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lunedì 6 luglio 2015

Se l'è cercata, è colpa sua. L'ignoranza, la doppia violenza.

Avevo programmato - alla fine di una giornata di studio - di inchiodarmi al pc, per  recuperare un po' di lavoro arretrato sui social.
Lavorare con degli strumenti grazie ai quali le persone parlano delle loro cose - anche le più intime - spesso ci conduce per vie impervie, da cui non sempre si può tornare indietro, cliccando su una x rossa o sul tasto apposito del telefono. Devi entrarci dentro, percorrerle ed uscirne con dei pensieri nuovi e diversi. La rete serve anche, e sopratutto, a questo. A farci dare uno sguardo nelle cose che non abbiamo visto di persona, o che - pur avendole viste - dimentichiamo, o necessitiamo siano gli altri a dare il via, a sdoganare argomenti più o meno tabù, gioie, dolori, indignazioni, vergogne, sentimenti.

Fra quelle strade senza uscita, oggi ho trovato la mia. E ci sono rimasta dentro, con tutto il corpo e il mio stesso cuore. Ho scoperto tempo fa, usando molto Instagram per la gestione di vari profili, che esiste un network di hashtag, condivisioni ed account di ragazze e ragazzi, che si supportano a vicenda per sconfiggere i disturbi alimentari. Contrariamente a quanto si pensi, anche gli uomini soffrono di anoressia e bulimia, ma le statistiche sono spesso impietose. Numeri, stop.

Così, mi sono ritrovata a guardare uno per uno i loro profili pubblici. Non per insana curiosità, ma per reale voglia di capire. In bio (lo spazio riservato a parlare di sé, in pochissime parole) spessissimo ho trovato solo il peso e l'altezza, come riduzione numerica di un'intera personalità; inutile dire quale fosse il dislivello tra un valore e l'altro, e sorprendente aggiungere le frasi piene di obiettivi e buona volontà che accompagnavano le cifre. Un obiettivo condiviso: distruggere il dolore.

Fra tutti, però, mi colpisce l'account di una ragazza. Per il nome - che non posso ovviamente riportare - combattivo e carico di speranza. Scorro le sue foto e, a parte la sua figura ossuta ed oltremodo sottile, leggo le parole che scrive in didascalia ad ogni singola foto. Mi perdo in quel racconto così vero, così lacerante, così incredibile per chi non c'è passato. E torno a scrivere su questo blog, dove spesso si ride e si scherza, e qualche volta si torna alla vita reale, fatta di bellissime emozioni e percorsi strazianti. Come quello che ho scelto di raccontare oggi, cercando sempre di farlo nel rispetto di chi ci è dentro, di chi lo sa, e di chi lotta.

La storia della ragazza che mi ha condotto sul vicolo cieco delle mie riflessioni, inizia con una violenza sessuale. Tutto inizia con un uomo che si prende con la forza il suo corpo, portandola a detestarlo per tutti gli anni a venire, e a volerlo distruggere quale simulacro del peccato compiuto. Come fosse sua la colpa d'esser troppo bella e voluttuosa. Come se se la fosse cercata. Una storia come tante, ognuna col suo dolore diverso, ognuna unica per intensità.
Cercarsela. Questa è l'accusa che ho letto più spesso tra le righe di un'opinione pubblica sempre più perversa e apatica, nei confronti dello stesso elementare concetto di umanità. Nei recenti fatti di cronaca, ad esempio quello verificatosi pochi giorni fa, della sedicenne abusata per strada, in un quartiere della Roma bene, da un uomo fintosi poliziotto, ho trovato la dimostrazione di quanto la vittima di uno stupro, spesso si trovi ad essere vittima anche dell'ignoranza umana, che pur di tirarsi fuori dai problemi delle vite altrui, se ne lava le mani come può e come vuole, creando danni irreparabili. 

Se l'è cercata, è colpa sua, chissà com'era vestita, ma i genitori così la mandano in giro? 
scrivono le stesse madri di famiglia che fra una spolverata e un polpettone, si piazzano al pc e commentano gli articoli delle testate online, dando luogo ai dibattiti dell'assurdo che più assurdo non si può. Direi loro: ma una ragazza, pure se ha un bel corpo, si merita uno stupro? Se ha una gonna corta, se ha una maglia scollata, se ama far tardi con le amiche, se ama mettersi in mostra, se ama vivere, si merita d'essere abusata sessualmente da un uomo, un mostro, che perde il controllo cerebrale quando il pene urla il castigo? Eppure, se l'è cercata, era provocante. Avete idea allora, quante cose siamo in grado di provocare nella mente altrui, con gesti e posture del nostro corpo che non siamo neppure a conoscenza di stare mettendo in atto? E in ogni caso, una ragazza, una bella ragazza, nel pieno dei suoi anni, che esce a fare quattro passi in centro con le amiche, come può desiderare di provocare un uomo affinchè macchi il suo corpo con tanta orribile crudeltà? Che certe opinioni, poi, le abbiano le stesse donne, e madri esemplari, mi fa perdere ogni tipo di fede del genere umano.

Nel profilo Instagram della ragazza di cui sopra, ho letto molti suoi sfoghi e molte ragazze ad incoraggiarla e ricordarle quanto bella fosse e di quanto ancora lo sia, nonostante lo scheletro pronunciato e le guance scarne. Lei scrive che la causa della violenza sono state le sue maniglie dell'amore - che pure continua a vedersi - che a quanto pare avrebbero agevolato la presa da parte dell'aggressore. Le maniglie dell'amore di una donna, elogio della sua poesia più alta, culla della nuova vita che nasce, protezione e sicurezza per chi arriva ad amarci veramente e le cinge con dolcezza. Una forma perfetta ma troppo sinuosa per passare inosservata, quindi da distruggere, smussandola all'osso. Rischiando la morte, per un po' di vita.


Se pensate che una donna non debba vestirsi come più ritiene opportuno, come più si ama guardandosi allo specchio, perchè potrebbe generare irrefrenabile lussuria forzata da parte di un uomo, se pensate che una volta che questo avviene lui è animale ma anche lei poteva uscire coperta, dovete un poco guardarvi nel cuore e pensare che se accadesse alle vostre figlie, alle vostre sorelle o alle vostre madri, desiderereste subito farvi giustizia da soli, chè tanto lo sapete che in Italia dopo qualche mese è già fuori dalle sbarre, all'aria aperta a godersi il sole e magari a rifarlo con un'altra donna. Preferisco una donna ch'è consapevole del suo corpo, di ciò che vuole ed è libera da inibizioni e complessi, preferisco vederla sorridente che in fin di vita solo perchè una bestia l'ha convinta che la carne è peccato e il corpo è distruzione. Preferirei che voi stiate in religioso silenzio e vi prostriate dinanzi al dolore più grande che una donna possa vivere, la violazione del suo corpo, invece che darle la responsabilità di quanto è accaduto. Non solo non la salvate da ciò che viene dopo - paure, sofferenze, disturbi alimentari, e tanto altro - ma le fate un male ancora più grande: darle la colpa di essere nata donna.

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