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mercoledì 6 agosto 2014

Vi racconto il mio papà. Papalove, i gioielli dell'amore.

Dunque ritorno, dopo l'ennesima pausa estivo-meditativa, per raccontarvi cosa bolle in pentola negli ultimi tempi. A parte una dose indefinita di carboidrati che non tengo più il conto, ho messo a rosolare una serie di progetti che mi sto adoperando per mettere a frutto, gettando la semenza su questo territorio franoso chiamato: futuro.

Bon, a capeggiare sul podio v'è quell'edificio romantico e grigiastro chiamato Facoltà di Lettere di Catania, già Dipartimento di Scienze Umanistiche. Il nome della mia facoltà è cambiato almeno tre volte da quand'ero matricola - lustri e lustri fa - questo la dice lunga sul mio profitto e sui tempi esemplari che mi son presa per ottenere il famigerato pezzo di carta. Fra l'altro, questa cosa del Dipartimento Scienze Umanistiche, è abbreviata, sul sito d'Ateneo, con la nomenclatura Disum che, non so a voi, ma a me evoca sempre l'aggettivo disumano, perfettamente attribuibile alla mission in questione: sessione di Settembre.

Ma torniamo ai progetti. E fra i progetti, quello che mi sta più a cuore è Papalove.La storia è la seguente.

Una sera di un paio di mesi fa stavo preparandomi per un'uscita serale col mio uomo e, nella solita corsa all'ultimo anello che precede le mie serate, ho notato di non avere nessun braccialetto, nessun paio di orecchini, nessun ninnolo, perlina, ciondolo, pallina o cammeo che potesse abbinarsi al colore del mio vestito. Mio padre guardava la tv in salotto, e io urlavo per casa, correndo avanti e indietro per l'appartamento, dalla stanza alla cucina e di nuovo dalla cucina alla stanza, con lo smalto fucsia - non fluo, specifico per evitare l'equivoco del gusto - ancora umido sulle unghia che, per la fretta di fare, s'erano spezzate. Mi sentivo tanto gemella Olsen in qualche film da figlia viziata ed isterica in cerca, per l'appunto, di gioiello abbinabile. Così, da brava donnina esausta ancor prima d'uscire e sotto la spinta telefonica della mia dolce metà, ho afferrato il solito braccialetto, l'ho buttato in borsa ripromettendomi di indossarlo non appena in auto e ho salutato mio padre: Papà, dovresti imparare a farmi i gioielli. Solo così avrei cose di tutti i colori. Ciao.

A questo punto della storia mi fermo un attimo, per parlarvi di mio padre. O meglio, di noi due.
Ogni figlia femmina è, per propensione naturale, legata al suo papà da un sentimento duplice, triplice, quadruplice e se scaviamo troviamo l'infinito. Il mio papà è sempre stato il mio migliore amico, la mia spalla, il mio complice e il mio confidente. Senza gelosie, senza tabù, senza bugie. Un papà a cui poter dire la verità, ma che ha sempre mantenuto - non so come - il rigore da genitore, senza fingere. Onestamente.
Fra le tante virtù che quest'uomo reca, indubbia è la sua creatività, intesa proprio come propensione al sogno, libertà mentale, fantasia estrema. Un papà gagliardo, per dirla tutta.

E' stato questo che, la mattina dopo la mia "lamentela" di non avere niente di rosa o colore similare, mio padre m'ha fatto trovare sul comodino un braccialetto di metallo e nastri fucsia intrecciati a mano.
- Papà, ma l'hai fatto tu?
- Sì, m'hai chiesto di imparare a farti i gioielli e ho cercato il tutorial su internet.
A quel primo braccialetto in metallo e nastri colorati, sono seguiti svariati braccialetti e orecchini. Con la media di due paia al giorno, perchè papà è così, quando s'appassiona a qualcosa è la fine. Deve saperla fare alla perfezione, a tutti i costi, con arte.
Qualche settimana dopo, gli ho chiesto di farmi compagnia ad uno dei tanti mercatini The second life alla Farm, durante il quale molte amiche creatrici di gioielli espongono e vendono le loro creazioni. L'ho trovato prima al banchetto di Graziana e poi a quello di Grazia, entrambe gioielliere di gran talento, a chiedere consigli e luoghi dove potersi rifornire di materiali. Casa mia in breve tempo è divenuta una piccola fabbrichetta di gioie colorate e il tavolo della cucina tappezzato di ganci, ciondoli, pc, macchina fotografica, pinze, pinzette e fili di metallo colorato. Così gli ho detto di prendersi la mia stanza, tanto la uso poco, e farne ciò che voleva, il suo piccolo laboratorio.

Un mese fa, rendendomi conto della bellezza di ciò che crea - i miei sono occhi dell'amore eh - soprattutto come frutto della sua mente sognante e della sua bontà d'animo, ho pensato di tirar su un vero e proprio brand di bijoux. Del resto, la comunicazione è il mio lavoro ed è questo che vengo a comunicarvi: mio padre crea gioielli per una figlia maldestra e distratta, e indirettamente crea gioielli per le donne, studiando forme e materiali sempre nuovi, vedendole tutte riflesse nei miei occhi e negli occhi di mia madre, che sono poi gli stessi.
E' così che nasce il progetto Papalove, nome che ho cercato per settimane e che è arrivato in un'afosa sera di luglio mentre ero incolonnata alla Valle dei Templi all'ora di punta di ritorno dai lidi. Quando ho capito che volevo avverare il suo sogno, ho chiamato Paola Merlino, mia amica e adorabile designer nonchè fashion addicted e dal suo estro è nato il logo: il mio papà ed io che lavoriamo insieme ad un'idea alternativa d'amore, quello sprigionato da un gioiello, da un colore, da una forma, un oggetto luminoso fatto dalle mani di un padre in love. Come a tutti i bravi professionisti, m'è bastato dirle cosa desideravo comunicasse e lei, tac, l'ha fatto. Perfettamente.

Questa è dunque l'ultima impresa di Semilascinonvale, raccontarvi di un legame che altro non ha fatto che sprigionare gioia e collaborazione da sempre. E siccome in questo blog s'è sempre parlato del coraggio di chi vuole ancora investire in piccole e grandi imprese qui ed ora, in parte folli, ma sempre incredibilmente genuine e divertenti, non potevo non raccontarvi della storia di Benedetto Oliveri, papà esemplare e creatore di bellezza, sempre pronto a ricominciare e ad imparare un'arte con la curiosità di un ventenne che sa di avere tempo per vedere il suo sogno realizzato, e con lui cresce, fino a vederlo vero.
Questo è solo il primo capitolo di un diario di bordo, di questo viaggio che inizia, lui ed io.
Il mio papà.

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