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martedì 25 novembre 2014

L'amore è uomo, la forza è donna.

Negli anni passati, quando ho scritto di quest'argomento, delicato e fragile come una bolla di sapone, sono spesso incappata in errori, di cui oggi mi pento.
La mia crociata è sempre stata dettata da principi che, in parte, ancora adesso abbraccio ma modificati da un senso profondo di vicinanza alle donne che subiscono violenza da parte degli uomini. Forse perchè mi sento più donna anch'io, ed è mio dovere non fermarmi più allo strato semplicistico che mi portava a dire: ti picchia? ribellati!, ti tratta male? fai qualcosa.
Lasciando così ricadere la responsabilità sulle donne stesse, di continuare a sottacere i delitti, invece di parlarne e urlarli a gran voce.
Adesso, che so cos'è l'amore, so che non è così semplice.

L'amore è un sentimento sfaccettato e con effetti infiniti sulla psiche e sul carattere delle persone: lo modifica, lo adatta, lo rende flessibile e ti fa sviluppare quell'istinto di protezione infinito che non vede nulla. Se ami il tuo partner, lo difenderai anche se ti fa del male, giustificandone la condotta violenta, sperando che cambi, vedendo inesistenti segnali di cambiamento, fino a giungere all'auto-convinzione che ma sì, non è così grave, sono sicura che non ricapiterà. E poi ricapita sempre.

Quando avevo quattro anni circa, venne ad abitare sul mio pianerottolo una coppia di sposi giovani. Bussarono alla nostra porta per presentarsi. Ricordo solo quanto lei fosse fresca e bella, di lui mi rimane solo il ricordo di un energumeno, credo amplificato dalle mie dimensioni del tempo e dall'alone di disagio che lasciò nel mio cuore di bambina. Tra gli scambi di sale ch'era finito, le cipolle e qualche biscotto fatto in casa, passati da balcone a balcone, con la coppia credo nacque quella specie di amicizia tra inquilini dello stesso palazzo, cortese ma non confidenziale.
La pace finì presto, e le urla non tardarono ad arrivare. Ogni giorno, dopo pranzo, una lite. Quando  papà tornava dal lavoro, pranzavamo e poi guardavamo la tv sul divano. C'era un programma di Alda D'Eusanio in cui la gente litigava, mamme e figli, fidanzati, migliori amici, trombamici, coppie di fatto, e poi andavano a fare pace da lei. Era il nostro rituale: bastoncini Findus e poi sul divano a guardare la D'Eusanio. Poi un giorno la routine cominciò ad essere interrotta dalle loro urla, sempre più forti, sempre più orribili. Ricordo che fu allora che sperimentai per la prima volta il mal di pancia della paura, quello che ti fa sentire il pericolo e ti fa attaccare alla gamba della mamma. Le pareti sottili che mi separavano dalla coppia, ahimè, mi facevano sentire ogni parola. Ogni schifo di parola. Finchè un giorno lei, non venne a bussare alla nostra porta, Aveva il pallore della morte. E tremava, stremata dall'ennesima furibonda guerra. Credo di averle fatto qualche carezza, o avrei tanto desiderato fargliela. Ricordo che mia madre la calmò, poi venne lui, calmò pure lui e dopo un po' tornarono a casa loro. La scena si ripetè per molti molti giorni. Perdemmo molte puntate di Alda D'Eusanio, e il mio mal di pancia si trasformò in una cosa enorme per una bimba: io avevo paura per lei, che le facesse del male, anche se ogni volta li vedevo andar via vestiti di un'apparente serenità. Lui dopo aver sbottato, veniva a riprendersela, e li vedevo sparire dall'arco del mio ingresso, come un gigante e una bambina. Una volta, dopo averli rattoppati per la centesima volta, come calzini logorati, mia madre mi parlò come se fossi già grande, già donna, e mi disse bello chiaro e limpido: questo non è amore. Se un giorno qualcuno dovesse trattarti così, io l'affucassi chi me manu! (ndr, lo strozzerei con le mie mani). Dopo qualche mese cambiarono casa, lasciando nell'appartamento attiguo al mio lo spettro del loro non amore e i fantasmi fluttuanti delle loro urla pomeridiane. Quando se ne andarono vennero a salutarci, lei era molto più magra rispetto a quando si erano trasferiti, e cercava di mascherare con un sorriso due occhi irrimediabilmente spenti. Sospirai, buttando un piccolo respiro di sollievo fuori dai miei piccoli polmoni: non dovevo più fare i conti col mal di pancia della paura ogni giorno dopo pranzo. Se n'erano andati e per tutti gli anni a venire io li ho rimossi.

Sono tornati ieri notte, quando pensando a questo post, qualcosa dal fondo delle mie viscere è risalito in superficie. Le urla della ragazza, la faccia pallida, ma l'amore. L'amore ad ogni costo, che ti fa sorridere anche per finta, facendoti auto-convincere che sì, davvero non è successo niente. Di lei non seppi più nulla, e senza troppe ipocrisie, spero abbiano divorziato. Solo stanotte, ripensando a loro, ho cambiato la mia visione precedente: non era affatto colpa sua. La sua unica colpa era quella d'amarlo troppo e di credere che le cose sarebbero cambiate. Anche se non cambiavano mai.
Per questo stesso pensiero, migliaia di donne hanno perso la vita. Migliaia di mamme sono state uccise davanti agli occhi dei loro bambini. Migliaia di madri hanno dovuto piangere figlie troppo giovani, morte per la follia di un uomo.

Non so perchè un uomo possa farlo, e come possa farlo. Allora stamattina ho chiesto a Gabriele, ch'è uomo, cosa pensa di un uomo che fa del male - non solo fisico - alla sua donna.
Penso che è una merda. Sono frustrati dentro che non sanno stare al mondo.
E io non posso che essere d'accordo con lui. Ma oggi non è la giornata per parlar male degli uomini, perchè un delitto non è determinato da cosa si ha fra le gambe, quanto da ciò che si ha dentro la scatola cranica. Non voglio fare una lotta di genere, non voglio dire che gli uomini sono dei mostri e le donne le loro vittime, e può anche capitare che un uomo sia vittima di violenza da parte di una donna, non voglio farne una questione di genere, ma di umanità.

Oggi voglio solo parlare di un fenomeno ingiusto, ed è giusto che si faccia, uno due trecento giorni all'anno, è giusto parlare da donne a donne, dire che noi ci siamo e sappiamo che è innegabile il fatto che una donna ami diversamente rispetto ad un uomo. Non di più, non di meno, ma in maniera diversa. Ecco perchè lo protegge anche se è vittima di sue violenze.

Ragazze, so che l'argomento è scivoloso e basta una parola per sbagliare tutto, ma oggi non ho più paura di parlarne, non ho paura di sbagliare perchè scrivo col cuore. Un uomo che esercita la sua forza fisica sulla tenerezza delle vostre carni, ha un problema, ma non siete voi a doverlo salvare. Un uomo che vi tradisce o che vi proibisca di vivere i vostri spazi, i vostri interessi, che intralci la vostra realizzazione personale, non vi ama. E non c'è spiegazione, alternativa, giustificazione: non c'è amore. La più grande violenza che un uomo possa farvi è privarvi della vostra serenità, ma noi donne abbiamo lottato una vita per ottenerla. Non sono femminista, non sono sessista, ma alle donne riconosco una forza diversa, una forza più forte.
Se una relazione traballa, se si trascina per anni ad alti e bassi, se lui sparisce e poi ritorna, se il vostro proverbiale sesto senso femminile vi sta dicendo qualcosa: ascoltatelo. I pugni sul cuore, talvolta, sono anche peggiori di quelli sul corpo, non accanitevi nel dover conquistare per forza un uomo che non vi renderà mai felici e non vi lascerà godere dei vostri figli. E se lui, una volta, per sbaglio, v'ha mollato un ceffone, purtroppo troppo spesso non è il primo e l'ultimo. Gli unici lividi che dovrete consentire ad un uomo di farvi, dovranno essere d'amore, di armonia tra i corpi, di fusione totale. Non perdonate, non consentite, non curatelo ammalandovi. Donne, amatevi, perchè il mondo è pieno - la fuori - di uomini che useranno le mani per farvi sorprese, regali, carezze d'amore vero.

Un uomo che ama non vi farà mai conoscere la paura.

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