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domenica 31 agosto 2014

Caro Alessandro, c'hai ragione.

Giorni fa, il mio amico Alessandro, ha scritto delle cose vere, le ha dette. E quando uno dice cose vere, generalmente tendenti alla scomodità, solleva sempre quella consapevole angoscia che quando diviene rassegnata, stratifica e diviene pericolo. Dunque dicendo, ha messo in circolo una serie di riflessioni sui pericoli che corro - che corriamo - e dei quali purtroppo siamo amaramente a conoscenza.
Minchia, che brutto termine, amaramente. Facciamo così: dei quali, purtroppo, siamo non troppo dolcemente a conoscenza.
Per farvi rendere conto di che sto parlando: http://www.isoladeicassintegrati.com/2014/08/28/la-mia-sicilia-del-lavoro-gratis-in-nero-merce-di-scambio-elettorale/

Mi vendo bene io, e mi sono venduta molto bene fin troppe volte a cifre ridicole.
Anch'io come Alessandro Sardone, volevo fare la giornalista, ma mai come adesso mi rendo conto di aver impiegato il mio tempo in imprese del tutto vane, che non avevano nulla della gavetta - dove gavetta sia da leggere come crescita ed esperienza - se non il fatto di essere non retribuite. Ho spizzulìato, per così dire, tra le redazioni più o meno credibili di mezza Sicilia, e se in qualcuna ho imparato i rudimenti della professione, in altre mi sono sentita perfino dire: hai solo 19 anni, quest'articolo è scritto benissimo, non può essere tuo. Da dove l'hai copiato? 
Avevo solo 19 anni ma i tacchi abbastanza rinforzati da essere battuti in ritirata in un flash. E anche tanta inesperienza, che nel tempo si è trasformata, in vari stadi: sono brava, ci credo, ci provo, dai ci riprovo, in fondo ci credo ancora, non ci credo più tanto, non sono abbastanza brava, e via discorrendo, arrivando a pensare che sì, forse è vero, valgo meno di cinquecento euro al mese.

La telefonata per quell'annuncio di cui parla Alessandro, l'ho fatta anch'io. Un tirocinio come giornalista blablabla rilascio del tesserino blablabla ovviamente non retribuito. Tirocinio non retribuito è il must have isolano degli ultimi tempi, e senti: la benzina per andare in Culonia per poi tornare a casa a scrivere mille battute di merda sulla sagra del Porco fritto, me la fai tu vero? Una vita di studi, l'università e i master del settore che mi hanno insegnato a scrivere ha con l'h, me li paghi tu vero? Le ore della giornata che, al prezzo dello stipendio che mi dai e cioè zero, avrei potuto passare a casa a studiare, guardare Sex and the City, imparare a fare pancake e ciambelloni o fare glutei e bicipiti, che fa me li retribuisci per bene vero?
Ah, no? Allora fattelo da solo il pezzo sulla sagra del Porco fritto, certo ha con l'h non è proprio assicurato e neppure il boom di visite che registra il tuo sito grazie al mio contributo, ma va bene, i tuoi lettori non se ne accorgeranno nemmeno. Sei coso tu, c'hai ormai un nome tu.

A tre materie dalla laurea, analogamente all'esperienza di Alessandro, ho lavorato un po' ovunque  e in nessuna delle cose fatte sono stata eccellente, per il semplice fatto che mammà non m'ha fatta per servire ai tavoli ma, ahimè, m'ha fatta topa - nel senso puramente faunistico del termine, no misunderstanding please - da biblioteca, di quelle classiche studentesse di lettere a cui piace usare locuzioni latine quando se ne ricordano e che vanno fiere delle pile di libri impolverati in cameretta, con gli occhiali neri e una leggera miopia che il sabato sera non ci fa riconoscere le persone e ci fa passare per stronze che non salutano più. Così.

Così mi ritrovo ancora una volta a pensare a quell'obiettivo di impresa personale che non vuole render conto a nessun superiore immeritevole del nostro sudato sapere, perchè l'esperienza ad un certo punto deve cessare d'essere utilizzata come capro espiatorio per quello che molto semplicemente si riassume nella parola: sfruttamento.
Il lavoro richiede una retribuzione rispettosa del tempo impiegato non solo durante una giornata, ma di quello che ci è stato utile ad acquisire le competenze necessarie a svolgere quella professione, che di certo non è monetizzabile in cinquecento - o meno - euro al mese.
Mi piacerebbe poter dire: ho scelto di non vendermi più. Eppure so bene io, come lo sapete voi, che ci toccherà accontentarci di un tirocinio non pagato o di un lavoro totalmente fuori contesto rispetto al nostro ambito professionale, finchè sceglieremo di non lasciare la Sicilia. Domani, forse, ci toccherà ancora servire vino bianco consapevoli che, lontano da qui, la gente come noi ha il valore che si merita, e non finisce a pensare di non essere abbastanza brava per farlo. Lo fa, la pagano, vive bene. Così come si dovrebbe. E invece, cari datori di lavoro nostrani, come pensate di far crescere la vostra attività - di qualsiasi natura essa sia - se non incentivate i vostri dipendenti? Se li sottopagate sapendo che c'è la crisi e allora va bene tutto, anche quel poco? Non pensate, d'altra parte, che un lavoratore sfruttato è un lavoratore che a lungo andare non produce? Quali sono gli effetti sulla vostra azienda?

Scrivo da nuovamente disoccupata studentessa, che ha dovuto fare un compromesso con la sua tesi di laurea e l'attività di visual merchandising che le garantiva un MAV ad Unict ogni tre mesi, domani chissà.
Dumani pensa Diu. E dalla Sicilia e i trentenni col culo a terra è tutto, a voi la linea.

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