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mercoledì 5 giugno 2013

#fundiary - un sostanzioso post sul meno 24.

ore 17.30

Sono al Castello, nella grande sala al piano superiore, con la tavolata ovale intorno alla quale ci sediamo ogni lunedì pomeriggio noi del F.U.N., per ragionare sulla gestione del lavoro.
Torno da un bel giro al mare, ho preso un caffè calmissimo e ho analizzato con lo sguardo ogni singola duna, o manifestazione della Natura perchè è a lei che vogliamo tornare, ogni filo d'erba; un bagno nel Creato.
Tengo sempre un'agenda in borsa, quando non c'è lei, c'è il cellulare. Ho appuntato due o tre visioni:

<<Dovrei essere già al Castello, ma avevo bisogno di sentire il Capo da qualche parte oggi.
Così mi sono messa in macchina e sono andata a prendere un buon caffè da Totò, perchè -a parte che è davvero buono- la famiglia è sempre la prima cosa. Sono risalita in macchina e giù le curve, curve verdissime, una dopo l'altra, belle da non vedere le strade divelte, così belle da non vedere nient'altro. Guido piano, alzo gli occhi e una collina verde carico mi si apre davanti, puntellata d'alberi e sole, raggi infiniti fra gli aghi di pino, auto in corsa come frecce nel vento di Giugno. Dopodomani è il mio compleanno. Uccelli s'inseguono neri e sorridenti - me l'immagino sorridere - vanno al mare. Sono al mare adesso e il muretto non c'è più, i pescatori sempre però. Non demordono, sanno che per questa pazienza di tenere la canna saranno ripagati, dal fondo qualcosa sale sempre. L'azzurro è una tavola, sia sotto che sopra, una sinfonia di tranquille onde stupra delicatamente questo silenzio perfetto. Immobile. La sabbia è bianchissima, compatta, invidiabile. Fiori, fichidindia, grano mi afferrano per i capelli, m'implorano di restare e lottare. Il muretto del mio primo bacio anche lui crollato come biscotto. Sono a casa, al sicuro, Cannatello, i suoi profumi maleodoranti, la sua sporchissima poesia. 
Ok, Capo, ho capito cosa vuoi dirmi: la felicità è un processo naturale. Come l'Amore.
Grazie, torno a Favara.>>

Da quando lavoriamo al Castello, la mia visione del mondo - inteso come aspetto squisitamente materiale - è del tutto cambiata: è clinica, seziona la matrice estetica di ogni creazione architettonica presente sul territorio sul quale viaggio. Un continuo scandaglio delle forme, delle simmetrie e delle armonie mancanti. Fino ad ora, mi sono risposta che sì, solo in Natura tutto trova una collocazione perfettamente intonata col resto, è per questo che si dovrebbe prestarle più attenzione. Seguire la sua impronta.
Dicevo, sono nella grande sala e butto gli occhi in alto, su una finestra piccola ma carica di luce bianca tardo-pomeridiana; le pareti chiare del Castello salgono alte e sicure, ci guardano lavorare silenziose. Il Medioevo delle forme mi risucchia per qualche minuto, poi torno al presente.
Fra un'ora circa gli studenti della Facoltà di Architettura dell'Università di Agrigento vengono a presentare i loro progetti per F.U.N., seguiti dal professore Giuseppe Guerrera e dall'architetto Lillo Giglia - che ormai è il nostro amico Lillo, compagno di fatiche.

ore 18.30

La Squadra molla cartone e colla, ci raduniamo tutti serissimi nella Sala del Collare.
C'è un grande tavolo sul quale sono posizionati i plastici dei progetti. Passo a salutare i ragazzi, scambiamo quattro chiacchiere, li conosco un po' prima della presentazione ufficiale. Sono tesi, motivati, energici. Gli chiedo di raccontarmi come hanno agito, a cosa hanno pensato per buttare giù le idee. Hanno elaborato tutto in tempi ristretti, dico che per me i tempi ristretti stimolano al massimo la creatività - ripenso, in verità a quel laboratorio di scrittura creativa fatto all'Università che ci obbligava a scrivere un pezzo guardando una foto in dieci miseri minuti, risultato: la storia migliore mai scritta in vita mia - dicevo, parlo coi ragazzi, mi piacciono.
Comincia la presentazione vera, davanti la commissione composta da Andrea Bartoli, Leonardo Pitruzzella, l'architetto Gianni Di Matteo e il professore architetto Michele Sbacchi.
Il primo, il secondo progetto e così via fino all'ultimo. Una carrellata di vibrazioni e colore. Non invidio la commissione che dovrà sceglierne solo uno: sono tutti molto d'impatto, ma realizzarli tutti non si può.
Nessuno degli studenti - o quasi - è Favarese, mi sorprende la passione e il coinvolgimento con cui parlano di Favara e F.U.N. Ne parlano con la serietà e il rispetto di chi sta analizzando scientificamente un fenomeno storico, di cui noi da dentro - penso - non riusciamo a quantificare la portata, non riusciamo a percepirla.
Oggi ho preso consapevolezza del fatto che il nostro lavoro è oggetto di studi, idee, notti insonni di studenti come me: io perdo le notti sui manoscritti di Leopardi (oltre che su tutto questo) , loro su F.U.N.  e il Castello, vedendo nel singolo progetto la proiezione futura della loro sfera professionale. In loro, mentre espongono e parlano di materiali e disegni, rivedo la mia ansia di far bene e arrivare all'obiettivo.
Tutto questo mi riempie di motivazione e stima, vorrei ringraziarli e spero che qualcuno di loro leggerà questo: ragazzi grazie. Mentre la Commissione si riunisce per deliberare, sto sulla Corte con alcuni di loro e Adriana Bacchi, vice-presidente di Favara Urban Network. Parlo con Morena e Isabella, mi complimento per le loro idee, sono stanche ma sorridono, così come noi. 

La Commissione ha deciso; Andrea ci comunica il responso: il progetto scelto è Playing with art di Luigi Vinciguerra, Bernardo Rogato e Pietro Verdina. La proposta consiste nella realizzazione di un mega-puzzle di tasselli cartonati sparsi per Piazza Cavour e in altri angoli di Favara nella giornata del 29 Giugno, giorno dell'apertura del Castello. Saranno realizzati dei mattoncini - utilizzando il cartone col quale stiamo già lavorando da settimane - e sui quali verranno scritti dei pensieri, frasi, slogan, che facciano venir voglia di prenderli e metterli sul comodino una volta tornati a casa, la sera. I ragazzi sono soddisfatti, e anche noi lo siamo. Ore 19.30 - chiusura del Castello Mi fermo sull'uscio, l'aria è fresca, il tramonto arriva silenzioso e pudico; non vuole disturbare. Qualche auto costeggia Piazza Cavour, un alito di vento mi sposta i capelli senza scombinarli. Aspetto il professore Guerrera e l'architetto Giglia, il primo per conoscerlo e capire, il secondo per capire e una birra insieme al Caffè Italia. Il professore architetto Giuseppe Guerrera sta progettando la Corte del Castello. Adesso, se scegliessi di descrivervi per filo e per segno ciò che vedrete il 29 Giugno entrando al Castello, bè, il gusto ve lo toglierei. Un po' come i film, presentati mesi prima in forma sincopata in mini-clip di pochi minuti di trailer, stando bene attenti a non spoilerare il finale; loro della cinematografia lo fanno per marketing, noi lo facciamo per non rovinarvi l'effetto sorpresa, che è ciò su cui puntiamo tutto per l'inaugurazione che ci aspetta. Il professore è un uomo composto, compiuto, pragmatico. Mi spiega come sarà adoperato il legno giallo che vi posto da giorni sulla pagina Facebook di Favara Urban Network. Alterna momenti di serena discorsività tecnica, a momenti di commossa coscienza storica. Mi sento di sorridergli in segno di condivisione, accompagnando il mio sorriso con un cenno della testa affermativo. Mi spiega che per dare vita alla progettazione del Castello dei Chiaramonte di Favara, ha tenuto conto dell'impiego passato delle Sale, dell'uso originario al fine della prigionia, e tutta la sua breve lectio architettonica mi appare incredibilmente umana, viva, sincera, attraversata da un senso di estrema Bellezza che non si manifesta in tutta libertà, frenato da quella coscienza storica che solo l'uomo in quanto uomo può compartecipare. Un'intensa risonanza di cromatismi, simboli, materiali, materia traduce il suo sentire in progetto, idea, creazione. Mentre mi parla penso che è una grande fortuna averlo tra di noi, a Favara. Un doppio ritorno alle radici, è poi il secondo binario del nostro breve viaggio: la terra come fonte primordiale di sostentamento e creazione. <Ma chi sa coltivarla adesso la terra?>, dice conclusivo ma non disfattista, anzi velatamente positivo nel coniugare questa necessità di ritorno alle radici col nostro concetto di agricoltura all'interno del maniero. <Chi l'aveva mai fatto? Agricoltura dentro un Castello?>, sorride compiaciuto. <E' vero.>, gli faccio io riflettendo sulla plausibilità totale della sua affermazione. A questo punto penso non sia affatto un caso ch'io abbia proprio riflettuto su questo nel mio caffè ante-pomeridiano, ma non posso dirglielo, è solo l'ennesima vacanza del mio pensiero di cui non posso renderlo partecipe se non con la lettura - che spero farà - di tutto questo. Saluto il professore Guerrera stringendogli la mano, non con una stretta di circostanza, ma una stretta di gratitudine, positiva, convinta. Lillo si ferma, mi chiede, parliamo. Mi complimento per la grinta dei suoi studenti e gli chiedo cosa pensa del progetto vincitore. Mi sorride amichevole, come sempre fa, e tira fuori una metafora felice e coinvolgente. Dice che quei mattoncini - quelli che faranno in cartone con le frasi sopra, sì - sono un po' come noi, gente di qua che si sta muovendo. Quei mattoncini presi singolarmente avranno un senso parziale, ma solo aggregati costituiscono una grande e bella immagine. Così i Favaresi devono riconoscersi in un'unica grande comunità in crescita verso quello che lui ama definire avanzamento culturale. Lillo Giglia è un architetto multi-tasking, il tempo che intercorre tra un progetto pensato e un progetto creato con lui è inesistente. L'ho visto più volte in azione, con quella sua maniera brillante, pensata, accesa, di credere in quel che fa. Oggi, quando parlavamo degli studenti di Architettura, leggevo nei suoi occhi quell'ottimismo e quella fiducia di un padre ch'è fiero dei figli e di come vanno bene a scuola. E noi di F.U.N. siamo fieri di lui.

Ore 23.42

La mia giornata volge al termine. Voglio lasciarvi con una bella dedica di Fabio Bruccoleri, 

quasi avvocato impegnato nel rilancio del Castello e di Favara. Colgo l'occasione per ringraziarlo d'essere tornato nella sua casa, nei suoi luoghi, e per amarli con la stessa forza di tutti noi, il nostro collante. Ho rubato le parole che seguono dalla sua timeline di Facebook e ve le consegno quì, così, lasciandole intatte:

Su questo colle sorge una città. L'abbandonai tanti anni fa per svariate ragioni, forse alcune veramente futili, ma l'abbandonai! Non sentivo più senso appartenenza. (Anche se al <di dove sei?> , quesito fattomi da persone proveniente anche da molto lontano, ho sempre risposto sinceramente) Qualche tempo fa lasciai la città dove frequentavo l'università, Palermo, per tornare nella mia provincia di appartenenza. Abito a San Leone, ho amici, anche Fraterni, ad Agrigento ma nonostante tutto ció che di bello Akragas mi abbia potuto dare e mi darà (ed è veramente tanto, tantissimo) qualcosa non andava. Sentivo la mancanza di un nonsocchè. Poco più di un mese fa fui contagiato dalla passione per il cambiamento che stava avvenendo nella città "abbandonata" di una -ai tempi conoscente, ma ora- cara amica. Le cose più belle, è risaputo, accadono sempre per caso. Annoiato dallo studio, prendo l'iPad, apro Facebook e leggo il primo post in ordine cronologico. Era proprio di quest'amica, me cumpari Valentina, e trattava di un'iniziativa per adottare delle aiuole. Noto qualcosa di strano: è un bellissimo progetto proprio nella città che abbandonai , quella che se ne parlava sempre male ai TG, anche nazionali. Mi interesso ai post di Vale, appena vedo il suo nome nella Timeline divoro le sue parole condivise nel mondo virtuale (gna pó, cosi giusti, scrive divinamente). Tempo dopo, sempre per caso, trovo come primo un suo post in cui si fa riferimento a riunione-giovani-cambiamento-progetto, guardo la lista contatti nella chat e trovo il pallino verde accanto al suo nome. Senza pensarci due volte, pur non avendo avuto mai tanta confidenza, le scrivo che trovo magnifico tutto quello che sta facendo e le chiedo se alla prossima riunione avessi potuto partecipare anche io. Mi risponde immediatamente ringraziandomi per le belle parole e dopo un "Certo che puoi venire", grande come il mondo, chiudiamo la conversazione con la sua promessa di indicarmi luogo,data e ora della prossima riunione. Qualche giorno dopo mi fa sapere che avverrà il 2 Maggio alla FARM alle ore 16... Arriva il fatidico giorno, prendo la moto, ed all'orario stabilito arrivo al FARM CULTURAL PARK. (Primo positivo shock...non c'ero mai stato) Entro nella Sala Nera e vedo tanti ragazzi attorno ad un fantastico tavolo imbandito da PCs e fogli di carta. Saluto qualche conoscente e subito dopo poggio me stesso ed il casco su di uno scalino. Osservo i presenti senza proferire parola ed ascolto con attenzione cosa e come lo dicono. Arriva sempre più gente, tanta gente, devo spostare il casco per far passare e sedere i nuovi arrivati  . La situazione è veramente piacevole e stimolante.
Oggi,04/06/2013, ho un pensiero fisso nella mente, ed è il seguente:<< macuminchiamilaviaddiri che con queste persone avrei trascorso tutte le mie giornate (anche tramite chat di FB "a tempesta"), che avrei trovato Vita, che mi sarei ritrovato a fare l'imbianchino, ad essere socio fondatore dell'associazione nata qualche tempo dopo, FUN, a scaricare un tir carico di cartone, a fare spot, video, foto, regolamenti, cercare idee artistiche, incollare, tagliare, organizzare serate, condividere eventi, vendere ticket, stare giornate sane in piazza tra castello e caffè Italia, incazzarmi per chi non arriva a capire il significato di innovazione e cambiamento, girare di notte alla ricerca di una location per un video, portare cari amici da altre città, e tanto, ma tanto tanto tanto altro ancora...>>
Ecco, ora ho capito cosa mancava, cosa non andava. Sono stato troppo tempo lontano da quella che oggi posso considerare a pieno titolo la MIA Città. Lei mi appartiene ed io a Lei. Adoro Favara, adoro FUN!
Sono Tornato a Casa! Ho trovato "Casa"!





Dunque bentornato. Buonanotte.






 

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