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sabato 28 settembre 2013

#ioquamisentosprecata - Riflessione amorfa su Favara.

Io, in questo posto, mi sento sprecata.
E ci ho pensato l'altra sera, ch'era un lunedì sera e sentivo freddo ma non avevo voglia di stare in casa nè di studiare. Allora ho chiamato Laura, abbiamo fatto un giro Piazza ed essendo tutto chiuso, siamo rimaste sulla macchina, ferme, a chiacchierare. La Piazza è molto grande, illuminata quanto basta da farci vedere i punti cardine della nostra vita degli ultimi mesi. Il Comune, il Castello, il Caffè Italia, il Centro Storico: tutti con la 'C'. Ci siamo guardate intorno, in silenzio, e tutte e due - si capiva - pensavamo agli architetti, due in particolare: uno che ci chiude affettuosamente nel suo studio per ore a parlare del Centro Storico e noi lo ascoltiamo attenti, mentre ci fa scorrere slide di fotografie e planimetrie di Favara com'era un tempo e proiezioni  future di quanto bella potrebbe tornare ad essere, con uno sforzo collettivo. Le ore passate nel suo studio mi fanno crescere sempre di almeno un paio d'anni, e i miei sogni li fanno lievitare con una coerenza così bella che non profuma d'altro che di possibilità. I due architetti sono diventati miei amici. L'altro ci porta spesso a visitare i Palazzi abbandonati. Quando ci portò a vedere Palazzo Cafisi, ci raccontò anche un po' di storia, disse che il ragazzo Cafisi padrone (ora perdonatemi non ricordo il nome, ma va bene uguale) all'età di diciotto anni aveva già da un po' avviato i lavori di questa sua grande residenza. Mi ricordo precisamente le nostre espressioni, stavamo tutti pensando che in media siamo tutti trentenni che stanno a casa con mamma e papà. Neppure una casa in affitto solo nostra, figuriamoci. Adesso sto parlando di noi, sto parlando di una generazione figlia dei vostri sbagli, una generazione a cui dovete rendere conto, una generazione incazzata a morte con tutti voi. Di quella mattina in giro tra i Palazzi antichi che occupano lo spazio dietro la Chiesa Madre, uno spazio ignoto e inesistente, a me resta solo tanta tristezza. Le finestre aperte, i balconi sfondati, le lampade aguzze, i vetri incrostati, i marmi anneriti, pareti divelte, soffitti ammaccati, i muri segnati, sporcizia ovunque, gli angoli insicuri, un passato ch'è vivo e piange intristito, in attesa. In attesa. E la colpa è anche mia - o di chi per me - che vivo in periferia, la zona nuova di Favara, il nuovo cuore pulsante delle strade che precedono a Strata Nova, lontano dai vecchi ricordi, dalla precarietà delle forme, dal degrado sociale, dalle famiglie povere. E io adesso sono una di loro. Siamo tutti uno di loro. Da quando Michele quella domenica ci portò tra i Palazzi, io non guardo più la Piazza con l'occhio assente e divertito di prima, io la mia Piazza la soffro tutta, davanti e dietro. Mi immagino le famiglie che la vivevano cento, duecento, trecento anni fa: i galantuomini, le mogli affacciate dai balconi, la mafia del rispetto, mi immagino orologi e bastoni, la ricchezza e la povertà. Ci vedo Verga, Pirandello e Sciascia, ma anche Patti e il miglior Bonaviri. Ci vedo tutta la Sicilia che mi batte nel cuore, e che mi state costringendo a lasciare. Sì, perchè io ci ho pensato e l'altra volta ero col mio ragazzo, lui guidava, gli faccio: <Io, in questo posto, mi sento sprecata.>  M'ha chiesto perchè. E allora gli ho detto di Farm, di Fun, cose che lui già sapeva ma avevo bisogno di raccontare da capo e mentre le raccontavo quel pensiero è svanito. E' svanito perchè adesso a Favara molte cose sono possibili. <Sbrigati a laurearti>, mi dice lui da uomo saggio e come non dargli ragione. <Lo vuoi sapere cos'è un progetto genuino?>, lui continua a guidare e annuisce perchè io continui, <un progetto genuino è quando tutti si ha un obiettivo comune, uno ed uno solo, capisci?>
Ora, l'unica cosa che mi fa sentire sicura che questo esiste dalle mie parti, si chiama Farm Cultural Park -anche se il coniglio non c'è più adesso. Favara Urban Network in questo momento è finalista al concorso ARS Idea360 promosso dalla Fondazione Italiana Accenture.  Lo sapevi? Magari sì, però io farò tutto un post dedicato a questa cosa. E poi ne farò anche un altro  su Canciamula, altro argomento scottante e profumato. Comunque essere un favarese oggi è un' esperienza agrodolce, tipo quando metti la Nutella sui crackers salati. Sono buoni sì, ma senti che c'è anche qualcosa che stona. Noi siamo ancora quel posto dove i bambini disimparano l'italiano a scuola (fatta eccezione per qualche brava insegnante che si è sudata il titolo di studio), siamo quel posto che non ci sta bene niente, nessun progresso o iniziativa di promozione del luogo o miglioramento sociale è visto di buon occhio dall'80% della popolazione, perchè la popolazione è stata stuprata per troppi anni. E adesso vede il marcio ovunque, si lamenta per tutto, è petulante, attribuisce colpe e responsabilità a casaccio, è disinformata, soffre. Riporto una riflessione del mio amico Salvatore Matina, dalla sua pagina Facebook di oggi, m'ha fatto sorridere e pensare:

Problema per Psichiatri e/o Psicologi:
- Ci sono le pattumiere sotto casa: "No i fustina sutta a casa no, ca po c'è fetu!";
- Tolgono le pattumiere da sotto casa: "Ora mi tocca iri o burdellu pi ittari a munnizza!"
- Fanno il porta a porta: "Na minchiata è, la iettu unni c'eranu i fustina!"
Risultato: In meno di tre ore, cumuli di spazzatura nei punti dove c'erano le pattumiere. Favarì, ma chi vo? Chi ha n'testa?

E' vero, eccome se è vero.
Lo sapete cosa? Io voglio sentirmi libera, voglio la libertà di dire che Favara è un paese orrendo e pochissime cose lo salvano, e io sono dentro ad una di quelle pochissime cose che lo salveranno. Io voglio essere arrogante - e posso farlo con tanto di orgoglio alla mano - e dire che i nostri progetti sono pieni d'amore e spirito di sacrificio. Voglio sentirmi libera di odiare la gente che urla e parcheggia sulla Piazza e lascia i SUV in terza fila ed è maleducata. E voglio sentirmi libera di pretendere quello che mi spetta, quello per cui pago, sempre e comunque, anche quando i soldini non ci sono più. Questo paese non funziona, ma non si può ignorare che qualcosa si muove e nel senso giusto, e quel qualcosa non siamo solo noi. C'è un mondo di persone che si associa, si incontra, si attiva, parla e - genuinamente o no, non garantisco per ciò che non conosco - un'altra piega a questo posto vuole darla anche in senso economico.
Quella sera, ch'era un lunedì sera, Laura m'ha riportato a casa e io avrei voluto scrivere ma sentivo un nodo alla gola che non mi ha permesso di far nulla se non: pensare. Ho pensato che se ce l'hanno fatta le altre città a vincere la povertà, il sudiciume, direi che ce la possiamo fare anche noi. Sono una giovane idealista, ingenua e ottimista. Sono una giovane donna di ventiquattro anni che per un po' ha pensato alla fuga, ha pensato di mollare tutto e andare al Nord in cerca di sicurezze. E invece io rimango, rimango per Favara, rimango per il Centro Storico, per i miei amici architetti e anche per tutti gli altri, rimango per la mia Famiglia, e perchè sono buona. Rimango perchè sono felice di rimanere e, nel limite delle mie forze e delle mie possibilità, aggiungerò sempre un piolo a quella scala che piano piano ci sta facendo salire, gradino dopo gradino, ai vertici di un futuro accettabile. Siamo giovani, brillanti e professionisti, mica quattro accattoni ignoranti.
La politica, m'hanno chiesto cosa ne penso.
Bene, la politica come la intendete voi, le elezioni, i voti, le bagarre, e le manifestazioni circensi dentro i consigli comunali, non m'interessano. Non vorrei mai entrare a farne parte. M'interessa il rapporto con le istituzioni, che siano presenti e attive, quello m'interessa.
Il resto... è noia.

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