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martedì 31 dicembre 2013

Un bilancio e un paio d'auguri.

Oggi ho mangiato una mozzarella e sessanta grammi di prosciutto crudo, un mandarino e un cioccolatino con cinquanta calorie attestate. Questo è stato il mio pranzo in visione della palata di roba che manderò giù questa sera, perchè stasera è l'ultima dell'anno ed è obbligo morale sfondarsi di cardi fritti fino a divenir pastella.

Un mese fa ho fatto shopping. Facendo shopping, ho notato un vestito al limite tra un film di Rocco Siffredi e una velina ospite di Barbara D'Urso alle tre del pomeriggio. Non so se Barbara D'Urso conduce qualcosa alle tre del pomeriggio ma per grazia del buon Dio sconosco il palinsesto televisivo, quindi datemela per buona. Il vestito in questione è così sexy e trash che non potevo non acquistarlo, e adesso abita il primo cassetto del mio armadio. La storia di questa tutina nera - sì, ho detto proprio tutina - è quella di una cosa provata per ridere, così, giusto per levarsi lo sfizio di sapere come mi sta, e secondo me, nella mia visione distorta dell'eleganza e della sobrietà, mi stava bene. Per questo l'ho comprata.
All'acquisto azzardato, data la taglia fasciante, è seguita una dieta ferrea e attenta che per l'occasione è stata denominata per l'appunto La fame della tutina. Già dal minuto dello scontrino sapevo che probabilmente non l'avrei mai indossata, se non nella mia camera per fare sfilate solitarie davanti allo specchio, ma sono stati i quaranta euro più compiaciuti e meritati della storia del nuovo conio europeo. Un investimento di vanità.

La fame della tutina non è servita a niente, perchè la tutina rimarrà nel primo cassetto del mio armadio ad infinito tempore: stasera lavoro. Non posso andare dietro un bancone con quel vestito, a meno che non si tratti di un party Playboy con velleità morbidose, ma non è questo il caso perchè il caso è quello di un Capodanno alla Farm.

Sì, passerò anche l'ultimo e il primo dell'anno nello stesso posto che è stato il simbolo di quello in chiusura, e questo blog ne è la testimonianza, ma chi mi legge sa quindi non riprenderò il noto topos dell'Anno dell'Arcobaleno che alla fine lo fu per davvero. Voglio ricordare però dei momenti che hanno rappresentato il meglio del meglio di quest'anno, non in ordine cronologico e neppure d'importanza, ma come mi tornano alla memoria: il discorso di Annibale D'Elia al Castello Chiaramonte il giorno dell'inaugurazione, il taglio dei capelli dei Porka's, l'arrivo di BR1 alla fermata degli autobus con le sue opere arrotolate nello zainetto da viaggio, il brindisi con Massimo Mion, la prima cena con Peppe Sirchia e Antonio Perdichizzi al Caffè Italia, le interviste e i racconti su Favara, la pagina di Repubblica tutta dedicata a Farm e la giornalista bionda, il vestito bianco e i pantaloni di lino di Filippo comprati insieme la mattina del 29 giugno, il mio viaggio al WCAP e le tagliatelle alla zucca rossa con gli startuppers, il Canciamula Day con tutta la squadra, Riccardo Luna che mi son persa per i miei calcoli operati, tutti i Second Life e i pancake nello Spazio Nero, la sediona, il coniglione, i palloncini rossi e il frigorifero pieno di terra, il viaggio a Roma e il premio ARS, Andrea e Florinda che ringrazierò fino allo sfinimento, il momento della firma e la nascita di FUN nello studio di Andrea a Gela, le beghe consiliari, le lotte personali e tutta la fatica che c'è voluta e per cui n'è valsa la pena.

Questa la mia carrellata professionale su un anno agrodolce, che sarà difficile da confondere nella mambassa degli anni, che non si perderà in mezzo agli altri. Stasera dunque, la tutina di Rocco rimarrà a casa e io metterò qualcosa di più comodo, stapperò con la mia mamma e il mio papà e  un altro po' di famiglia e ringrazierò per quello che ho avuto, e se perfavore ci arriva qualcosina in più io non ci sputo, ah.
Però non mi lamento, sono felice. Se stasera un petardo mi colpisse il cranio e io dimenticassi tutto, ditemi solo: eri felice. E io mi ricorderò tutto il resto, un resto non indifferente se consideriamo il suo nome: Gabriele, ovvero quell'uomo meraviglioso che sopporta la mia logorrea e i miei stress lavorativi ed esistenziali, mettendo sempre in secondo piano i suoi, ed essendo complice di infiniti peccati di gola di cui non mi pento mai, se fatti con lui. L'uomo che alimenta la mia ambizione, e mi sprona negli insuccessi, che
annulla ogni stanchezza e mi fa sentire come ogni donna dovrebbe: bella.
In una sola, bellissima e abusata, vera e potente parola: l'amore.

Non vestirò una tigre e non farò un trenino a Brigitte Bardot questa notte, ma lavorerò in un posto che è casa ed è sorriso ed è il posto del mio anno. Ringrazio i miei amici per essere amici, e ringrazio Calogero per l'opportunità lavorativa che mi ha dato nell'ultimo mese, facendomi entrare nelle teste delle donne tramite i loro capelli e per avermi fatta - e chi l'avrebbe mai detto - bionda.
Dedico questo mio post a due persone che l'Anno dell'Arcobaleno, spegnendosi per ben due volte, m'ha portato via: nonna Mela e Armando. La mia super nonna e il mio super eroe.

Ed infine un grazie ai miei lettori, tanti, troppi, infiniti. Rinnovo l'augurio fattovi a Natale, e che sia un anno pieno di creatività, finanziamenti europei, caffè da Gianco e clamorose notti hard.
L'ormai inaspettatamente bionda e sempre affettuosamente vostra,

Vale.

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