E tu sei il numero:

domenica 1 aprile 2018

Risorgere.

Sei arrivato quando stavo per raschiare il fondo delle mie energie.
La perdita del papà di Gabri, brutte notizie per il mio, il trasloco, le partenze, le distanze, la fine di un lavoro che mi ero sudata e in cui avevo creduto e dentro il quale, alla fine, non mi riconoscevo più. Tutto in due soli mesi: da agosto ad ottobre.
Avevo perso ciò che comunemente si definisce: pace interiore.
Sapevo che per ripartire, sarei dovuta tornare indietro, fare qualche passo verso la passione che non mi ha mai tradito o lasciato sola: la scrittura.
Un giorno Marcello mi ha telefonato, invitandomi a casa sua insieme ad altri quattro, che tu adesso conosci bene coi nomi di: zia Chiara, zio Fulvio, zio Mattia. E naturalmente zio Marcello. Da quell'incontro sarebbero iniziati cinque mesi di lavoro fittissimo, per dare vita a chetiracconto.it
Poi le nausee, i giorni a letto, la spossatezza: è virus, non è virus, è gastrite, e le pillole, le iniezioni. Invece eri solo tu, per fortuna. Così, dal giorno che ti conosco, mi pare che nessuno mi conosca meglio di te: dall'interno mi hai vista vestire ogni gamma del mio umore. Dalla mia pancia, hai sentito la mia rabbia, la delusione, la gioia, e la commozione. Ecco, da quando ti conosco mi commuovo più spesso, e i cartoni animati con cani e/o bambini sono un vero strazio d'amore per me. Con la tua esistenza lunga venti centimetri, hai preso tutti i lati peggiori del mio carattere e li hai annientati, ovattandomi dalle sensazioni negative e filtrandole col tuo cuore, prima che arrivassero al mio. Un figlio ti cambia, ho sentito ripetere per tutta la vita. Sulla fiducia ci credevo, ma non sapevo che potesse iniziare a farlo ancora prima di nascere.
Sei la mia Pace.
E quindi, anche la mia Pasqua.
Perché smorzi tutte le cose che mi montano in pancia, quando vorrei perdere la testa o rispondere alle parole con altrettante parole: tu mi hai regalato il silenzio. Non quello di chi si arrende, ma quello di chi riesce a planare sopra gli eventi, gli sbagli, le piccole cose stupide, sopra il poco valore. Come ho fatto a non vivere così, prima di te? Come ho fatto a non immaginare quanto bene si sta, a fluttuare leggeri, rispondendo all'ignoranza e alla cattiveria, solo con una dose di spiazzante amore?
Sei il mio Salvatore.
Ed è questo il più grande privilegio dell'esserti madre: averti ricevuto come un dono, non quand'è festa, ma per portare una festa.
E in quest'uovo che è la mia pancia, tu balli le musiche dei bambini furbetti, che spero non somiglino affatto a ritmi latino-americani che ascolta tuo padre a casa.
Di me, Antonio mio, ti dirò - in tutta sincerità - che non ho voglia di far telefonate o mandare messaggi di auguri che io non senta di dover fare col cuore. Non sono mai stata una brava attrice.
Una Santa Pasqua arrivi con più forza dove Dio vede famiglie disgregate e lontane, parole sottaciute, rabbia repressa, invidie immotivate e giudizi perentori, tradimenti e livori che avvelenano di inutilità. Tutta robaccia che non vedrai mai, da dove ti trovi e neanche quando ne sarai fuori, in tua madre e in tuo padre. Nella tua casa vedrai solo l'amore che ti ha portato, e che tu stesso arrivando hai moltiplicato.
Che sia una Santa Pasqua anche per tutti voi.
Il Sacrificio della Croce, che ogni giorno sperimentiamo in piccola parte con chiodi di diversa misura, ci dia un motivo in più per sopportare ed uscire migliori dalle nostre sofferenze. Provati ma forti, pronti a tutto: anche alla felicità. Pensando che nella storia accanto, c'è un dolore più grande del nostro, e neppure lo vediamo, annebbiati dall'egoismo e dalla vanità.
Valentina.