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giovedì 23 maggio 2013

Caro Andrea Bartoli. Lettera di una Favarese senza lavoro.

Caro Andrea Bartoli,

ormai siamo amici, ma qui mi urge di chiamarti così, per nome e cognome. Come fanno in molti.
Oggi ti scrivo pubblicamente perchè, a parte gli attestati di stima pubblici e noti da parte mia, mi sento chiamata a farlo, in quanto cittadina prima d'ogni altra cosa.
Adesso dirò delle cose che sai, e altre che non sai: ho 23 anni, sto per laurearmi ed aspiro a diventare una giornalista, sto studiando per farlo. Fino ad un anno fa conducevo una vita economicamente tranquilla, sono figlia unica, avevo qualche vestito firmato e l'arte per me era una passione, un interesse carico d'amore e condivisione. Fino ad un anno fa, venivo a visitare Farm, ci portavo gli amici e gli offrivo da bere qualche calice di buon vino, mentre tutti insieme si apprezzava le bellezze di Richardson.
Poi un giorno, che non definirei esattamente il più bello della mia vita, mio padre ha perso il lavoro. Ho dovuto smetterla di offrire da bere ai miei amici e sono andata a servire io i calici di vino agli altri - lavoro che  ho potuto svolgere solo per una settimana perchè a quanto pare la gente non ama i Crodini sui pantaloni. Non era cosa mia. Come molte altre famiglie, il mio papà e la mia mamma pagano un mutuo, non abbiamo neppure uno stipendio e Dio solo sa se quando ci alziamo tutti quanti la mattina non abbiamo voglia di spaccare il mondo. I nostri risparmi, che ci avrebbero permesso di vivere bene oggi, il mio papà e la mia mamma li hanno investiti totalmente per la cura di un tumore che ho avuto nel 2011. Non abbiamo un euro, ma ogni giorno ci svegliamo col sorriso perchè sono ancora tra di loro e tra di voi, senza neppure un raffreddore. Adesso ci tocca guardare le offerte al supermercato, mentre prima si ficcava tutto nel carrello solo per la confezione più simpatica o il marchio più noto, ci tocca eliminare il superfluo, il poco utile, tenerci il necessario, e sappiamo che anche quello fra poco dovremmo dimezzarlo. Come tante altre famiglie Favaresi, Italiane. Non voglio dilungarmi su quest'excursus di tristezza che come sai non mi caratterizza ma che è stato necessario per introdurre il discorso che vado a fare nella mia lettera di ringraziamento, a tua moglie, te, e le persone che gravitano intorno ai vostri progetti.
Non siamo ancora di quelle famiglie che piangono davanti alle Chiese,ma solo perchè non sappiamo piangere e non perchè non ne avremmo motivo. Siamo di quelle famiglie che amano attivarsi per trovare una soluzione.
Quando sto per cedere all'angoscia, io  leggo il tuo decalogo, l'Anno dell'Arcobaleno, "FUTTITINNI" mi dice la tua faccia cartonizzata. Io sorrido, pensando alla tua risata e dico: ma sì, ma chi se ne fotte. Che i soldi non fanno la felicità non è vero che possono dirlo solo i ricchi, te lo posso dire anch'io, che sono povera. Quando entro al Castello, quando arrivo in Farm, io sono ricca di voglia di cambiare la mia condizione, la nostra, quella di tutta Favara e sono convinta che questo può farsi solo con la Bellezza che ogni giorno cerchiamo di portare. Chi critica te e i nostri progetti, non ha capito che la nostra voglia di rivoluzione parte proprio dalla stanchezza di vedere fame e bruttezza d'animo in giro. Noi vogliamo dire alla gente, di avere coraggio, di tenere duro perchè i tempi son duri ma se si lascia andare cade il singolo, cade la comunità.
Il mio papà era triste, spento, perchè è un uomo buono e onesto. Non aveva più voglia di far nulla, perchè togliere il lavoro ad un uomo significa privarlo della sua dignità. Oltre che del modo di mandare avanti una famiglia.
Adesso anche lui fa parte di Favara Urban Network, <Ho un po' di tempo libero per ora.>, così si è presentato durante una delle nostre riunioni. Tu gli hai sorriso, non sapevi, nessuno ne sapeva. E adesso ha trasformato la mia stanza in uno studio d'arte: ricicla carta, crea oggetti. Da quella riunione papà è rinato.
Non so che fine faranno le cose che crea, non ci sfameranno di certo ma io lo vedo felice, positivo, ottimista.
Lo vedo credere in qualcosa, lo vedo pronto a lottare per riavere il suo lavoro.
Ora, di storie come questa ne avrai sentite a centinaia e io che ti conosco e so quanto cuore hai - avete tu e Flo - so bene che ogni tuo sforzo non è mai vuoto d'attenzione o affetto. Posso solo dirti grazie, con la rabbia di chi legge certa roba e vuole sfogarsi. Non so se è questo il luogo e il modo adatto, ma lo sai sono felice di natura, il piagnisteo non è per me. Parlare con tristezza di ciò che succede ed è già ampiamente sotto i nostri occhi, la povertà che si taglia a fette in ogni angolo di questo sciagurato paese, non cambierà le cose. Le cose cambieranno solo quando si capirà che bisogna volersi più bene, produrre insieme, condividere. Il coraggio non nasce dal disfattismo, il coraggio nasce dal coraggio, dal colore che portiamo per le strade, dai giardini che facciamo rifiorire, da tutto quello che ci riempie il cuore. Anche se non ci sfama.
Caro Andrea Bartoli, le parole son parole e se le porta il vento di questa rumorosa giornata favarese. Anche le mie forse, ma il fatto è che io ti scrivo col sorriso - il sorriso che ho sempre, anche grazie a te, Favara Urban Network, DinamicaMente, i miei amici, mamma e papà. Grazie per avermi ricordato che l'arte è vita, solo così ho potuto far della mia vita un'opera d'arte.

Ti voglio bene, Vale.

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