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giovedì 8 febbraio 2018

Una casa fa e la nausea: cronache di una gravidanza.

Quando abitavamo nell'altra casa, ad Agrigento, le giornate erano ad incastro: dei puzzle di impegni e doveri, che mi rendevano comunque felice e di cui sento la mancanza.
Ogni giorno, dopo il lavoro, mi fermavo a comprare il pane dal signor Salvatore in via Esseneto. Quando al bancone trovavo Federica, la mia amica, scambiavamo quattro chiacchiere e prendevo anche i pasticcini alla Nutella. In macchina piluccavo qualche 'mmiscata mignon o il culetto del filoncino che staccavo subito, com'è mia abitudine. Gabriele era già a lavoro e quando non ero troppo stanca o spettinata, passavo a salutarlo, prima di tornare da Zenzero.
I giorni deputati alla spesa, solitamente, erano due: il giovedì in pausa pranzo, o il sabato mattina.
C'era questo supermercato vicino a casa nostra, ch'era diventato la mia seconda casa, lo adoravo e continuo a farlo, ma adesso è scomodo da raggiungere. Facevo una spesa standard, sempre: confezione da tre peperoni (giallo, rosso e verde) da fare grigliati o al forno con un filo d'olio, zuppe di legumi pronte da scaldare due minuti al microonde, zucca rossa per la vellutata, Philadelphia da spalmare sui panini ai cereali, fesa di tacchino e mozzarella, piadine solo se in offerta, detersivi per la casa e succhi di frutta alla pera. Al reparto surgelati: minestrone, patate prezzemolate e Bastoncini Findus, rigorosamente mai fritti ma grigliati. C'era anche l'insalata di quinoa con tonno e pomodoro e fagioli, fresca, da portarsi anche in spiaggia. Una volta al mese, quand'ero presa bene e la bilancia mi arrideva, prendevo birra e patatine per festeggiare qualcosa o niente, con Gabriele. Un'alimentazione virtuosa, oltraggiata solo da qualche piadina Roberto, di tanto in tanto.
Il sabato c'era anche il mercato Coldiretti in piazzale Ugo la Malfa: i cavolfiori e il miele di casa, le zucchine e i friggitelli dolci per fare le frittate, quando avevo tempo, la domenica.
Quando facevo la spesa, camminavo tra le corsie piene, sempre con gli auricolari e mia mamma all'altro capo del telefono: erano gli unici momenti in cui potevo parlare con lei, lontana geograficamente, insieme a quelli in cui lavavo i piatti e ritiravo la biancheria. Le comunicavo le offerte, chiedendo approvazione. Se lei diceva che sì, il Coccolino è conveniente, allora lo prendevo, se no niente.
C'è un fascino nella spesa che non tutti comprendono: per qualcuno è uno stress, a me rilassa. Vedere il banco frigo debordante di scamorze e salami Napoli, fusi di pollo e provole affumicate, yogurt e bagnoschiuma alle rose, mi riempie di soddisfazione. Anche se poi è una fatica portarla su e sezionarla negli stipi, è bello.
Con la carta sconti, talvolta, ho risparmiato perfino venti euro.
Ero pronta, resistente, interessata, attenta: innamorata del carrello e di tutto il suo nutriente contenuto.
Ieri, per poco, non ho vomitato alle casse, a causa dell'odore dei sacchetti.
Dite che mi avrebbero fatta passare?

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