, la piramide alimentare, l’importanza delle fibre, il modo migliore di conservare e cuocere i cibi nonché come orientarsi nella spesa quotidiana, attraverso l’interpretazione delle tabelle nutrizionali, dando primaria importanza ad alimenti freschi, stagionali e possibilmente locali. Contestualmente conoscerà le proprietà dei complementi alimentari e imparerà ad utilizzarli in maniera ottimale quali soluzioni naturali per il proprio benessere.
Dopo il primo incontro, ci saranno degli appuntamenti settimanali che permetteranno di verificare l’efficacia del prodotto acquistato, così da proseguire nel miglior modo verso l’obiettivo prestabilito insieme. Attraverso questo percorso, il Cliente potrà quindi raggiungere gli obiettivi prefissati e, grazie ad una sana alimentazione, migliorare il proprio stile di vita. Infatti dopo una prima fase di correzione, durante la quale la Consulente aiuterà il Cliente a correggere le cattive abitudini alimentari, seguiranno le fasi di consolidamento ed equilibrio che, con appuntamenti a cadenza più ampia, permetteranno al Cliente di consolidare e mantenere nel tempo i risultati e le buone abitudini acquisite.

Da oggi, da Naturhouse Agrigento2, in viale Leonardo Sciascia 29 al Villaggio Mosè, trovate il nuovo Menù Estate 2017, un menù sano ed equilibrato, per arrivare in forma alla prova costume con qualche piccolo accorgimento: aumentare leggermente la quantità di proteine e ridurre invece un po' i carboidrati, come pasta e pane.
Passate a trovarci, per una consulenza gratuita e per ritirare il vostro menù estivo, ricco di frutta fresca, vitamine, minerali e fibre.

venerdì 9 giugno 2017

Maiale con salsa di caramello o Chili con carne e riso? Da NaturHouse li trovi light, ma soprattutto: già pronti!

Oggi vi dico due cose nuove, per aggiornarvi sulla mia vita recente e per aprire le finestre di Semilascinonvale, lasciandolo respirare.

La prima è che ho compiuto ventotto anni, e la seconda è che li ho accolti lavorando - anche quest'anno, per fortuna - in un posto che amo. Da due mesi sono Addetta Vendite di NaturHouse Agrigento2, al Villaggio Mosè (Agrigento).
E non ve l'avevo ancora raccontato, dunque era doveroso farlo. Ho un bel camice bianco e verde, e lavoro con un team eccezionale, in primis la Consulente NaturHouse Serena, che è un importante supporto per le persone che scelgono di intraprendere un percorso di benessere ed educazione alimentare con NaturHouse. 

Diciamo che, con la scusa, ho ricominciato a prendermi cura di me stessa, della mia alimentazione, delle mie abitudini giornaliere, e ad avere una maggiore attenzione verso il mio corpo. Credo che ormai il segreto sia svelato: basta saperlo ascoltare di più, decifrare i suoi segnali e dare risposte coerenti alle sue infinite, quanto semplici, necessità. Questo non vuol dire privarsi del gusto, dei sapori invitanti e di piccole grandi gioie per il palato: la goduria può essere anche light, e incredibilmente veloce. Ecco perchè oggi, come primo racconto dal mio desk di NaturHouse Agrigento2, vi presento i perfetti alleati della mia gargia che, ahimè, non trova pace: i piatti pronti NaturHouse.

COSA SONO? 

Sono piatti eccellenti preparati per voi, perché non abbiate niente di cui preoccuparvi: dovete solo scegliere il piatto che più vi piace o che stuzzica il vostro appetito. I piatti pronti NaturHouse si presentano in una confezione ideata per essere comoda e semplice: basta forare la pellicola e riscaldare in due minuti nel microonde. La confezione è anche un pratico piatto che permette di consumare il pasto direttamente, senza doverlo impiattare necessariamente. Se siete a casa, naturalmente, potete anche scegliere un bel piatto colorato: anche l'occhio vuole la sua parte! La cosa che li rende davvero interessanti è che, pur essendo gustosissimi, hanno un contenuto di calorie già stabilito e controllato, come pure il peso, dunque il rischio dello sgarro è bello che scongiurato: è tutto light.

QUALI SONO I PIATTI PROPOSTI?

Il menù è vario e prevede piatti completi, di carne o pesce, con o senza carboidrati. Ecco qui di seguito la scelta:

  1. SALMONE AL LIMONE E RISO
  2. MERLUZZO ALLA MAGGIORANA
  3. CHILI CON CARNE E RISO (mio preferito!)
  4. VITELLO ALLA BOURGUIGNONNE
  5. POLPETTE AL SUGO CON RISO
  6. MAIALE CON SALSA DI CARAMELLO E RISO (vabbè, che ve lo dico a fare: una favola)
  7. POLLO AL CURRY E COCCO CON RISO
  8. POLLO ALLA SENAPE
  9. STUFATO DI POLLO CON RISO
  10. POLLO ALLA BASCA CON RISO
  11. PENNE CON SALMONE E SPINACI
  12. PENNE AL RAGU'
  13. FUSILLI AL RAGU'
  14. LASAGNE DI VERDURE (avete letto bene, la sa gne!)
Il prezzo è davvero ottimo, e i piatti sono davvero pratici: per chi lavora, per chi rientra dal mare e non ha voglia di stressarsi col calore dei fornelli, per recuperare la linea e non mangiare il primo pezzo di tavola calda che capita a tiro, e ricominciare a vedersi meglio, senza rinunciare a delle ricette saporite. Si possono riscaldare, oltre che al microonde, in padella o a bagno maria, e abbinare anche a un bel piatto di verdure crude o cotte.

Per saperne di più e acquistarli, veniteci a trovare in Viale Leonardo Sciascia 29, al Villaggio Mosè (proprio pochi metri dopo il bar Agorà, venendo da Agrigento).

giovedì 16 marzo 2017

Social e Mandorlo: il pensiero di Enzo Lauretta su Sagra e comunicazione

La Sagra al tempo delle dirette di Facebook
Non è ancora passato un anno dall'introduzione di questa funzione sul famoso social network che già le dirette su Facebook hanno invaso le nostre vite.

Chi di noi infatti non riceve almeno una notifica di dirette al giorno? Così è stato anche per questa edizione della Sagra o Mandorlo in Fiore, che dir si voglia.
Grazie alle dirette su Facebook o su Instagram molti sono riusciti a seguire le esibizioni dei gruppi
folkloristici in tempo reale, perché quest’anno, oltre ad essere la prima Sagra organizzata dal Parco (Ente Parco Valle dei Templi, ndr) , è anche stata la prima edizione del Mandorlo in Fiore delle dirette su Facebook; e questa è la vera novità.

Il digitale, infatti, senza ombra di dubbio, quest’anno è entrato di prepotenza non solo nelle vite degli
Agrigentini ma anche di tutti quelli che per un motivo o per un altro trovandosi lontano da Agrigento non hanno potuto fare a meno di seguire la Manifestazione. Se già prima era difficile non sentire parlare di Sagra, adesso lo è ancora meno.

L’impressione però, è che, nell'ambito della promozione dell’Evento, non si sia tenuto sufficientemente conto delle nuove tecnologie, sebbene già negli passati un tentativo in questo senso, seppure timido, era già stato compiuto. L’idea insomma di volere (r)innovare la Manifestazione non sembra sia andata proprio di pari passo con quelle che erano le intenzioni iniziali.

Siamo sicuri, infatti, che la scelta di volersi affidare unicamente alla pubblicazione di un manifesto o poco più, sia sufficiente, nel 2017, se non supportata da ben altro tipo di comunicazione, ovvero quella digitale? Evidentemente no, se anche il Parco, seguendo l’esempio di molti affezionati avventori, dal proprio account di Facebook ha sentito l’esigenza di dovere fare una diretta degli spettacoli.

Le dirette su Facebook in ogni caso, come sa bene chi è abituato a fare questo lavoro tutto l’anno, rientrano all’interno di una programmazione specifica fatta di linee strategiche, piani di contenuti e quant'altro.
Possiamo essere quindi certi che la gente sia venuta a seguito dell’attività di comunicazione svolta dal Parco e non grazie, forse anche solo unicamente, al lavoro dei molti che con un telefono in mano durante la settimana, per le strade, dai balconi, hanno fatto da apripista alla domenica conclusiva?

Una cosa è certa, e cioè che gli appassionati del Mandorlo, continueranno comunque a venire per assistere alla Manifestazione, nonostante tutto, nonostante il continuo cambio di nome, di data, di formula. Semplicemente perché per molti di essi è ormai una festa comandata
Per questo, in attesa di un’attenta attività di comunicazione, almeno per il momento, il merito di questo successo collaterale, rimane quello di Mark Zuckerberg e degli strumenti social, utilizzati più dal pubblico che dagli organizzatori.

Enzo Lauretta, Social Media Manager

lunedì 13 marzo 2017

Per non fermarsi.

Giorni che scivolano lenti e pieni di sonno, in quest'angolo di Agrigento chiamato: Campo.

Lavatrici troppo rumorose e ferri da stiro con cui ormai ho fatto amicizia, per forza di cose: avrei dovuto rimettere quelle camicie, prima o poi, no? Ciambelle alle fragole fresche e sentori di mandorla in questa primavera agrigentina, che mi vede ancora senza un lavoro stabile, ma immersa in un faccio cose vedo gente generale, in cui certe volte nuoto, certe volete annego. Farsi vedere sempre, è il trucco: non farsi perdere di vista, continuare sempre a fare cose, vedere gente, anche quando non si ha esattamente una valanga di energie.

Gabriele, da sempre, fa un lavoro che lo tiene fuori di casa il novanta per cento della giornata. Io, per il novanta per cento della giornata, tra un accesso Netflix e l'altro, cerco di partorire un'idea valida: per il blog, per me, per non smettere di scrivere. Non l'ho ancora trovata, ma ho deciso di aprire questa pagina e scrivere comunque, perchè (credo che) l'importante è non fermarsi, in ogni caso. Leggo, anche. E pare che quando comunque si legge, si stia seminando.

L'anno scorso, a Marzo, preparavo latino e lavoravo fitto al programma comunicazione di Aguglia persa per Mandorlara. Quest'anno, ho quasi abolito la carne rossa, ho iniziato yoga, e del Mandorlo in Fiore, non ho visto niente, pur essendo a pochi metri da tutto. Ho scoperto alcune vie di questa città, che ormai è mia, che si nascondono ad arte, per proteggersi credo, e vado a trovarle tutte quotidianamente. Il mio livello di preparazione delle lasagne è ormai pro, anche quelle verdi, col pesto di basilico fresco, comprato anzi regalatomi dal fruttarolo sotto casa.
Signorì, si purtassi 'stu mazzu!
Che sapeva un poco di amore e un poco d'insulto, a seconda dell'umore dell'ascoltatore. Poi nel pesto, al posto dei pinoli, ci ho messo le mandorle su consiglio di Giovanna, la mia vicina, e ho frullato tutto sul tavolo della cucina, schizzando ovviamente le pareti gialle con pennellate di parmigiano, olio, mandorle e basilico (o basilicò, alla sicula).

Sarebbe bello ricominciare da un'altra parte. Come si lascia la Sicilia? Come hanno fatto tutti credo, pure mia madre e mio padre: con una valigia, una speranza e la salsiccia secca e il primosale nel sacchettino, perchè dopo un tot di tempo la voglia di certi sapori pare che diventi insopportabile. Come la sensazione di sentirsi sprecati, gambizzati. E coglioni, a rimanere fermi, ostinatamente, in luogo che non ci dà ispirazioni.

E voi il pesto come lo fate? Con l'aglio o senza? Io senza.


lunedì 6 marzo 2017

Solo una vita: Marta va al Liceo Classico Empedocle

La mia prima tappa con Mariuccia e Marta è stata Favara. Casa mia.
Un inizio felice, pieno, appassionato, emozionante. 

Mariuccia La Manna è una giovane scrittrice di Racalmuto, e come ho già raccontato nella pagina del blog, qua e là, l'ho conosciuta fra i banchi di scuola: il Liceo Classico Empedocle. Non ci vedevamo da tempo, quando un amico comune ci ha messo in contatto per la presentazione favarese del suo libro d'esordio Solo una vita (ed. Bonfirraro), alle Officine Mac: la storia è quella di Marta, una giovane donna che s'innamora di uomo possessivo e violento, Paolo, dal passato sofferto, che riversa con dosi abbondanti di amore malato nel rapporto con la sua compagna. Distruggendole, di fatto, la vita. 
Abbiamo raccontato questa storia ad un pubblico, quello favarese, col supporto di un ginecologo, il dottore Ciancimino, e di una psicologa, la dottoressa Morreale, che hanno analizzato la vicenda di Marta (e non solo) da un punto di vista clinico e patologico: l'amore può essere anche malattia?
Sì, e il libro di Mariuccia - che si fa portatore di tante verità, sulle donne e sugli uomini, sul loro modo di relazionarsi sano e non - ne è testimonianza e sta facendo, con l'autrice e la casa editrice Bonfirraro, un tour italiano di tutto rispetto, e pieno di entusiasmo.

Da un punto di vista stilistico, il testo è lineare, con un lessico semplice e diretto. I periodi brevi e ben strutturati garantiscono la chiara comunicazione di un contenuto forte. Credo che proprio questo contrasto positivo tra linguaggio semplice e vicenda complessa, abbia permesso l'assimilazione di concetti e sentimenti che altrimenti sarebbero risultati pesanti nella prosa. Parlare di violenza in questi termini favorisce la natura del libro come mezzo d'informazione diffusa e, conseguentemente, di una maggiore trattazione dell'argomento su più target. La storia è incredibilmente attuale e, proprio in questi giorni, diversi fatti di cronaca si sono sovrapposti ai miei pensieri durante la lettura di "Solo una vita", una storia che non fa sconti. Come ho detto all'autrice Mariuccia La Manna, il tratto che ho apprezzato maggiormente è la verità di questa vicenda: Marta muore mille volte e mille volte è capace di rinascere, ripartire con grandi energie, facendo di ogni dolore una lezione. Se questo libro avesse avuto un happy ending stucchevole, sarebbe stato meno corretto, meno reale. E invece è sincero: la vita sa accanirsi sulla vita, e le donne - in una visione scarica di ogni sessismo, che non ammetto - hanno un'obiettiva capacità di reinventarsi un numero illimitato di volte, per loro stessa natura. Il libro veicola un messaggio di speranza, con un premio finale e inaspettato, gemma di felicità piena, rimasto a testimonianza di una valanga di dolore.

Mariuccia La Manna si fa leggere in breve tempo, rispettando un ordine temporale che pur viaggiando in avanti e indietro, resta fedele e facilmente percorribile. Il caso trattato è comune e cercherò di supportare l'autrice, durante la presentazione al Liceo Classico Empedocle, in modo da parlare ai lettori o futuri tali, generando una riflessione sulla condizione delle relazioni tra uomo e donna: il dialogo, la conoscenza, la violenza e la patologia. Spingere i partecipanti a prendere parte attiva alla conversazione è il primo step che mi piacerebbe seguire, incoraggiando l'intervento e la critica da parte dei ragazzi.

La storia di Marta si muove su uno sfondo d'amore e odio, di morte e vita, di sogni e dolore: è lo specchio diretto di ognuno di noi, con le sue piccole e grandi miserie. Chiunque potrebbe essere Marta, non tutti potrebbero essere Paolo. Seguendo questa linea, il messaggio è selettivo, di ricerca reale e di attesa di un amore sano, di un amore maggiore per se stesse, di una consapevolezza più forte del proprio corpo e del corpo dell'uomo, e del concetto di rispetto della persona e dell'esistenza stessa. La vittima resta vittima anche quando difende il suo carnefice, per questo va aiutata e protetta, non obbligata a distruggere il suo aguzzino.
Solo una vita è un romanzo con una funzione precisa, un lavoro volto alla diffusione di un messaggio forte e positivo di speranza, e per questo - a parer mio - è una vittoria, un trionfo d'amore, doloroso ma anche dolce. Come l'essenza della vita stessa.
Portare Solo una vita all'attenzione di un gruppo di ragazzi della stessa scuola che ci ha viste crescere, è quel punto di svolta che segna il passaggio da ragazze a donne per noi: crescendo abbiamo visto e imparato qualcosa, che vogliamo raccontare ai nostri colleghi più giovani, sperando che possa tornargli utile. E che possa servire a rendere migliore la vita di uno, due o tre di loro, parlando solo d'amore e protezione tra uomini e donne.

Grazie Mariuccia.

venerdì 27 gennaio 2017

Giada: tra il mare e la campagna, i sapori di una Sicilia da riscoprire

Quando Stefano mi ha invitata a venire a vedere il suo nuovo posto di lavoro, mi ha detto: poi vedrai, quant'è bello.

Ero in aeroporto, al gate, in attesa di volare dai miei. Lui mi ha chiamata e ci siamo salutati con la promessa che, al mio ritorno, il ristorante Giada sarebbe stata la prima tappa. Così ieri, sono andata a trovarli, a Cattolica Eraclea  (vi ho inserito direttamente la mappa, così potete dare un'occhiata su dove si trovi e come raggiungere il posto facilmente, in una ventina di minuti da Agrigento) e la sorpresa è stata grande: non avevo minimamente idea che avrei trovato un vero e proprio mini-villaggio del cibo e del relax, ma non solo. Accolta dal mio amico, lo chef Stefano Vitello, ho subito conosciuto Anna, la proprietaria e creatrice di Giada (in tutti i sensi, capirete perché) insieme al marito Giuseppe Scalia, e a Francesco Di Capo, già loro collaboratore, socio e amico fidato (e pure testimone di nozze, per dire).
Dopo un caffè rinforzante nell'elegante zona bar, Anna - da perfetta padrona di casa - mi presenta, con grande orgoglio, le diverse aree di Giada: il ristorante, la pizzeria, la piscina (coperta e riscaldata), l'area camper attrezzata, la zona bed and breakfast composta da casette indipendenti all'interno della tenuta e - meraviglia delle meraviglie - una distesa infinita di verde. Un campo a perdita d'occhio, tutto puntellato di gialli e arancioni, di tutte le tonalità dell'agrume siciliano quando cresce rigoglioso e libero. La pace. Io già pensavo al limoncello buono, mica quello del supermercato, quello che si beve in veranda in estate la sera, ghiacciato, e ci manda a dormire con pochi pensieri e troppi sogni.

Anna è brillante e intraprendente, mi racconta della loro pasticceria in paese, a Cattolica Eraclea, all'amore che Giuseppe mette nel suo lavoro quotidianamente, e al coraggio che li ha spinti a rilevare la struttura di Giada e ad inaugurarla lo scorso 21 dicembre, dopo un restyling di colori e arredamenti della sala e delle casette b&b.
Era da tanto che gli amici ci chiedevano di prendere in mano questo posto e farlo ripartire, ma non si pensava di farlo davvero. Poi un giorno ci siamo decisi, ed eccoci qui.
Prosciutto crudo di agnello prodotto da Giada
Ed è proprio mentre mi racconta la storia che ha portato Giuseppe e il suo socio Francesco ad intraprendere quest'avventura, che arriva lei: tutina rossa, capelli biondi, una trousse, quattro anni e un coniglietto bianco di peluche. Giada, quella vera, la loro bambina, nonché l'ispirazione per il nome del ristorante (che solo ristorante non è). La giovane mamma mi racconta - con gli occhi adesso illuminati dal sorriso della figlia - che hanno voluto dedicare proprio a lei il luogo, e che l'hanno chiamata così in riferimento alla pietra verde di giada, i cui benefici sono molteplici, ma uno su tutti è il benessere interiore, la serenità, la forza emozionale. Così, seduti nel salottino all'ingresso della sala ristorante, poco lontano dalle cucine dalle quali esce un profumo caldo e speziato, Anna mi racconta di Giada (o delle due Giade della sua vita, se vogliamo) e lo chef mi racconta la mission culinaria del ristorante.

Le vie dei formaggi da Giada
Stefano è un tipo energico, un lavoratore duro e puro, di quelli che non li fermi neppure con la stanchezza. Trovandoci in un punto di snodo tra il mare e la campagna, la cucina non deve fare lunghi viaggi: il chilometro zero è il padrone dei sapori di Giada, l'auto-produzione dei formaggi e dei salumi, i percorsi di degustazione in abbinamento ai vini - alcuni provenienti da cantine locali - e a conserve preparate sapientemente nelle cucine di Giada. Il menù è ricco e godurioso, con un occhio alle migliori carni argentine ma con amore e rispetto per il prodotto locale, frutto di pascoli vicini e nutrimenti sani e conosciuti. L'obiettivo della cucina di Giada è quello di riportare i palati a gustare i sapori di una volta, cucinati con sentimento moderno, creando circuiti di turismo esperienziale nelle splendide tenute del ristorante e b&b. Coinvolgere gli ospiti nei processi di panificazione (sì, produce anche il pane e la pasta Stefano, mica si ferma) e di produzione del formaggio, ad esempio, significa raccontare quella nostra Sicilia viva e fervente nella memoria, residuo reale solo di alcuni sobborghi, in cui i biscotti sanno ancora di vin cotto e dalle cucine delle anziane sedute a chiacchierare ai bordi della strada con le dirimpettaie, arrivano fragranti le melanzane fritte per la parmigiana, i sughi saporiti della domenica mattina, le tume perse grattugiate e quella ricotta zuccherata che, per magia, si trasforma in dolce sopraffino tra le croste del cannolo. Questo è il sottobosco culturale gastronomico del ristorante Giada, che parla un linguaggio semplice, ma con la bocca piena di sapore e genuinità.
Cosa che pare sia stata recepita alla grande dagli ospiti, che hanno fatto registrare numeri da urlo durante le festività natalizie e ci si organizza adesso a quelli della cena di San Valentino, mettendo in moto - di fatto - una macchina che offre lavoro a decine di giovani del posto.

Voglio riportare la gente a mangiare sano e gustoso, cucinando sempre nel rispetto della materia prima e del nome di questo ristorante, che sogno di trasformare in un brand che racconti la Sicilia al resto del mondo.
Così mi saluta lo chef Stefano Vitello, stringendomi la mano sorridente e frettoloso (chè deve tornare a lavorare, mica come me), mentre saluto l'aria pulita, il verde infiammato da un tramonto di quelli che solo da noi, insieme ad Anna la quale, fra le altre cose, è anche web designer e ha creato l'albero divenuto simbolo del sogno di famiglia, e Giada (col suo fedele coniglietto bianco al seguito). Una famiglia giovane come tante, che ha fatto del ritorno alla terra, in questo caso intesa come luogo incontaminato e felice, il suo lavoro: portatore di gusti veri e pieni sulle tavole delicatamente rivestite, e di esperienze culinarie saporite e ghiotte. Le vie dei formaggi, le carni tenere, la verdura fresca, le belle domeniche di sole, con l'odore del mare di Minoa che arriva con la prossima folata di vento. Ed un tramonto rosso fuoco, che a parole non posso dirvi: tutto questo è il ristorante Giada.

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martedì 3 gennaio 2017

Malerba, storia di una rinascita.

Sono passati appena venti minuti da quando siamo venuti fuori dalla Sala Marylin del cinema Mezzano di Porto Empedocle. Venti minuti: il tempo di rientrare a casa nostra, accendere il pc, riempire un calice di buon rosso e mettermi a scrivere.
Siamo andati a vedere, finalmente, ERO MALERBA: docu-film di Toni Trupia, sulla vita di Giuseppe Grassonelli, sapientemente raccontato da Carmelo Sardo. Avevo letto il libro di Sardo nel 2014, in estate, a poche settimane dall'uscita nelle librerie. Immaginavo ciò che avrei visto e mi aspettavo ciò che poi effettivamente ho trovato durante la visione del film; anche se in misura sicuramente maggiore. La pellicola mi ha stupito, con un messaggio schietto e fortissimo, che mi sono sempre portata dentro e col quale ho avvolto timidamente i miei pensieri sulla mafia: i criminali sono, inevitabilmente e al contempo, vittime dei loro stessi crimini. O lo sono a monte, e agiscono di conseguenza per proteggersi, o lo sono alla fine, quando pagano debitamente per ciò che hanno commesso. Giuseppe Grassonelli lo è in entrambi in casi.
La storia dei Grassonelli non è diversa da quella di molte altre famiglie mafiose durante gli anni della guerra: stessi morti, stesso dolore, stessa faida, stessi obiettivi. L'elemento di rottura però, nella vita di Giuseppe è rappresentato dalla cultura (non mafiosa) acquisita nel tempo della reclusione, durante la quale, un ampio e positivo processo di consapevolezza, ha condotto quello che è a tutti gli effetti un ergastolano, a raccontarsi. Dalla penna e dagli occhi di Carmelo Sardo - nel film disegnato come un riflessivo e silenzioso Bob Dylan - è stato tracciato un ritratto carico di coscienza e dignità, seguito poi fedelmente dal regista di Ero Malerba, Toni Trupia.
Conoscendo Toni (non faccio mistero del mio affetto professionale e non solo, per lui e la moglie Angelisa Castronovo, responsabile della produzione del film) ho riconosciuto la sua firma di uomo, prima ancora che di regista: il suo entrare leggero, in punta di piedi, nelle vite che racconta. Una dolcezza del tutto umana, che troppo spesso cessa di esistere nei racconti crudeli e retorici che si fanno degli adepti alla criminalità organizzata. Trupia ha saputo tenersi al margine del foglio, proiettando - prima di tutto - il dramma di una famiglia, e la miseria infinita nel cuore di una madre che può stringere la mano al figlio solo tramite una cornetta del telefono, una volta a settimana. Le luci filtrate dalle grate, uno sguardo sereno a tradire una condizione di vita svuotata d'esistenza, una narrazione precisa - al limite del filosofico - in una sala del carcere, in sottofondo il vociare (immagino) di altri reclusi o dei funzionari della struttura. Grassonelli strappa l'ideale del condannato incazzato con lo Stato facendone coriandoli, e lo fa senza per questo poter essere considerato - passatemi il termine - un paraculo in cerca di redenzione o sconti: è schietto, e ci presenta una storia in cui la guerra non è dei buoni contro i cattivi, come nei libri di storia, ma di tutti contro tutti. Vince chi resta vivo, chi muore perde. Come chi prova a riportare in vita i morti, vendicandoli, con altri morti. Giuseppe Grassonelli, nel lavoro di Sardo - archeologo preciso - non fa cronaca, fa storia e ci trascina dentro il suo stesso sentire, nelle sue viscere. Toni Trupia, col supporto di una fotografia candida, a tratti romantica, urla con la forza delle immagini questo valore equivalente, di un'umanità dal passato crudele: non è meno uomo, un uomo che ha peccato. E non ho vergogna a dirvi che me lo sono chiesta, più di una volta: al posto suo, avrei fatto lo stesso? Se avessero sterminato la mia famiglia, il mio cuore cosa m'avrebbe detto di fare?
Il capovolgimento del punto di vista è la forza di Ero Malerba, il perdono del criminale, messo sullo stesso piano della gente comune e senziente, nel suo presente consapevole. Con grande onestà intellettuale e fedeltà storica, spogliata dal preconcetto e dall'ingiuria, Toni Trupia - che ci conferma, al suo secondo lavoro, un talento cinematografico indiscusso - ha acceso una luce sul lato della medaglia troppo svalutato negli anni, regalando un meraviglioso riscatto alle vittime: chi ha fatto e chi ha subito, hanno dentro lo stesso dolore. La condanna di una vita, senza vita.
Andate a vederlo, fatevi 'sto favore.

Dell'inizio dell'anno e fantasie sul futuro

La tavola è rimasta come un campo di battaglia: briciole, frammenti, detriti e piatti sporchi.
L'odore dei soffritti ancora impregna le pareti del nostro soggiorno - adiacente alla cucina - e la vita, la vita sembra essere un'enorme ascella sudata.

Questo è ciò che resta delle feste, le prime passate in casa nostra.
E alla mezzanotte, ci siamo potuti finalmente dire auguri, buon anno, senza dover scappare dietro un bancone a riempire chupiti di vodka alla menta, per figlie di mamma pronte al collasso. Il veglione, la notte, le gonne corte, le ambulanze, il freddo, le corse e le dita in gola, il cornetto caldo la mattina e il mascara sbavato, hanno ceduto il posto a due sane ore d'amore in caldo appartamento ammobiliato in centro città: casa nostra. Una bottiglia di amaro Averna per spingere la salsiccia e gli sfincioni fino all'ultima tappa del viaggio, e uno spumante finito a metà, tra uno scopone scientifico e una cucchiaiata di lenticchie. Di buon auspicio, dicono.

Sono disoccupata.
O meglio non ho attualmente un'occupazione retribuita, ma di progetti per le mani e per la testa ne ho fin troppi, alla ricerca di un finanziatore. Ma siamo solo al tre di gennaio, ed è la mia prima vacanza forzata da cinque anni a questa parte. Sto sperimentando la poesia immensa di fare colazione seduta, di leggere le mail con calma, di pettinarmi per bene e non costringere la chioma ad uno sbrigativo quanto burino chignon mattutino. Mi sto rilassando.
E rilassandomi scrivo, o scriverei, non so ancora di cosa precisamente ma sento che l'idea buona è dietro la porta: sta citofonando. Sarà questo l'anno in cui troverò il mio posto nel mondo? Non lo so.
Nel frattempo, riprendo da dove avevo interrotto: la specialistica. E mi pare un buon inizio.

Se sei un trentenne, o un quasi trentenne, da queste parti (Agrigento, Sicilia), dormi sotto braccio al senso di colpa e alla voglia impellente di svegliarti altrove, fosse anche la fredda e bianca Lapponia, pur che sia un posto in cui sogno equivalga a possibilità. Da queste parti, i capelli bianchi sono ancora una prerogativa, una costante della gavetta; come dire: il primo contratto e la prima pensione arrivano lo stesso mese, generalmente subito dopo il sessantesimo compleanno. 
E allora ti guardi le mani raggrinzite, la pelle tirata fino ai bordi delle unghie e macchiata di chiazze brune, afferri lo smartphone e inforchi le lenti per abbattere, per qualche minuto, la presbiopia galoppante. Apri Facebook e cerchi di ricordare i nomi dei tuoi clienti, digrigni i denti, il ponte traballa dolcemente, e scorgi fra le cartelle del desktop un documento dal nome: piano editoriale. Vuoi seguirlo, studiare, schedulare ma il pannolone - ormai zuppo di urine e umori di vario genere e natura - ti pesa sulle cosce molesto, irritando la zona inguinale e impastandosi con il Bepanthenol. Era bello quando ci coprivi solo i tatuaggi. E un po' la vita di appare amara, ti chiedi se forse tuo padre non aveva ragione a consigliarti giurisprudenza.
Guardi la foto sul mobile: tu e il tuo compagno state ancora convivendo, e nel frattempo la menopausa e l'andropausa stanno bevendo il té sul divano del salotto, spogliate di ogni libido e da ogni compassionevole tentativo di erezione da parte degli organi, ormai avvizziti.

Come immagino la mia maturità. Un tempo totalmente indefinito, protagonisti la crusca e un iPhone 5s scovato in un negozio di chincaglierie vintage, un catetere di passioni sciolte e di progetti chiusi con lo strappo di un Tena Lady discreto. Tutto questo, solo perché scelgo follemente di continuare a vivere qui, nella punta consumata di uno stivale fuori moda.
E quando i nipoti mi chiederanno la paghetta, avrò così tanto interiorizzato la famosa gavetta che fa curriculum, che li abbraccerò, appoggerò le braccia sui loro fianchi adiposi farciti di iPad Plus Pro Mille, e gli dirò: prima imposta il target e la location, poi ti accetto l'inserzione. Per le marchette brandizzate parlate col nonno. Lui faceva i chupiti alla menta.

La dura vita di una blogger in terra di Sicilia.