Avevo programmato - alla fine di una giornata di studio - di
inchiodarmi al pc, per recuperare un po' di lavoro arretrato sui social.
Lavorare con degli strumenti grazie ai
quali le persone parlano delle loro cose - anche le più intime - spesso ci
conduce per vie impervie, da cui non sempre si può tornare indietro, cliccando
su una x rossa o sul tasto apposito del telefono. Devi entrarci dentro,
percorrerle ed uscirne con dei pensieri nuovi e diversi. La rete serve anche, e
sopratutto, a questo. A farci dare uno sguardo nelle cose che non abbiamo visto
di persona, o che - pur avendole viste - dimentichiamo, o necessitiamo siano
gli altri a dare il via, a sdoganare argomenti più o meno tabù, gioie, dolori,
indignazioni, vergogne, sentimenti.
Fra quelle strade senza uscita, oggi ho
trovato la mia. E ci sono rimasta dentro, con tutto il corpo e il mio stesso
cuore. Ho scoperto tempo fa, usando molto Instagram per la gestione di vari
profili, che esiste un network di hashtag, condivisioni ed account di ragazze e ragazzi, che si supportano a vicenda per
sconfiggere i disturbi alimentari. Contrariamente a quanto si pensi, anche gli
uomini soffrono di anoressia e bulimia, ma le statistiche sono spesso
impietose. Numeri, stop.
Così, mi sono ritrovata a guardare uno per
uno i loro profili pubblici. Non per insana curiosità, ma per reale voglia di
capire. In bio (lo spazio riservato a parlare di sé, in pochissime parole)
spessissimo ho trovato solo il peso e l'altezza, come riduzione numerica di
un'intera personalità; inutile dire quale fosse il dislivello tra un valore e
l'altro, e sorprendente aggiungere le frasi piene di obiettivi e buona volontà
che accompagnavano le cifre. Un obiettivo condiviso: distruggere il dolore.
Fra tutti, però, mi colpisce l'account di
una ragazza. Per il nome - che non posso ovviamente riportare - combattivo e
carico di speranza. Scorro le sue foto e, a parte la sua figura ossuta ed
oltremodo sottile, leggo le parole che scrive in didascalia ad ogni singola
foto. Mi perdo in quel racconto così vero, così lacerante, così incredibile per
chi non c'è passato. E torno a scrivere su questo blog, dove spesso si ride e
si scherza, e qualche volta si torna alla vita reale, fatta di bellissime
emozioni e percorsi strazianti. Come quello che ho scelto di raccontare oggi,
cercando sempre di farlo nel rispetto di chi ci è dentro, di chi lo sa, e di
chi lotta.
La storia della ragazza che mi ha condotto
sul vicolo cieco delle mie riflessioni, inizia con una violenza sessuale. Tutto
inizia con un uomo che si prende con la forza il suo corpo, portandola a
detestarlo per tutti gli anni a venire, e a volerlo distruggere quale simulacro
del peccato compiuto. Come fosse sua la colpa d'esser troppo bella e
voluttuosa. Come se se la
fosse cercata. Una storia
come tante, ognuna col suo dolore diverso, ognuna unica per intensità.
Cercarsela. Questa è l'accusa che ho letto più spesso tra le righe di
un'opinione pubblica sempre più perversa e apatica, nei confronti dello stesso
elementare concetto di umanità. Nei recenti fatti di cronaca, ad esempio quello verificatosi
pochi giorni fa, della sedicenne abusata per strada, in un quartiere della Roma
bene, da un uomo fintosi poliziotto, ho trovato la dimostrazione di quanto la
vittima di uno stupro, spesso si trovi ad essere vittima anche dell'ignoranza
umana, che pur di tirarsi fuori dai problemi delle vite altrui, se ne lava le
mani come può e come vuole, creando danni irreparabili.
Se l'è cercata, è colpa sua, chissà com'era vestita, ma i genitori così la mandano in giro? scrivono le stesse madri di famiglia che fra una spolverata e un polpettone, si piazzano al pc e commentano gli articoli delle testate online, dando luogo ai dibattiti dell'assurdo che più assurdo non si può. Direi loro: ma una ragazza, pure se ha un bel corpo, si merita uno stupro? Se ha una gonna corta, se ha una maglia scollata, se ama far tardi con le amiche, se ama mettersi in mostra, se ama vivere, si merita d'essere abusata sessualmente da un uomo, un mostro, che perde il controllo cerebrale quando il pene urla il castigo? Eppure, se l'è cercata, era provocante. Avete idea allora, quante cose siamo in grado di provocare nella mente altrui, con gesti e posture del nostro corpo che non siamo neppure a conoscenza di stare mettendo in atto? E in ogni caso, una ragazza, una bella ragazza, nel pieno dei suoi anni, che esce a fare quattro passi in centro con le amiche, come può desiderare di provocare un uomo affinchè macchi il suo corpo con tanta orribile crudeltà? Che certe opinioni, poi, le abbiano le stesse donne, e madri esemplari, mi fa perdere ogni tipo di fede del genere umano.
Nel profilo Instagram della ragazza di cui
sopra, ho letto molti suoi sfoghi e molte ragazze ad incoraggiarla e ricordarle
quanto bella fosse e di quanto ancora lo sia, nonostante lo scheletro
pronunciato e le guance scarne. Lei scrive che la causa della violenza sono
state le sue maniglie dell'amore - che pure continua a vedersi - che a quanto
pare avrebbero agevolato la presa da parte dell'aggressore. Le maniglie
dell'amore di una donna, elogio della sua poesia più alta, culla della nuova
vita che nasce, protezione e sicurezza per chi arriva ad amarci veramente e le
cinge con dolcezza. Una forma perfetta ma troppo sinuosa per passare
inosservata, quindi da distruggere, smussandola all'osso. Rischiando la morte,
per un po' di vita.
Se pensate che una donna non debba
vestirsi come più ritiene opportuno, come più si ama guardandosi allo specchio,
perchè potrebbe generare irrefrenabile lussuria forzata da parte di un uomo, se
pensate che una volta che questo avviene lui
è animale ma anche lei poteva uscire coperta, dovete
un poco guardarvi nel cuore e pensare che se accadesse alle vostre figlie, alle
vostre sorelle o alle vostre madri, desiderereste subito farvi giustizia da
soli, chè tanto lo sapete che in Italia dopo qualche mese è già fuori dalle
sbarre, all'aria aperta a godersi il sole e magari a rifarlo con un'altra
donna. Preferisco una donna ch'è consapevole del suo corpo, di ciò che vuole ed
è libera da inibizioni e complessi, preferisco vederla sorridente che in fin di
vita solo perchè una bestia l'ha convinta che la carne è peccato e il corpo è
distruzione. Preferirei che voi stiate in religioso silenzio e vi prostriate
dinanzi al dolore più grande che una donna possa vivere, la violazione del suo
corpo, invece che darle la responsabilità di quanto è accaduto. Non solo non la
salvate da ciò che viene dopo - paure, sofferenze, disturbi alimentari, e tanto
altro - ma le fate un male ancora più grande: darle la colpa di essere nata donna.
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