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martedì 3 maggio 2016

Lettere da Madrid - Seconda fermata

Lettere da Madrid, 2° fermata
24.04.16
“La passione non è cieca, è visionaria.” (Stendhal)

Questo post è un po’ particolare, e per più di una ragione. Innanzitutto, si è fatto attendere per oltre una settimana, ma il mio pc è rimasto spento e la mia mente disconnessa. Mi perdonerete, già lo so… ero in Sicilia! Anche alle povere stagiste spettano dei giorni di ferie, così ne ho approfittato per saltare su un volo Norwegian (compagnia aerea a me sconosciuta fino a sei mesi fa: prezzo low cost, qualità scandinava) e godermi il mio mare, il mio sole e 31° a metà aprile che neanche in paradiso!
Poi, è il secondo della serie, e le seconde volte sono sempre un po’ speciali. Le opere prime nascono dall’entusiasmo iniziale, ma niente e nessuno garantisce che l’autore perseveri nel suo intento. Io continuo, e ne sono felice: la scrittura è il mio giardino segreto, che mi cura più di quanto non sia curato da me.
Sulla mia agenda, piena di idee per il blog nate tra le stazioni di Delicias e Chamartín (o viceversa), avevo appuntato un altro argomento da affrontare, ma poi ho letto un articolo che ha scardinato la mia scaletta e che non posso fare a meno di condividere. Potete leggerlo qui.
Pippo Callipo è un imprenditore calabrese, e il suo nome è legato all’industria conserviera del tonno (e che tonno, aggiungo io!). Un uomo d’affari, ma prima di tutto un uomo onesto, a cui dobbiamo la definizione di “mafia con la penna”, ossia la burocrazia e la malapolitica che vessano e soffocano la sua Calabria e, più in generale, il nostro Sud, la nostra Italia. Per tutta risposta, la porta del suo resort ha ricevuto undici colpi di pistola: un regalo di quell’altra mafia che non legifera, ma che agisce senza fare troppi complimenti.
Ho letto l’intervista una volta, poi due, poi tre… ogni parola evocava in me sentimenti contrastanti, ma la rabbia dominava su tutti. Finché ho capito: non è la rabbia il senso di quelle parole, ma la speranza. Pippo Callipo non ci vuole tanto arrabbiati da mollare tutto e andarcene, ci vuole capaci di credere nella giustizia, nella legalità, nell’onestà. Ci vuole, soprattutto, capaci di credere nella nostra terra. Una frase, tra le tante, assume per me contorni di fuoco: “Ma questa è la mia terra e io resto in Calabria.”
Detto da me, che mi sono fatta la valigia e adesso scrivo da Madrid, può sembrare una provocazione bella e buona, lo riconosco. Ma se un giorno tornerò in Sicilia, e io lo so che tornerò, è perché non tutto è perduto e ci sono almeno un milione di ragioni per cui è alla mia isola che voglio dedicare ogni energia e ogni sacrificio che comporta la vita lontano da casa e dal mare (che per me, in fondo, sono la stessa cosa).
Io non voglio essere un cervello in fuga, se proprio mi si vuole appiccicare un’etichetta, allora sarò un cervello in trasferta, ecco, così ci siamo!
Non voglio essere l’ennesima laureata del Sud che “regala” sapere, competenze, abilità e soprattutto passione alla solita regione del Nord, al solito Paese estero. Se tutti i migliori andassimo via per non tornare mai più, chi rimarrebbe? Soltanto i mediocri! E a quel punto, davvero non ci sarebbe più spazio per il cambiamento, per l’innovazione… per la speranza, insomma! Non sarà mica questo ciò che vogliamo, no?
Io voglio che un giorno i miei genitori possano dire “mia figlia è partita, ha imparato ed è tornata per creare qualcosa di buono nella sua terra, tra la sua gente”… utopia? Forse, ma crederci è bello quasi quanto farlo davvero.
Ci vuole coraggio, sempre. Io ho imparato che se vedi il tuo obiettivo dritto davanti a te, il coraggio ti viene. Il mio slogan personale, quello che mi fa la ola tutte le volte che ne ho bisogno, me l’ha suggerito proprio questo blog, il mio rifugio, il mio giardino segreto: Semilascinonvale per me diventa Senontorninonvale!
Non si sfugge al canto delle Sirene… alla prossima fermata, ¡hasta luego!

PS: Questo post è dedicato a tutti i visionari appassionati con lo sguardo più lungo delle loro paure. Come Pippo Callipo, che probabilmente non mi leggerà mai ma a cui spero, un giorno, di poter stringere la mano e dire “Grazie”.

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