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lunedì 18 aprile 2016

Lettere da Madrid: prima fermata.


Lettere da Madrid, 1° fermata
10.04.16
“Cosa ti manca della Sicilia?” “U scrusciu du mari.” (Andrea Camilleri)

La gente è convinta che io sia una razionale, ma la vita mi entra forte dentro solo quando è l’istinto a decidere. C’è chi sente la testa, chi il cuore… io sento la pancia, anche stavolta. Valentina mi offre una rubrica in 10 secondi, io, complice l’effetto sorpresa, ce ne metto 50 ad accettare e beh, in un minuto nasce Lettere da Madrid.
Non aspettatevi una guida ai locali più cool e alle serate più trasgressive della Capitale: ho imparato che la grande città ti rubal’anima (un po’) e… il sonno (tanto), che vivere bene non è stare bene, che a volte ritornano paure che sembravano superate, e allora io scrivo!
Voglio condividere i pensieri (profondi, cinici, allegri, tristi, sarcastici, senza censure, senza limiti di lunghezza, insomma tutto un po’ a cazzo J) di una siciliana in trasferta ma che un giornotornerà, già lo so, perché “nelle città senza mare, chissà a cosa si rivolge la gente per ritrovare il proprio equilibrio.” (Banana Yoshimoto)
Sono arrivata in Spagna la mattina del 10 ottobre con un volo diretto Catania – Madrid, oggi “compio” sei mesi di vita madrileña: una valigia gialla, un alloggio prenotato per quattro giorni, già centinaia di curricula inviati e… lacrime, una valle di lacrime! Credo di aver pianto per tutte le 2,45 ore del volo, ma in fila al gate, ho incontrato il primo dei molti angeli che hanno incrociato il mio cammino: un signore gentile e barbuto, con in mano un libro di… Andrea Camilleri. Ora, non è forse questo un segno del destino? Io, sacerdotessa del culto al vate di Porto Empedocle, con una tesi magistrale dedicata a Montalbano, consolata da un lettore spagnolo del Commissario!
Madrid è una città accogliente ma, inevitabilmente, non è Sicilia. Una mia collega, pochi giorni fa, mi ha fatto notare che io non dico mai “in Italia”, ma sempre “in Sicilia”; il mio futuro lo immagino “in Sicilia”, altrimenti “in Italia” non torno… no, non sono una di quelli che appena passato lo Stretto, diventano nsignurinati. Sarà solo un’isola, ma per me è il mondo intero: il mio sogno è vivere in una casetta di fronte al mare (Punta Secca vi dice qualcosa?), con le tavole di astrattu e di cchiappi che asciugano al sole, le fette d’anguria, la sabbia sul balcone. Adesso che sono lontana, ho imparato ad apprezzare la caratteristica che accomuna tutti gli isolani del mondo: la lentezza. Ho riscoperto la poesia che sta dietro ai ritmi naturali, la mancanza di urgenza,  il “che fretta c’è?”. Sei mesi sono passati volando perché stare fuori casa 12 ore al giorno (14, quando vado in palestra) contrae la percezione temporale: mi chiedo sempre dove una donna di città trovi le energie per gestire marito, figli e casa dopo il lavoro, ma credo rimarrà un mistero insoluto.
Io, che ho sempre vissuto con la testa un po’ per aria, mi sono trasformata in una formichina laboriosa, stretta stretta sul treno delle 8,20 circa (qui gli orari dei mezzi sono variabili, non aspettatevi precisione tedesca), seduta al PC per 8 ore (e passa), poi di nuovo sul treno per tornare a casa e… si ricomincia fino al venerdì. Questa è la vita che mi sono scelta? Sì e no. Un’altra volta vi racconterò del momento in cui ho deciso di trasferirmi (posso darvi persino il giorno e il luogo), per adesso, so che il mio posto è qui. La consapevolezza che quest’esperienza mi ha già cambiata è la forza che mi sveglia ogni mattina: sono  arrivata una ragazzina, e Madrid mi ha fatto donna. Ho trovato un lavoro, una casa, una quotidianità che mi appartiene… poco a poco vi renderò partecipi di tante piccole cose che danno forma e sostanza alla mia nuova vita, ma da buona isolana, senza fretta. ;) ¡Hasta luego!

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