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domenica 1 settembre 2013

Mi sveglio, ed è Marzo.

Ho aperto gli occhi ch'erano le 7 in punto. Li ho buttati sul cellulare, rimasto acceso tutta la notte, e ho visto ch'erano le 7 in punto, di domenica mattina. La prima domenica mattina di Settembre.
La consuetudine naturale della settimana che mi butto alle spalle è quella d'essere mattiniera, propositiva e molto pensierosa. Come tutte le altre sei mattine che precedono questa, sono in balcone - che io preferisco chiamare veranda, perchè anche s'è piccolo io lo vivo come grande - sono in veranda, con la tavola apparecchiata da colazione, un bicchierone d'acqua fresco e Favara silenziosa tutta intorno. C'è la biancheria stesa a prender fresco più che ad asciugare e dalla cucina esce forte l'odore di salsa di pomodoro; mamma ne ha comprate due casse grandi e ieri lo ha cotto tutto e poi passato e poi ricotto e poi messo in buste da congelare e tirare fuori l'inverno, quando si ha nostalgia dell'estate e non ci va di mangiare la minestra. Quando non vivevo in casa con loro, quando vivevo a Catania, tirare fuori quelle conserve ha rappresentato più volte la mia salvezza - come capita da sempre a molti altri studenti fuori sede, e sempre in eterno capiterà - lo stesso pomodoro, scaldato in un tegamino e poi versato su una montagnetta di spaghetti collosi, dei quali non azzeccai mai la cottura, se non al ritorno nella casa materna. Ovvero quando non serviva più.

Questa potrebbe essere una mattina di Marzo, anzi per me oggi è il primo di Marzo. Settembre è l'emblema dei nuovi inizi, delle sfide rinnovate, degli azzardi, dei propositi: è identico a Gennaio. Dopo il primo di Settembre e dopo il primo di Gennaio ci si metterà a dieta, si tornerà a lavorare o a cercare un lavoro, si risolveranno le questioni spinose della vita accantonate per un lungo riposo dei sensi, si cambierà pelle e si perderanno cinque chili. Io, però, non mi sento così.
Mi sento come quando inizia Marzo, il preludio della Primavera che dolcemente ci appoggia sull'estate a venire, la stagione delle speranze e delle energie solari che si infrangono sui sensi, rinfrancandoli. Io mi sento di dover proseguire, non iniziare. Il cielo è grigio quasi bianco, il sole è solo una sfera luminescente e lattiginosa che sgorga fra un contorno di nuvola e un altro, ad aprirmi gli occhi. Una pennellata di verde carica e impressionista disegna la mia scenografia mattutina, e uccelli planando sembrano volermi sbattere contro ma risalgono veloci nello spazio naturale del loro vivere quotidiano, anche loro. Un gallo canta al nuovo giorno che nasce furioso.

Ad asciugare è steso un vestito di mia madre, nero a fiori. Il cerchio si chiude dolcemente, con uno di quei collegamenti tra vita e poesia che solo in mattine così - o in pochi altri momenti - sembra potersi verificare con una tale puntualità di idee.
<Al ventuno del mese i nostri soldi erano già finiti, io pensavo a mia madre e rivedevo i suoi vestiti, il più bello era nero coi fiori non ancora appassiti. All'uscita di scuola i ragazzi vendevano i libri, io restavo a guardarli cercando il coraggio per imitarli, poi sconfitto tornavo a giocar con la mente e i suoi tarli, e la sera al telefono tu mi chiedevi: perchè non parli?> E' Lucio Battisti, I giardini di Marzo.
Questo è il mio Marzo, non l'inizio di un nuovo percorso, ma la conferma della rivoluzione avviata per modificare l'asse dei miei sorrisi e l'apertura dei miei occhi, il preludio della mia Primavera, il prologo di questa storia bella e nuova che odora di pomodoro e case gialle e ciuffi d'alberi e detersivo per pavimenti alla lavanda e cotone rosa. Non ho nessun proposito settembrino da inventarmi, nessun progetto da tracciare sulla carta millimetrata dei nuovi domani: ho la mia Vita, ed è perfetta così. Sono felice.
I giorni che verranno non avranno foglie arancio a lastricare le strade e l'autunno non pioverà grigio. Ci metteremo il sole, come se fosse un'altra stagione, come se noi fossimo altro. Useremo la fantasia, che ci salva sempre, e ameremo la pioggia e ameremo l'inverno e ameremo le coperte gelate dell'estate finita e passeggeremo sui viali stretti del paese da rifare e alzeremo maniche di camicie consumate e a basso costo, ma mai perderemo la speranza di una nuova alba. Mai nessuno ci negherà un risveglio più dolce, neppure la dieta.

In posta, al mio risveglio, ho trovato un regalo da parte di un uomo che ormai mi sa - Eskimo, Guccini - ed è così che voglio chiudere questo post sul nuovo mese:
<Questa domenica in Settembre non sarebbe pesata così, l'Estate finiva più nature vent'anni fa o giù di lì. [...] Perchè mi amavi non l'ho mai capito, così diverso da quei tuoi clichè, perchè fra i tanti, bella, che hai colpito, ti sei gettata addosso proprio a me.>
Un ragazzo passa in bicicletta, il vento mi sposta i fogli e i capelli, il vestito sventola come bandiera, qualcuno al piano di sotto tossisce e si rialza. Mi sveglio, ed è Marzo.

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