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martedì 13 marzo 2018

Amore a bordo - Lettera #4

Ciao amore,
certe volte ti scrivo per sentirti, certe altre per paura. Oggi ti scrivo perché ho paura.

Pensavo che diventar mamma fosse semplice: resti incinta, attendi attendi attendi, poi nasce e via. Ma se fosse stato tutto così facile, non sarebbe stato reale.

Quando papà ed io abbiamo provato ad averti, me l'hanno detto subito: hai l'utero setto (diviso a metà), prima di avere un bambino, devi operarti e sistemarlo. 
Ma poi, proprio durante un'ecografia per vedere di aggiustare quest'utero tutto matto, sei saltato fuori tu: il nostro miracolo.

Era l'otto di gennaio del duemiladiciotto, il tuo papà stava dormendo dopo un turno a lavoro. Ed io ero in uno studio ginecologico con la mia mamma e il mio papà - che era rimasto giù in macchina per delicatezza - e lì, in quella sera scarica e spenta, qualcuno da lassù ha acceso la mia luce più bella.


Vomitavo da giorni e giorni, e il dottore a un certo punto mi ha chiesto:

Valentì, ma l'hai fatto il test di gravidanza?

Ma noi eravamo sicuri, certi, che non potesse essere vero: non questo mese. E invece, invece amore mio ci hai stupiti e sei volato dentro questa pancia un po' imperfetta, ma che continua a lievitare ogni giorno, come un pane profumato e caldo. Si sta al caldo lì dentro? Stai bene?

Nel manuale delle mamme dovrebbero scriverlo al primo paragrafo, ma che dico, in copertina: 
Comincerai a chiederti se sta bene, dal giorno in cui scoprirai di aspettarlo. Sarà la tua unica ossessione e desidererai ricevere una risposta, ogni volta che glielo chiedi, parlando da sola - ad alta voce - come una matta.

Mi hanno detto che, proprio a causa del mio doppio utero, avrai un po' meno spazio e potresti chiedermi di venir fuori prima del tempo. Devo stare a riposo, a dieta, evitare le schifezze, ma poi ogni tanto mi viene voglia di pizza e cedo: ti piace il salato, ho capito. L'ho capito per un cannolo alla ricotta intero, non me lo fai finire mai.


Ogni tanto mi perdo in articoli e statistiche, numeri che disegnano percentuali spaventose. Vado su Google e cerco: gravidanza utero didelfo.

Allora piango, senza farmi vedere, e ogni settimana nuova che iniziamo insieme, ringrazio Dio e la Madonna e tutti i Santi. Quando mi piglia l'angoscia, vado da Gabriele e gli dico:

Come sta oggi Fillino?

Bene amore, non lo vedi come sei bella? Come deve stare? Bene!

La mia mamma dice che non devo perdermi nei meandri di internet.

Ma come, una ragazza colta e laureata come te, crede a queste cose che legge? Non le guardare, prega!

Il tuo papà dice che ho le minne giganti, più giganti di prima, ecco perché è sempre felice e contento. Anche quando torna da lavorare, si distende accanto a noi e comincia a coccolarti, a darmi baci attorno all'ombelico, facendomi notare quanto stia venendo fuori, a poco a poco. E poi con la mano grande, enorme, ci riscalda: pensiamo all'ultima ecografia, in cui hai ballato come un piccolo John Travolta, tutto il tempo. E alla prossima, in cui sogno di vederti ballare di nuovo, questo valzer dei bimbi piccoli e moderatamente monelli. In momenti come questo, amore mio, non riesco proprio a dubitare che possa andar bene. E che tu possa avere la sua bocca a cuore, e il naso all'insù. Glielo dico e lui sorride, il furbo.


Amore, ma di me proprio niente deve prendere? Sono la mamma.

Voglio che prende la testa, e basta però.

Ah, Fillino mio, quanta pazienza ci vuole col tuo papà.

Poi penso al destino: se ha voluto che noi quattro fossimo famiglia, famiglia saremo. Vero?



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